Due casi, un filo conduttore

L’atlantismo di Berlusconi e la base di Vicenza

L’unilateralismo italiano divide l’Europa
16 febbraio 2007
Federico Brunelli , Massimo Contri
Fonte: Eurobull.it - 04 febbraio 2007

Berlusconi

Domenica 14 gennaio, in un intervento telefonico ad un meeting di Forza Italia, Silvio Berlusconi ha dichiarato che nell’attuale governo italiano prevale un atteggiamento anti-americano e anti-occidentale che lo porta ad essere ritenuto inaffidabile dagli Stati Uniti, mentre il governo da lui gestito ha condotto in cinque anni una politica estera leale nei confronti dell’alleanza atlantica.

Il Cavaliere ha una strana concezione di lealtà. Essa consisterebbe in un appoggio incondizionato agli Stati Uniti d’America, indipendentemente dalle azioni intraprese dal governo americano. Per dirla con una dichiarazione eloquente di Berlusconi: «Io sono a favore di tutto ciò che è americano ancora prima di sapere cos’è» [1].

La parola più adatta a descrivere questo atteggiamento è invece "servilismo": illudersi di giocare un ruolo decisivo nello scenario mondiale perché si è "cari amici" del Presidente degli Stati Uniti, anche a costo di contribuire a spaccare l’Europa sulla questione della guerra in Iraq (ad esempio con l’adesione alla lettera degli otto).

Un alleato leale ha il diritto-dovere di far presente quando c’è discordanza di visione strategica, non per questo diventerà "inaffidabile". Ma questo non basta: se oltre a fare il consigliere (inascoltato) del principe si vuole avere la forza di essere determinanti bisogna che l’Italia percorra l’unica via che ha davanti per tornare ad assumere un ruolo mondiale. Il governo di un Paese come il nostro, storicamente all’avanguardia nel processo di integrazione europea, per fare allo stesso tempo l’interesse suo e quello degli Stati Uniti deve porsi come obiettivo di primissimo rilievo il rafforzamento dell’Unione europea fino alla creazione della Federazione.

La Federazione europea sarebbe l’interlocutore privilegiato e fondamentale degli USA, oggi lasciati soli con un compito troppo gravoso per le loro possibilità attuali, quello di dare un ordine al mondo. L’Europa, non l’Italia, né la Germania [2]o altri, avrebbe la capacità di proporre un modello diverso di risoluzione delle controversie internazionali e di ricondurre gli USA sul terreno di un approccio multilaterale e condiviso alla gestione delle problematiche globali. Se gli italiani e gli europei vogliono realmente essere amici degli USA devono darsi istituzioni sovranazionali democratiche.

Quando l’Italia si muove per unire l’Europa riesce ad assumere un ruolo importanteIn questo senso sarebbe decisivo il trasferimento all’UE della sovranità in politica estera e difesa. Il Trattato che istituisce una Costituzione per l’Europa prevede la possibilità di istituire una "cooperazione strutturata" [3]in questi settori. Nel 2003-2004 Francia, Germania, Belgio e Lussemburgo, anticipando le inovazioni contenute nel Testo della Convenzione, avevano avviato una collaborazione innovativa, promuovendo la creazione di una forza militare europea dotata di un proprio meccanismo di finanziamento [4]. La mancata adesione dell’Italia ha contribuito notevolmente a far sfumare l’iniziativa. Il Governo Berlusconi ha perduto l’occasione. L’Italia potrebbe e dovrebbe oggi rilanciare questo progetto. Come dimostrano anche le recenti vicende in Libano, quando l’Italia si muove per unire l’Europa riesce ad assumere un ruolo importante.

Il Governo Berlusconi ha attuato invece una prolungata campagna diffamatoria delle istituzioni europee e della moneta europea, e i suoi rappresentanti si sono distinti all’interno della Convenzione europea, che ha redatto l’attuale Trattato costituzionale, per aver proposto emendamenti volti a indebolire la prospettiva dell’unificazione politica del Continente [5].

Le dichiarazioni di Berlusconi, per concludere, meritano il nostro disappunto, così come lo merita l’approccio alla politica euro-atlantica tenuto dal suo Governo.

La base di Vicenza

E’ di questi giorni d’altra parte la discussione sull’ampliamento della base militare americana di Vicenza.

No alla base di Vicenza

La gestione della presenza sul proprio territorio di una base militare appartenente alla prima potenza mondiale è sicuramente una questione di portata europea. La domanda corretta da porsi è se ha senso o meno avere nel cuore dell’Europa una presenza militare americana. Poco importa poi che la base sia in Italia, in Germania o in un altro Paese europeo: l’area di influenza ed il significato politico e militare rimarrebbero gli stessi. Proprio la Germania, tra l’altro, si è offerta di ospitare la base americana, qualora l’Italia ne avesse bloccato la costruzione a Vicenza. Appare evidente come porre il divieto di ampliamento a Vicenza avrebbe semplicemente spostato poco più a nord le installazioni americane. Tuttavia il problema è stato dibattuto in un’ottica completamente nazionale, se non locale.

