Che ve ne sembra dell'Europa?
L'Europa di cui celebriamo oggi una sorta di compleanno istituzionale, i 50 anni dalla sigla dei Trattati di Roma, è ancora in grado di evocare quel «sogno» di pace e prosperità alla base di uno dei più grandi successi politici e sociali della storia contemporanea?
L'Europa è parte integrante della vita dei cittadini europei che, caso unico nella storia, hanno scelto di unirsi - e non dividersi, già questa è un'anomalia - con un processo pacifico, condiviso e graduale, non per mezzo di una guerra il cui vincitore ha annesso e schiacciato il vinto.
Critiche e riserve non mancano. Ma oggi i cittadini dell'Unione Europea godono dei vantaggi di un mercato unico nel quale sono state realizzate la libera circolazione delle persone, la moneta comune e nel quale sono in vigore elevati standard sociali: un esempio per il mondo intero, che guarda a noi, al nostro sistema di tutele sociali e di libertà, come a un esempio e un sogno.
A questi traguardi si è arrivati grazie alla creazione della Comunità europea del carbone e dell'acciaio e ai Trattati di Roma siglati nel 1957. Questi hanno cambiato definitivamente il corso della nostra storia. Di lì è partito il cammino di pace e democrazia che è dilagato fino a contagiare beneficamente quasi tutto il continente.
La condivisione di parte della sovranità nazionale è stata la vera svolta, il frutto di coraggio e lungimiranza, nel segno della volontà di pace di Paesi che si erano combattuti in due conflitti devastanti. L'unità europea ha neutralizzato i fantasmi della guerra e permesso all'Europa di diventare parte integrante di un sistema di relazioni internazionali governato dalla legalità. La forza del progetto europeo è stata quella di rafforzare, attraverso riforme e trattati, il proprio peso democratico e basare la propria legittimità sulla fiducia accordata dai cittadini, a partire dal livello locale. Di fronte, però, ai dubbi e al rifiuto che questo processo ancora solleva, è fondamentale che le istituzioni rappresentino un progetto di società dinamica e inclusiva, capace di crescere con un modello di sviluppo sostenibile in termini energetici e ambientali. In questo senso, le recenti prese di posizione in materia di cambiamento climatico e politica dell'energia hanno mostrato che l'Ue è oggi
all'avanguardia anche su queste tematiche, un punto di riferimento, un traino mondiale.
Allo stesso tempo l'Unione Europea sta attraversando una fase politicamente delicata, in cui deve affrontare nuove sfide dettate dalla globalizzazione e dalle spinte contrarie al processo di integrazione. Il contesto internazionale acuisce la necessità di un'unione politica che sia all'altezza di quella economica. Il prezzo dell'inerzia è il declino del progetto di un'Europa federale che soltanto unita e politicamente forte è capace di gestire il proprio
futuro e il proprio ruolo sulla scena mondiale. Ma un'Europa più forte non si potrà costruire solo attraverso i negoziati dei governi nazionali e le istituzioni di Bruxelles. In un'Unione ormai composta da 27 Paesi, il metodo comunitario fa fatica a portare avanti i grandi cantieri economici e sociali di cui abbiamo bisogno. Per questo è fondamentale una nuova ondata di democratizzazione politica dell'Unione Europea. L'elezione diretta del Parlamento europeo e il rafforzamento dei suoi poteri, innovazioni democratiche ispirate alle idee federaliste di Altiero Spinelli, hanno accompagnato i progressi economici degli anni 90. Ora, dopo il no francese e olandese alla
Costituzione europea e di fronte all'impasse seguita al processo di ratifica, è importante rilanciare l'Europa sul suo versante politico e democratico.
Taluni hanno creduto che fosse necessario togliere al giudizio dei cittadini le grandi questioni di carattere istituzionale. Al contrario, io penso che quello di cui abbiamo bisogno è un'Europa aperta e trasparente, capace di chiedere democraticamente la fiducia dei propri cittadini. Quando si discuteva a Bruxelles solo di quote latte o di aree per la ripartizione dei fondi strutturali, si poteva forse credere che i cittadini non dovessero esprimersi su questioni considerate tecniche. Ora, al contrario, le istituzioni comunitarie si occupano delle nostre pensioni, di lotta al terrorismo e di riscaldamento del pianeta, di politica energetica e di tutela dei consumatori. Sarebbe opportuno, quindi, chiedere ai cittadini un'opinione sul futuro dell'Europa. Sarebbe auspicabile farlo indicendo un referendum consultivo in contemporanea in tutti i Paesi membri in occasione delle elezioni del Parlamento europeo, chiedendo a quasi 500 milioni di persone di esprimersi. Non nascondo che si possano correre dei rischi a seguire questo cammino, ma è importante che i cittadini e gli Stati europei sappiano chi vuole un'Europa più efficace e più rappresentativa e chi invece preferisce rallentare la macchina dell'integrazione. Dobbiamo riaccendere le passioni che l'integrazione europea ha saputo suscitare nel passato ed essere in grado di parlare alle nuove generazioni, cresciute con la possibilità di viaggiare, studiare e lavorare liberamente in Europa, che forse danno per scontata questa prospettiva e invece potrebbero partecipare e dare ulteriore spinta al processo di rafforzamento. Perché è soprattutto ai giovani cittadini europei, a coloro che tra altri 50 anni nel 2057 si ritroveranno a celebrare i 100 anni di questo patto stipulato a Roma, che dobbiamo augurare di vedere realizzato il «sogno europeo».
* Presidente della Regione Piemonte
Ufficio Presidenza Comitato delle Regioni dell'Unione Europea
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