Carta nomade dell'altra Europa
Un corpo nomade, una testa cosmopolita, un cuore no-global: ecco la Carta dei principi dell'altra Europa, nata dopo quasi due anni di lavoro nel Forum sociale europeo, tra Salonicco e Praga, Bruxelles e Istanbul, Roma e Francoforte, Firenze e Atene. Una Carta in movimento, non una «Costituzione» alternativa - pur se sollecitata dalla critica al Trattato costituzionale e incoraggiata dal no francese e olandese al referendum.
La molla che ne ha fatto scattare la laboriosa costruzione è stata il bisogno comune di tradurre in visioni alternative i tre no, al liberismo, alla guerra, al razzismo, ispiratori di lotte e esperienze dei movimenti. Ecco nascere così 7 capitoli: «Europa e mondo; pace e sicurezza; uguaglianza, differenza e diversità; democrazia, diritti sociali e del lavoro; servizi pubblici; ambiente sostenibile».
Ci sono state controversie, di cui si vedono tracce: la nozione stessa di Europa, non riducibile alle istituzioni e alla Unione europea, definita a volte «altra Europa», a volte «la nostra Europa»; il rapporto tra principi e strategia per il cambiamento, che segnerà probabilmente una ulteriore fase di esperienze e riflessioni.
Questa Carta dei principi, è adesso uno strumento pubblico di discussione, che indica i nessi tra i principi enunciati e i grandi problemi del tempo e dello spazio in cui viviamo, non eludibili da chiunque voglia misurarsi con la sfida del cambiamento. Dice anche che esso è possibile se le diverse culture e pratiche si intrecciano e agiscono come soggetto europeo «meticcio».
Il cammino di due anni ha già prodotto, con qualche visibile contraddizione, la mescolanza tra culture critiche diverse: costituzionalista e aistituzionale; internazionalista e pacifista; femminista e emancipazionista; sindacale e giuridica; operaista e post-fordista. Ma non è azzardato definire il risultato prodotto «europeista», che esprime cioè fiducia nella possibilità di un ruolo protagonista dell'altra Europa, nell'azione per rendere un altro mondo possibile. Così, la giustizia globale e la cancellazione del debito estero verso i paesi poveri sono responsabilità di un'Europa dal passato coloniale; la lex mercatoria che domina le istituzioni economiche e monetarie internazionali va spazzata via da un diritto internazionale regolatore delle relazioni economiche e politiche; il rifiuto di ogni guerra, compresa quella umanitaria e preventiva, propone la pace come unica sicurezza, insieme al riconoscimento del diritto degli oppressi a resistere all'oppressione e all'ingiustizia, purché non ci sia violazione di diritti umani universali; l'intervento contro il razzismo e l'antisemitismo si unisce a quello contro l'islamofobia; la libertà di circolazione delle persone è diritto universale, mentre il principio di parità tra cittadini e cittadine si coniuga con il riconoscimento della differenza e delle diversità, nel quadro della laicità delle Istituzioni pubbliche; il diritto al lavoro e i diritti nel lavoro e sociali, unica risposta a esclusione e povertà, si legano al rispetto della dignità di lavoratrici e lavoratori e al vincolo della democrazia, anche nei posti di lavoro e nei sindacati. Uguaglianza, cooperazione, solidarietà sono i «valori superiori», contro concorrenza e libero scambio; i servizi pubblici devono garantire la soddisfazione dei diritti fondamentali e l'accesso di tutti ai beni comuni dell'umanità, contro la logica della concorrenza e del profitto; salvare le risorse naturali dalla rapina del mercato è un obbligo per salvaguardare la vita umana sul nostro pianeta: la sovranità alimentare è la chiave delle politiche agricole e dei trattati commerciali dell'Europa con i paesi del sud del mondo.
La Carta si basa su una visione radicalmente critica della Unione europea, di cui il Trattato costituzionale è specchio, «governata in maniera non democratica», con un Parlamento privo di poteri legislativi, monopolio della Commissione europea «custode delle regole di mercato definite dai trattati». Vi contrappone la partecipazione democratica di cittadine e cittadini alle scelte pubbliche; principio di democrazia non separabile da quel «diritto di informazione e di libertà di comunicazione che deve essere considerato tra i diritti politici fondamentali di tutti gli individui».
Nei prossimi giorni i Trattati di Roma compiranno 50 anni: sarà occasione di celebrazioni sull'Europa che non esiste, ma anche di riflessione su quella che c'è. Se questa Carta riuscirà a far immaginare su quali principi è necessario, desiderabile e possibile costruire un'altra Europa, a sollecitare e attrarre interesse e energie, avrà conseguito un primo successo.
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