Miti politici: chi è contro Ventotene
Caro Direttore,
Le scrivo da affezionato lettore per fare delle necessarie precisazioni
all'articolo "L'Italia ed il mito europeo" di Ernesto Galli Della Loggia.
Molte sono le superficialità se non gli errori contenuti nell'editoriale seguito alla visita del Presidente Napolitano a Ventotene in occasione del ventennale della morte di Spinelli.
Galli della Loggia parla di un'ipotetica assenza di democrazia politica nel
Manifesto; ciò è falso e stupefacente a sentirsi: la lotta politica
federalista, di cui Spinelli parla certo con toni accesi, avviene sempre nel
rispetto della democrazia e mira a coinvolgere i cittadini, non certo a
forgiare bolscevichi centralisti.
Galli Della Loggia, mi si permetta poi di dire, non conosce il Manifesto di
Ventotene se lo identifica surrettiziamente con l'Europeismo. Il federalismo del Manifesto, come progetto di pace mondiale va ben oltre la moda europeista allora di per sé rivoluzionaria), e come Galli della Loggia sa non è certo stato inventato dal solo Spinelli.
Non penso come Galli della Loggia che i miti politici siano solo specchietti per allodole retaggio dei populisti o di rivoltosi. Essi possono essere pericolosi, ma la riflessione dopo Kelsen ci ha insegnato che essi costituiscono una realtà pregiuridica essenziale, la condizione perché i cittadini si riconoscano in una collettività fondata su regole. La nostra costituzione è obbedita perché i cittadini si riconoscono in essa e nei suoi valori, in quanto provengono da una drammatica esperienza comune, assai concreta: la guerra e la resistenza. Questi dati fattuali assumono poi una dimensione “mitica” nel senso che sfogliando la Costituzione non si vede un coacervo di articoli di legge, ma le regole di convivenza scaturite dalla esperienza vissuta, regole necessarie e supremamente rispettate. I miti permettono di superare il formalismo e far vivere la Costituzione nelle persone.
Tuttavia, anche se lo stimato opinionista del Corriere critica tali miti, poi sceglie apertamente quali debbano essere quelli che fondano la nostra collettività, ed in base a criteri assai soggettivi. Resistenza sì, europeismo, no. Si da’così un'interpretazione della Costituzione e dei suoi principi alquanto angusta. Ma come, il Presidente Ciampi non si è forse sempre sforzato di sottolineare la continuità fra risorgimento, valori della resistenza ed europeismo? Tutta propaganda da Minculpop?
Mi sembra che Galli della Loggia non abbia proprio colto il senso della
presenza di Napolitano a Ventotene. Il federalismo vede l'europeismo come
tappa di un cammino di pace, e non come fine in sè, e la presenza del
Presidente a Ventotene ha confermato che questo disegno di pace fa parte dei
valori fondanti la convivenza civile in Italia.
Voglio ricordare in mio soccorso soltanto la politica di De Gasperi ed il
suo impegno di per il progetto federale e federalista della CED, avvenuto
proprio in quel duro dopoguerra quando i valori costituzionali erano "in
rodaggio", ed ai quali si è immediatamente aggiunta la vocazione europea
dell'Italia. Come fa Galli della Loggia a scrivere che l’europeismo è un
“ismo” come gli altri? Dei valori fondanti italiani è uno dei pochi che sia
passato indenne attraverso la guerra fredda e l’11 settembre… Il fatto che
la radice federalista sia stata annegata e confusa in Italia in un
successivo europeismo mediocre e di pura facciata da parte di tanti politici
è un altro problema, da combattere.
In questo momento in cui l’Unione Europea è identificata (soprattutto in
Francia, ma anche in Italia) con arido liberismo ed economicismo, le parole
di Napolitano sul Manifesto come “la prova maggiore della creatività
dell’antifascismo militante” sono la secchiata d’acqua che spazza via lo
stagnante europeismo facilone. Esse ribadiscono con profonda cognizione di
causa il legame che esiste fra Resistenza ed unità europea come progetto di
pace, sulla via del federalismo. Danno la dignità che l’europeismo politico
si merita e che è stata dimenticata nel mare dell’euroentusiamo dozzinale.
Non solo: mi si permetta di chiedere quale opera è rimasta più attuale
politicamente, e non culturalmente: “I quaderni del Carcere” di Gramsci e la
loro coerente ortodossia comunista od il rozzo Manifesto di Ventotene, opera
che per tanti versi presagisce la globalizzazione ed i suoi problemi?
Il Manifesto non può poi essere letto astraendo dal suo contesto di guerra,
del fatto che sia stato scritto da persone giovani private della libertà (e
che poi ne hanno riconosciuto apertamente i limiti). Come si fa quindi a
scrivere sul Corriere che Spinelli auspicava una qualsiasi dittatura? Come si può prescindere dalla parabola politica di Spinelli - e di Napolitano - che sono le figure più atipiche di comunisti e che tanti problemi hanno avuto nel partito per via dell’impegno federalista?
Il palazzo del Parlamento Europeo a Bruxelles, sede della più democratica delle istituzioni dell’UE, porta veramente il nome di un massimalista della lotta proletaria? O a Bruxelles non conoscono bene Altiero Spinelli?
Mi sembra che, esattamente quando si tenta di andare giustamente più a fondo
di un generico europeismo buonista (pure presente in Italia), emerge tuttavia qualche allarmante buco nero anche nelle voci più ascoltate del dibattito politico italiano. O forse, certi revisionismi vengono considerati chic ed originali…
Cordiali saluti,
Daniele Nardi.
di Ernesto Galli della Loggia
Fonte: Il Corriere della Sera - 26 maggio 2006
http://italy.peacelink.org/europace/articles/art_16541.html
- Manifesto di Ventotene: Montani risponde a Galli della Loggia su "l'Italia e il mito europeo"
http://italy.peacelink.org/europace/articles/art_16538.html
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