Quella storia che manca ai naziskin tedeschi che hanno picchiato il ragazzo italiano

18 maggio 2006
Piero Badaloni
Fonte: Articolo21.info

“La tua pizza è italiana, il tuo cuscus è tunisino, la tua camicia è indiana, il tuo orologio è svizzero, gli spaghetti che mangi sono cinesi, i numeri dei tuoi conti sono arabi, la scrittura è latina, la democrazia te l’hanno insegnata i greci, e tu ti ostini ancora a considerarmi uno straniero?....”
Questa lettera inviata da un immigrato senegalese a un quotidiano milanese per protestare contro le discriminazioni subite, mostra con efficacia quanto siano ridicole le insofferenze di una parte dell’opinione pubblica verso gli stranieri che cercano faticosamente un posto al sole nel nostro come in tanti altri paesi europei.

Purtroppo non sono pochi coloro che vorrebbero alzare un ponte levatoio davanti al proprio confine, per impedire l’invasione degli extracomunitari. E adesso anche dei vicini di casa, come è accaduto in germania, due giorni fa’ quando un gruppo di scellerati giovani ha picchiato duramente un coetaneo italiano. 60 anni fa’ un dittatore che la pensava allo stesso modo di quei giovani fini’ suicida in un bunker, a Berlino, dopo aver provocato, con il suo folle disegno, la morte di milioni di persone. Adolf Hitler odiava gli ebrei e gli zingari, li considerava una pericolosa contaminazione per il suo popolo. Li stermino’ perché, disse, bisognava preservare la purezza della razza ariana. E trascino’ nel baratro anche il nostro paese. Ironia della sorte, nel mezzo di quella immane tragedia, fu proprio un italiano confinato dal regime fascista in una piccola isola del mediterraneo, Ventotene, a lanciare l’idea vincente per uscire dal tunnel in cui si era ficcato il vecchio continente per colpa del Fuhrer e del suo alleato Mussolini. Si chiamava Altiero Spinelli, un nome che quei giovani naziskin che hanno aggredito il nostro connazionale in Germania sicuramente ignorano.

Eppure è grazie a lui che sono nati in un’epoca di pace e di ritrovata stabilità. E’ grazie a lui che hanno goduto di un valore che non meritano, la libertà. Nella sua cella, in carcere, Spinelli prese carta e penna e scrisse un manifesto, tracciando il profilo di un’Europa federale, con gli Stati uniti fra loro da regole comuni e con un ideale fondamentale condiviso da tutti, la democrazia. Quel manifesto fu la base su cui venne poi costruito il primo nucleo dell’Unione europea, il Consiglio d’Europa, il 5 maggio del 1949. Da allora ad oggi il percorso è stato lungo e spesso tormentato: non è stato facile sormontare le resistenze nazionalistiche degli Stati, preoccupate di perdere anche solo in parte la loro sovranità, per cederla ad organismi sopranazionali, lontani dalle loro capitali. Ma alla fine il sogno di Spinelli si è avverato.

L’unione europea oggi è una realtà, con una sua moneta, la sua bandiera, un parlamento, che ha sede a Bruxelles, e un governo, la commissione, che porta avanti politiche comuni non solo nell’economia, ma anche nel campo della sicurezza, della giustizia, dell’ambiente, dell’istruzione, dell’energia. Ha aperto le sue frontiere interne, con uno storico trattato, firmato a Shengen nel 1985. Gli Stati che ne fanno parte sono passati progressivamente da sei a 15 e nel 2000 hanno firmato tutti la carta dei diritti fondamentali dei cittadini europei: oltre ai paesi fondatori, Germania, Italia, Francia, Belgio, Olanda e Lussemburgo, sono entrati nella comunità prima Gran Bretagna, Irlanda e Danimarca, nel 73, poi Grecia, Spagna e Portogallo, nell’86, infine Austria, Finlandia e Svezia, nel 95. E nel 2004, dopo una lunga trattativa, l’Europa unita ha accolto nella sua comunità altri dieci nuovi Stati: Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria, Slovenia, Polonia, Estonia, Lettonia, Lituania, tutti paesi che prima del crollo del comunismo facevano parte del blocco sovietico, e in piu’ Cipro e Malta.

Ma questo ultimo allargamento che doveva rappresentare il balzo definitivo verso la realizzazione piena del manifesto scritto 60 anni fa’ a Ventotene da Altiero Spinelli, l’intera europa federata nel segno della pace e della cooperazione, ha causato al contrario, una improvvisa frenata nella costruzione dell’ultimo tassello che mancava per completare il percorso: una carta costituzionale comune. All’improvviso sono riemerse, in Olanda e in Francia, e adesso anche in Germania, le antiche paure dello straniero in casa, con la conseguente voglia di rialzare anacronistiche barricate contro presunte invasioni. Il testo della costituzione europea, preparato da un’assemblea rappresentativa di tutti i governi e parlamenti nazionali, è stato bocciato in due referendum. E l’europa è entrata in una fase di pericoloso stallo con preoccupanti rigurgiti di xenofobia un po’ dovunque.

E’ possibile riprendere il cammino sulla rotta giusta? Per farlo bisogna superare gli egoismi corporativi delle varie categorie fin qui privilegiate dalla comunità, gli agricoltori francesi innanzitutto e il governo inglese, che dovranno necessariamente accettare un ridimensionamento dei contributi ricevuti i primi e la rinuncia allo sconto ottenuto vent’anni fa sui versamenti comunitari i secondi, in favore dei cittadini piu’ poveri dei paesi appena entrati in europa. Bisogna insomma, reinsegnare a tutti, partendo dai piu’ giovani, che l’immigrato, sia extracomunitario che comunitario, è una risorsa non un pericolo da combattere. Che la convivenza con le diversità è un elemento che arricchisce non che disgrega la nostra identità.

Non sarà facile, ma non si puo’ accettare l’Europa solo quando si prende e contestarla quando si deve dare. Il principio della solidarietà è un cardine fondamentale della nostra comunità, cosi’ come quello della giustizia sociale. E’ questo adesso, il compito principale che i leaders dell’Unione si devono assumere senza piu’ ambiguità. Perché altrimenti l’europa rischia di riscivolare indietro di 60 anni e il manifesto di Spinelli di tornare nel cassetto di un armadio nel confino di Ventotene.




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