L’Europa e la Pace: dal 9/11 alla crisi Libanese

22 ottobre 2006

Alla domanda: "Cosa ne pensa della Rivoluzione Francese?" Zhou Enlai, ex capo di Governo della Repubblica Popolare Cinese, rispose che era ancora troppo presto per dirlo. Se un evento come la Rivoluzione Francese, avvenuto alla fine del '700, ha determinato una scossa sulla storia tale che i suoi effetti più profondi tardano ancora a rivelarsi completamente, pensiamo a quali risvolti imprevedibili potrebbe riservarci ancora il futuro dopo gli avvenimenti di quello che è considerato in maniera unanime un altro momento di svolta, l’11 settembre 2001.

Sono ormai 5 anni che il crollo delle Twin Towers ha dato una spinta netta alla storia, trasformando radicalmente le fondamenta della società contemporanea; termini come guerra asimmetrica, lotta globale al terrorismo, società del rischio, necessità di sicurezza, sono entrati nel vocabolario di tutti gli economisti, sociologi e politologi e una nuova visione del mondo, che rende sempre più plausibile la formula dello "scontro di civilta'" di Samuel Huntington, ha preso piede.

Quello che dopo la caduta del muro di Berlino era stato definito come un nuovo "ordine monopolare" può essere aggiornato oggi, configurando un molto più complesso "disordine multipolare": da una parte abbiamo l’iperpotenza Statunitense, che trae vantaggio del disequilibro delle forze sullo scacchiere internazionale e agisce affinché questa situazione non muti, muovendo le sue pedine su terreni ostici come L’Afghanistan, l’Iraq e probabilmente l’Iran; dall’altra abbiamo l’amore-odio tra il mondo islamico, che non riesce a mettere in risalto la sua anima moderata ma rimane schiavo delle azioni ad alta risonanza mediatica di fondamentalisti e gruppi terroristici, e le superpotenze emergenti (Cina, India) o riemergenti (Russia), che fanno del loro potere demografico, delle disponibilità di risorse naturali (grazie al c.d. equilibrio del bisogno, nel tempo dell’incertezza energetica) o della lotta a favore dello sviluppo del sud del mondo (vedi l’ondata di riformismo di sinistra dell’America latina con il Venezuela di Chavez in prima fila) armi determinanti da utilizzare con furbizia e strategia per influire sui fragili equilibri dei rapporti fra nazioni.

Ovviamente in questo scenario l’altro "centro di gravita'" riguardo i modelli valoriali, sociali e politici e la visione delle prospettive future è l’Unione Europea, che in mancanza di una forte struttura federale che garantisca un’unica Politica Estera e di Sicurezza si trova però schiacciata tra la rivalsa di ormai fittizi poteri da parte degli stati membri e la spinta ad emulare le politiche degli alleati oltreoceanici.

Questo momento di soffocante incapacità di tirare le fila sul futuro della Terra e dell’umanità non è però destinato a durare. La crisi in Libano, che ha riacceso i riflettori sul problema mediorientale, calderone in cui mescolano tutte le tematiche di crisi delle relazioni internazionali, dalla lotta per le risorse (petrolio in primis e acqua per il futuro) all’affermazione identitaria, religiosa, razziale, fino all’evidenza di come il modello dello stato nazione, importato forzosamente dopo la II guerra mondiale, sia un modello foriero di problemi e fortemente limitativo, ha evidenziato come l’inconcludente politica statunitense e britannica (che infatti si sono astenuti dal pretendere un ruolo di primo piano nella risoluzione della crisi, relegandosi nell’inazione) e la crisi del modello politico-sociale ad essa connessa comportino la necessità di un ritorno al multilateralismo, affiancata al dibattito sulla creazione di istituzioni che possano efficacemente governare il "villaggio globale".