Prodi

Le parole di molti esponenti del governo Prodi, secondo cui la decisione se accettare o meno la base spetta ai cittadini di Vicenza, sono assolutamente fuori luogo. Che senso ha far decidere ad una comunità locale, tramite referendum, se l’Europa ha bisogno o meno di questa base? Le esigenze locali vanno certamente tenute in considerazione, ma dopo aver preso la decisione che sta a monte.

Il governo italiano, tra mille difficoltà, sta dando il via libera alla presenza della base. Questo dibattito si sarebbe dovuto però svolgere in maniera differente. Il Ministro degli Esteri italiano avrebbe dato un forte segnale politico se avesse richiesto la convocazione di una riunione straordinaria dei Ministri degli Esteri degli Stati europei per decidere, a maggioranza, il futuro della presenza militare USA in Europa. Senza contare che attuare una politica europea sarebbe il modo migliore per compattare la maggioranza di governo, traballante sulla politica estera: chi potrebbe opporsi all’iniziativa italiana per avere una decisione democratica europea?

Attuare una politica europea sarebbe il modo migliore per compattare la maggioranza di governo, traballante sulla politica esteraMa ancora una volta la mancanza di istituzioni democratiche in Europa fa sì che non si riesca ad affrontare una questione europea al livello decisionale appropriato. Il metodo intergovernativo fa prevalere l’interesse nazionale sull’interesse generale europeo. Un cittadino francese, sloveno o rumeno dovrebbe preoccuparsi ed indignarsi del fatto che un altro Stato, che fa parte della stessa comunità politica, prende unilateralmente una decisione del genere.

I cittadini si chiedono perché si debba accettare una base militare di un Paese straniero sul proprio territorio e protestano perché nessuno ha spiegato loro che finalità avrà questa base, in un periodo in cui risulta evidente il fallimento dell’approccio di politica estera tenuto dall’Amministrazione americana. Dobbiamo ancora affidarci agli USA per la gestione della nostra sicurezza? E davvero gli USA ambiscono oggi ad essere presenti in Europa per garantire una protezione agli europei?

Conclusioni

L’Europa divisa non sa proporre un’alternativa all’unilateralismo americano. Il governo Berlusconi si è illuso di esercitare un ruolo mondiale, dando appoggio incondizionato agli USA; il governo Prodi non ha il coraggio di sfruttare l’occasione della decisione sulla base di Vicenza per evidenziare la necessità di gestire la politica estera a livello europeo. L’Italia non agisce per dare un ruolo all’Europa.

C’è di che riflettere sull’attualità della nuova linea di divisione tra progresso e reazione indicata da Altiero Spinelli nel Manifesto di Ventotene: essa sta tra chi si pone come fine dell’attività politica la conservazione dell’illusorio potere nazionale e coloro che si pongono come fine lo sviluppo della democrazia europea [6].

Note: [1] Intervista al «New York Times», 2001. Frase riportata in Alexander Stille, Citizen Berlusconi, vita e imprese, Garzanti (sul web:http://pesanervi.diodati.org/pn/?a=305.

[2] Due Paesi del blasone di Germania e Francia, pur schierandosi contro l’intervento americano in Iraq, non hanno avuto possibilità di influire sulla decisione americana.

[3] Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa, Art I-41.

[4] DECISIONE 2004/197/PESC del Consiglio del 23 febbraio 2004 “relativa all’istituzione di un meccanismo per amministrare il finanziamento dei costi comuni delle operazioni dell’Unione europea che hanno implicazioni nel settore militare o della difesa” (GU L 63 del 28.2.2004), modificata: dalla Decisione 2004/925/CE del Consiglio del 22 dicembre 2004 (GU L 395 del 31.12.2004), e dalla Decisione 2005/68/PESC del Consiglio del 24 gennaio 2005 (GU L 27del 1 febbraio 2005).

[5] Si vedano ad esempio le proposte di emendamento presentate da Gianfranco Fini agli articoli uno (http://european-convention.eu.int/Docs/Treaty/pdf/1/Art%201%20Fini%20IT.pdf) e tre (http://european-convention.eu.int/Docs/Treaty/pdf/3/Art%203%20Fini%20IT.pdf), che miravano a togliere il riferimento all’integrazione dell’UE sul modello federale e l’affermazione della pace come obiettivo dell’UE.

[6] «La linea di divisione fra i partiti progressisti e partiti reazionari cade perciò ormai, non lungo la linea formale della maggiore o minore democrazia, del maggiore o minore socialismo da istituire, ma lungo la sostanziale nuovissima linea che separa coloro che concepiscono, come campo centrale della lotta quello antico, cioè la conquista e le forme del potere politico nazionale, e che faranno, sia pure involontariamente il gioco delle forze reazionarie, lasciando che la lava incandescente delle passioni popolari torni a solidificarsi nel vecchio stampo e che risorgano le vecchie assurdità, e quelli che vedranno come compito centrale la creazione di un solido stato internazionale, che indirizzeranno verso questo scopo le forze popolari e, anche conquistato il potere nazionale, lo adopereranno in primissima linea come strumento per realizzare l’unità internazionale».

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