Occorre ridare un cuore politico all'Europa
La classe politica europea non si è ancora ripresa dal doppio schiaffo ricevuto dai risultati dei referendum in Francia e in Olanda. L’ultima decisione del Consiglio europeo di congelare i processi di ratifica nazionali nell’attesa di tempi migliori, non è altro che l’estremo tentativo di salvare il salvabile, rimandando altresì i conti con le questioni politiche che nel frattempo si sono aperte. Non vi è dubbio, da un punto di vista giuridico, che le procedure di ratifica nazionali debbano continuare il loro corso in nome della sovranità nazionale. D’altra parte è innegabile che il trattato costituzionale, sottoscritto da tutti i 25 governi membri dell’UE, sia politicamente morto, essendo impossibile pensare di andare avanti senza il convinto apporto di quei paesi fondatori che hanno segnato l’integrazione europea negli ultimi 50 anni.
Nell’affrontare tale dilemma si deve tener ben presente che il dibattito sul futuro dell’Europa si è svolto nel più completo disinteresse generale nei paesi in cui si è ratificata la costituzione per via parlamentare, contribuendo ad aumentare quel distacco del cittadino verso le “grigie” istituzioni di Bruxelles. Viceversa nei Paesi Bassi e soprattutto in Francia si è sviluppata la sensazione popolare di rimpossessarsi di un indispensabile bene comune attraverso un grande dibattito referendario tra gli elettori, confrontandosi su un semplice ma fondamentale quesito: che cosa è l’Europa e soprattutto a che cosa serve?
Proprio dall’incapacità della classe politica francese, e non solo di quella, di dare una risposta univoca e facilmente comprensibile a questa domanda nasce il terremoto comunitario di cui oggi siamo testimoni. Da almeno dieci anni, infatti, i leaders politici europei non sono riusciti ad accompagnare le essenziali politiche a favore del mercato e della moneta comune con le necessarie riforme politiche richieste da vari strati sociali, grazie alle quali gli effetti positivi di queste misure potrebbero essere evidenti a tutti. Inoltre la macchina comunitaria si è andata a complicare, diventando sempre più lontana ed oscura a quei cittadini che ne dovrebbero beneficiare. In termini comunitari si direbbe che non si è data risposta allo storico problema del deficit democratico, non avendo assecondato la forte richiesta di approfondimento dei legami politici che governano l’Unione congiuntamente all’avvenuto ampliamento geografico e delle aree di azione comunitarie.
In sostanza per rendere esplicita la natura dell’Europa Unita occorrerebbe dare una chiara risposta politica al fine di confutare la falsa sensazione di eccessiva burocratizzazione e legittimandone a pieno l’architettura istituzionale. Si dovrebbe rendere maggiormente comprensibile il suo sistema democratico, creando un vero governo politico della UE, espressione di una maggioranza politica determinata dal voto elettorale e legandola direttamente al Parlamento europeo. Solo così una vera Costituzione europea, breve e facilmente comprensibile, acquisterebbe un reale significato e potrebbe essere sottoposta al nuovo vaglio popolare. Questo testo fondamentale dovrebbe limitarsi a fissare i principi, gli obiettivi, le competenze e il funzionamento dell’Unione europea, tralasciando ad una seconda parte, più flessibile nelle modalità di modifica, la definizione delle cosiddette politiche comunitarie.
Per far ciò occorre però un “compromesso costituzionale” anche attraverso a nuovi momenti costituenti. Infatti se sono stati dei cittadini europei a bloccare questo processo, solo questi hanno la forza politica e la legittimità democratica di rilanciarlo oltre, nella consapevolezza che attualmente nessuna cancelleria ha la forza e/o la volontà di dare nuovo slancio all’integrazione. Dunque è indispensabile che le forze politiche riescano a riconnettersi con la volontà di coloro che pretendono di rappresentare, in modo da rendere chiaro da quale parte si schieri chi è sinceramente europeista. Probabilmente ciò provocherà delle nuove fratture, ma anche delle grandi inedite alleanze quando le forze politiche si salderanno a livello europeo, coinvolgendo tutte quelle forze sociali che propongano “più Europa” in modo da contrapporre un coerente progetto europeo alle forze più conservatrici e reazionarie presenti non solo nel vecchio continente.
La questione assume ancora maggior rilievo in Italia, visto che la prossima campagna elettorale si giocherà in gran parte sull’idea di Europa. Dunque il programma dell’Unione di tutte le forze del centro-sinistra dovrebbe fare del rilancio del processo costituente europeo un punto qualificante della sua azione di governo. Infatti, chi meglio di Romano Prodi può raccogliere la bandiera lacerata di un europeismo consapevole e divenire il credibile alfiere di una Unione politica capace di rispondere alle esigenze poste non solo dai cittadini italiani ?
In questo modo l’azione di governo del centrosinistra sarebbe profondamente caratterizzato in senso riformista, riconducendo contemporaneamente il nostro paese a svolgere il suo tradizionale ruolo di motore dell’integrazione comunitaria. Comunque tutto ciò è possibile solo se sarà evidente la volontà di costruire una Europa dei cittadini con un forte cuore politico, insieme a tutti coloro che vogliono un mondo migliore.
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