E non è possibile liquidare la fallimentare politica americana con la semplice scusa dell’incompetenza dell’amministrazione Bush; la "teoria dell’incompetenza" dà implicitamente validità alle sue basi teoriche, scaricando la colpa su chi non ha saputo metterle in pratica. In realtà è proprio il fondamento neo-con (e teo-con) delle relazioni internazionali (e tutti i suo derivati economici neoliberisti) ad essere fallace. Se vogliamo veramente risolvere i problemi che un mondo ormai globalmente integrato ci pone, curandone le cause determinanti e non soffermandosi sui sintomi, è obbligatorio cambiare rotta di pensiero e azione: solo i valori del "Sogno Europeo" ancora in fieri, dalla cittadinanza come spinta al multiculturalismo e all’"elogio della contaminazione" di culture e valori (sempre nel rispetto delle identità particolari e locali) fino a una visione della risoluzione dei conflitti che metta in primo piano la Pace come valore assoluto e universale, potranno affermarsi come la base di una politica e una società "nuova".

Per una strana coincidenza, l’11 settembre 1906 (esattamente un secolo fa), Mahatma Gandhi diede inizio ad un modo nuovo di affrontare i conflitti: il metodo nonviolento, che aveva (ed ha) un unico fine: rianimare l'umana consapevolezza dell'altro, con la convinzione che la vera indole dell’uomo non sia altro che la ricerca della pace con le altre persone, tutte parte della stessa e unica razza, l’umanità.

Questi due 11 settembre, 2001 e 1906, rappresentano le due strade del bivio davanti al quale sosta oggi l’Europa e il mondo intero: da una parte un abisso verso il probabile declino della nostra civiltà, dall’altra il primo passo verso un mondo migliore, ma costituiscono anche una doppia eredità fondamentale contro tutti i conflitti e le guerre (preventive, umanitarie..), diretta a non farci dimenticare che la guerra non si può umanizzare, si può solo abolire.

Articoli correlati

  • Fame, bombe e sfollamenti forzati: queste le armi del governo israeliano contro Gaza, Libano e…
    Disarmo
    Sullo sfondo emerge il grande business della guerra

    Fame, bombe e sfollamenti forzati: queste le armi del governo israeliano contro Gaza, Libano e…

    Netanyahu ha bombardato ospedali e scuole, fatto morire di fame bambini, distrutto infrastrutture e alloggi e reso la vita invivibile a Gaza
    22 ottobre 2024 - Rossana De Simone
  • I rischi del "Piano della Vittoria" di Zelensky
    Pace
    Albert, il bollettino quotidiano pacifista

    I rischi del "Piano della Vittoria" di Zelensky

    Il cancelliere tedesco Scholz si è sostanzialmente opposto a due punti del piano di Zelensky: l'adesione rapida alla Nato e il via libera ai missili a lunga gittata sulla Russia. Il rischio di escalation è elevato e potrebbe trascinare l'Europa in una nuova guerra mondiale.
    18 ottobre 2024 - Redazione PeaceLink
  • PeaceLink scrive ai Caschi Blu dell'ONU in Libano
    Pace
    Albert, il bollettino quotidiano pacifista

    PeaceLink scrive ai Caschi Blu dell'ONU in Libano

    "Il vostro impegno per la pace, anche di fronte agli attacchi che avete subito, è un esempio di coraggio e dedizione. Siamo con voi". Invece il governo israeliano ha accusato l'UNIFIL di fungere da "scudo" per Hezbollah e ha chiesto il ritiro delle forze di pace dal Libano meridionale.
    14 ottobre 2024 - Redazione PeaceLink
  • Attacco israeliano a UNIFIL anche oggi: feriti 15 caschi blu
    Pace
    Albert, il bollettino quotidiano pacifista

    Attacco israeliano a UNIFIL anche oggi: feriti 15 caschi blu

    I carri armati israeliani hanno sfondato il cancello di una base ONU, violando il diritto internazionale. Oltre cinquemila persone stanno seguendo questa vicenda tramite Albert, il nostro bollettino pacifista. Tanti messaggi di solidarietà e sostegno ai caschi blu continuano ad arrivare a PeaceLink.
    13 ottobre 2024 - Redazione PeaceLink
PeaceLink C.P. 2009 - 74100 Taranto (Italy) - CCP 13403746 - Sito realizzato con PhPeace 2.7.26 - Informativa sulla Privacy - Informativa sui cookies - Diritto di replica - Posta elettronica certificata (PEC)