Dalla riflessione all’azione? I tratti di un potenziale rinnovo della terapia di Bruxelles per l’impasse costituzionale
Ad un anno esatto dal duro colpo subito dal processo costituzionale con il doppio “no” del referendum francese ed olandese, il Consiglio Europeo il 15 e 16 giugno ha provveduto a delineare i punti di approdo di questi dodici mesi all’insegna della riflessione e della compattazione di un dialogo europeo tout court.
In effetti quest’ultimo orientamento coincide con il cosiddetto “secondo binario" su cui il Consiglio ha voluto articolare il suo approccio all’attuale impasse costituzionale. Un orientamento segnato da una sorta di “investitura” della presidenza tedesca, alla quale viene affidato il compito di delineare un rapporto sulla conclusione del dossier “riflessione” tentando di carpire gli orientamenti emersi nelle discussioni sul processo costituzionale, e di definire i percorsi futuribili; tale contributo sarà la base sulla quale si muoverà il futuro approccio dell’Unione nei confronti della questione in esame per poter arrivare al più tardi entro il secondo semestre del 2008 a poter delineare un quadro di riferimento preciso di iniziative necessarie da prendere a partire da quel periodo.
Dalla riflessione, dunque, all’azione, o meglio alle basi che permetterebbero di porre in essere un’azione.
Lo “sforzo congiunto” degli stati membri, accanto alla presidenza tedesca, rappresenterebbe una sorta di “preambolo” all’obbiettivo costituzionale. Tale sforzo congiunto rappresenta l’anima di quell’articolazione di iniziative sollecitata dal Piano D della Commissione Europea: una vera e propria opera di filtraggio delle inquietudini e delle perplessità del “demos europeo” che è emersa attraverso i dibattiti nazionali e quelli svolti a livello comunitario, che hanno fornito uno strumento interistituzionale e cooperativo attraverso il quale è stata modellata la postura del Consiglio Europeo.
Uno “sforzo congiunto” chiave di interpretazione di questa seconda fase di riflessione/azione, che emerge anche dall’esigenza espressa dalla Commissione di poter implementare l’interdipendenza tra il processo legislativo europeo e quello dei singoli parlamenti nazionali, impegno, questo, accolto favorevolmente dal Consiglio Europeo nei giorni scorsi.
L’azione congiunta degli stati sarebbe ulteriormente sottolineata dall’esigenza di porre in essere il cosiddetto “primo binario” dell’approccio dell’Unione Europea: utilizzare tutti gli “strumenti” che attualmente vengono offerti dai trattati esistenti per poter approdare ai risultati concreti tanto bramati dai cittadini europei.
La leadership europea sottolinea a tal punto l’esigenza di venire incontro in modo massiccio alle esigenze e alle paure del demos europeo soprattutto in riferimento a tematiche quali l’immigrazione, la cooperazione energetica, le riforme economiche e la lotta al terrorismo. Ed è proprio su questo punto che bisogna soffermarsi: l’unione Europea ha cominciato ad ascoltare la voce del suo demos e l’ha fatto attraverso un uso strumentale di una riflessione che ha carpito fermenti di fiducia e di perplessità allo stesso tempo.
L’implementazione di un orientamento quale quello espresso nel “primo binario” della conclusione, garantirebbe all’Unione la possibilità di compattare una “piattaforma” di fiducia e di coesione entro la quale le evoluzioni relative alla riforma dell’Unione potrebbero prendere forma senza imprimere scollamenti.
I traguardi raggiunti dall’Unione in questo frangente sul fronte dell’integrazione, come l’entrata della Slovenia nella zona euro, l’inizio dei negoziati con Turchia e Croazia, e l’apertura alla Bulgaria e alla Romania sono dunque segnali forti da propinare al “demos”. Orientamento tra l’altro paradossalmente interessante: spiragli di eloquente apertura in un contesto di impasse costituzionale.
Dunque il Consiglio Europeo intende ripartire dai cittadini e soprattutto dalla loro voce per tentare di delineare una base concreta e solida sulla quale far emergere la “struttura Europa” .
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