Nel ventennale della morte di Altiero Spinelli, entra nei classici Mondadori il famoso testo sul federalismo

Ventotene, un Manifesto contro i barbari

Sessant'anni dopo, l'Europa tra nuove minacce di guerre e divisioni
14 maggio 2006
Tommaso Padoa Schioppa
Fonte: Il Corriere della Sera - 13 maggio 2006

Manifesto Ventotene

Accogliere per la prima volta un'opera in una collana classica significa riconoscere e sollecitare una mutazione del suo rapporto con il tempo. Riconoscere che l'opera appartiene non più solo al tempo in cui fu scritta, bensì a tutti i tempi. Ma perciò anche sollecitare a distinguere «ciò che è vivo e ciò che è morto» in essa, quanto vi sia di durevole da quanto sia legato alle circostanze in cui nacque. Senza quelle circostanze l'opera non sarebbe nata; eppure esse sono parti caduche da cui l'opera va liberata, così come la statua di bronzo va liberata, dopo la fusione, da qualche incrostazione lasciatale dal gesso della forma. Con la pubblicazione negli Oscar Mondadori il Manifesto di Ventotene viene riconosciuto e accolto tra i classici. È vero che è stato stampato e ristampato molte volte dopo che la prima versione manoscritta, uscita clandestinamente da Ventotene nel 1941, era stata data alle stampe nel 1943 e poi di nuovo, prefata da Eugenio Colorni, nel 1944. Ma finora non era possibile entrare in una libreria e chiederne a colpo sicuro una copia così come si può chiedere a colpo sicuro I doveri dell'uomo di Mazzini o Il manifesto del partito comunista : pamphlet politici nati nel fuoco di un particolare momento storico e proprio da quel fuoco temprati con una durezza che li fa resistere al tempo.

Spinelli al Parlamento europeo

I primi anni Quaranta furono un periodo straordinariamente fecondo per la riflessione umana. La tragedia che si stava svolgendo e di cui non si conosceva l'esito, non solo la guerra ma un vero e proprio ritorno alla barbarie in forme industriali nuove e sataniche, sollecitarono alcune grandi figure a una meditazione che andava tanto in profondità quanto profonda era la discesa nella barbarie a cui cercava di opporsi. In campi, luoghi e situazioni personali diversissimi quei grandi spiriti posero le basi su cui fu poi possibile - dopo il 1945 - edificare un ritorno alla civiltà, molti di essi pagando con la vita. Simone Weil e Friedrich Hayek, Helmut von Moltke e Joseph Schumpeter, Karl Polany e Etty Hillesum, Edith Stein, Jacques Maritain, Karl Popper, Marc Bloch; la lista potrebbe continuare. Opere di filosofia, politica, economia, diari e meditazioni religiose, lettere e trattati.

Di questo ristretto gruppo di scritti il Manifesto di Ventotene è l'opera fondamentale nel campo della politica e dei rapporti tra Stati, quella che va alla radice della questione della pace e dell'ordine internazionale, vero epicentro della tragedia in corso. Da secoli e ancora oggi l'uomo cerca il fondamento della pace. Nell'epoca contemporanea si è di volta in volta creduto che quel fondamento potesse essere il regime vigente entro gli Stati piuttosto che il regime dei rapporti tra gli Stati. Si è di volta in volta creduto che quando entro gli Stati fosse realizzato un ideale di religione, o di nazione, o di classe, o di democrazia, la pace si sarebbe instaurata tra gli Stati. Il Manifesto apre gli occhi su questa illusione e indica la via d'uscita federalista.

Nel bellissimo saggio scritto per questa edizione negli Oscar, Lucio Levi fa capire e conoscere la grandezza di Altiero Spinelli - la persona, il pensiero, l'azione -, il rapporto tra il suo pensiero e quello di Ernesto Rossi, l'apporto di Eugenio Colorni. Egli usa tutto il rigore filologico e storico che deve accompagnare la collocazione del Manifesto in una collana di classici; ma anche la passione e l'amore di chi ha conosciuto e condiviso la battaglia di Spinelli e ha meditato per una vita sul suo valore e sul suo significato. Particolarmente importante è l'individuazione dei principi della teoria dell'azione federalista che fanno del Manifesto una pietra miliare del pensiero politico, più di un semplice corollario del liberalismo.

Chi punta il dito sulle parti caduche di un'opera classica per screditarla e dichiararla morta non sa come veramente nasca un'idea destinata a durare né che cosa sia un classico. È proprio dal suo impregnarsi di circostanze storiche per definizione uniche e irripetibili, che una grande persona trae una verità, un messaggio che trascende quelle circostanze e vale per altri tempi e altre circostanze.
Altiero Spinelli stesso, che non solo è l'autore principale del Manifesto , ma è anche colui che poi per tutta la vita camminò - con gli scritti e con l'azione - nel solco da esso tracciato, fu il primo a staccare pezzi di gesso rimasti attaccati alla statua del 1941. Il saggio di Levi riporta alcune delle considerazioni con cui, nel corso degli anni, egli ritornò sul Manifesto per rilevare errori di previsione e valutazione. Un'operazione critica che Spinelli non avrebbe compiuto se non fosse stato contemporaneamente, e con una medesima urgenza, uomo di azione e uomo di pensiero.

Ventotene e Spinelli

Il rapporto tra l'opera e il tempo è importante anche per il momento in cui essa entra formalmente nel novero dei classici. Il momento di oggi è segnato non solo dal ventennale della morte di Spinelli e dall'imminente centenario della sua nascita, ma ancor più da sfide e pericoli su cui il Manifesto ha molto da dirci: la grave crisi di crescenza in cui l'Unione europea rischia di bloccarsi o addirittura di regredire; la montante tensione delle relazioni mondiali fra pretese egemoniche ed equilibrio delle forze. Su scala continentale, quella tensione l'Europa la conobbe e la patì nel sangue per secoli. Oggi, proprio per aver saputo elaborare il pensiero racchiuso nel Manifesto e per essersi poi mossa lungo la via che esso indicava, l'Europa quasi possiede gli elementi per evitare che vi scivoli il mondo intero ripetendo, su scala e con rischi ampliati, le stesse esperienze tragiche da essa vissute.

Quasi : l'Europa ha imboccato la strada ma, per non averla percorsa fino in fondo, non è pronta all'appuntamento con la storia, non è in condizione di esercitare tutto il peso, che pure possiede, per spingere il mondo fuori dal dilemma equilibrio-egemonia, accompagnandolo verso un ordine di pace fondato sul diritto. Tornare alla lettura del Manifesto , perciò, significa guardare al futuro come guardava al futuro chi lo scrisse nell'isola di Ventotene, dove ora riposa.

Note: Il libro: Altiero Spinelli, Ernesto Rossi, «Il manifesto di Ventotene», prefazione di Eugenio Colorni, presentazione di Tommaso Padoa-Schioppa (che qui anticipiamo), con un saggio di Lucio Levi, edito da Mondadori, pagine 240, 8,40, in libreria dal prossimo 16 maggio

Il Manifesto di Ventotene
http://www.mfe.it/ventotene.htm

I testi di Altiero Spinelli
http://www.altierospinelli.org

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