La Costituzione europea è morta: come volevasi dimostrare

L'esito negativo del Consiglio Europeo era previsto e prevedibile. Invece di una Costituzione l'Europa, che ormai ha molto poco dell'Unione, avrà un Trattato ultraflessibile, in pratica una serie di accordi tra Stati che sanciscono l'interesse nazionale.

24 giugno 2007
Paolo Vernaglione

Spazzata via ogni pur flebile volontà federalista, l'Europa dei governi, delle destre e del pragmatismo liberista di Sarkozy, Blair, Kaczinski, cancella due anni di interlocuzione comunitaria (la pausa di riflessione) e la mobilitazione che almeno dal 2000, con l'approvazione della Carta di Nizza, si era prodotta.
L'accordo impone in pratica ai 450 milioni di cittadine/i europei la signoria dei governi su un Trattato, che poteva essere l'alternativa politica all'Impero statunitense, alla guerra permanente e alla distruzione del diritto internazionale.
Il compromesso sul Trattato, che dovrebbe entrare in vigore nel 2009, dopo la Conferenza intergovernativa, è scritto nelle 150 pagine dell'accordo e prevede:

- un maggior controllo dei parlamenti nazionali sull'Europarlamento (che potrà tuttavia decidere a maggioranza in materie in cui era prevista l'unanimità),

- lo slittamento al 2017 della "doppia maggioranza" che aveva caratterizzato la "migliore" proposta del Trattato Costituzionale,

- il ritorno alla "minoranza di blocco" di cui si avvaranno Gran Bretagna, Polonia, Repubblica Ceca, come Olanda e Francia, in funzione anti-Turchia,

- persino la scomparsa dei "simboli" comunitari (la bandiera, l'inno, la menzione dell'euro come moneta dell'Unione).

E' stato eliminato il riferimento alla correttezza del libero mercato, mentre tutti gli opting out sostenuti da Blair sono stati accolti: niente primato del diritto comunitario su quello nazionale, niente politiche sociali, niente PESC (politica estera e di difesa) che diventa intergovernativa.

Ineviatabile il riferimento (polacco) alla "famiglia".

Rimangono i protocolli sulla sussidiarietà e i servizi pubblici, unici elementi che dovbrebbero garantire una cornice comunitaria ma in realtà saranno agitati in funzione statal-welfarista.
Come si vede è stata seppellita la volontà, espressa in questi anni da un'opinione pubblica che si è mobilitata contro guerra, liberismo e nazionalismi e per la generalizzazione dei diritti, di realizzare un'Europa politica, che avesse personalità giuridica e fosse orientata verso la differenziazione delle fonti energetiche, la ricerca e l'innovazione, la condivisione di saperi e conoscenze.
Un dato è certo: l'accordo di Bruxelles distrugge le spinte dei movimenti e delle sfera pubblica ad una costituzionalizzazione dal basso dell'Europa e ad un federalismo post-nazionale.
La mancata immissione della Carta di Nizza nell'eventuale Trattato costituisce un vulnus che non potrà essere riparato da alcun accordo contingente sui diritti, specie quelli di ultima generazione.
Il Trattato "semplificato" è persino meno del mini-Trattato proposto da Francia e Germania per superare l'empasse del NO al referendum del 2005 e dell' "Europa a due velocità".
Benchè infatti la Merkel abbia tentato un compromesso più avanzato niente ha potuto contro il muro innalzato dai Kaczinski e sostenuto dall' "alleanza atlantica" in Europa.

In questo quadro vale la pena valutare il peso e la portata che lo spirito nazionalista ha avuto, oltre che la svolta a destra dell'Europa negli ultimi due anni e considerare la ricaduta politica del NO referendario di Francia e Olanda, sostenuto dalle "sinistre radicali".
A questo esito i governi non sono pervenuti solo per la bocciatura del Trattato Costituzionale del 2005, tuttavia è indubbio che abbiano cavalcato agevolmente l'onda lunga del NO al referendum.

Quel NO è stato corteggiato e appoggiato, come si ricorderà, da un'opinione comune alle "sinistre europee radicali", alcuni sindacati e parte dei movimenti, che rivendicavano così l'antiliberismo dell'UE e il rifiuto di un' Europa delle elitès.
Risultato: abbiamo oggi una non-Europa delle elitès e degli Stati, un federalismo e politiche sociali sempre più ignorate, più liberismo selvaggio e servaggio alla NATO.

Su questo è bene che le sinistre europee di lotta e di governo riflettano.
Non ci si può coprire dietro un dito, affermando che a Bruxelles si è esaurito il potenziale del NO. Quel potenziale è stato uno dei componenti della miscela che ha portato all'accordo.

Non vale neanche la giustificazione del sostegno al NO con la configurazione liberista dell'Europa nella Terza Parte del Trattato del 2004. Bastava infatti, come parte dei movimenti sociali richiedevano, sostenerne lo stralcio, invece che gettar via il bambino con l'acqua sporca.

Oggi da parte dei movimenti e di un'opinione pubblica europea "avvertita" conviene rimettersi al lavoro per contrastare questo misero accordo e rilanciare un costituzionalismo multilivello che faccia dei diritti il perno su cui ruota una Costituzione europea.
E' però altrettanto urgente mettere grande distanza da posizioni, purtroppo prevalenti nelle sinistre più o meno radicali e di governo, secondo cui qualsiasi Trattato sarebbe liberista.

Non è vero, non è più così, se mai lo è stato, e comunque oggi la partita non si gioca tra due alternative costituzionali, ma tra un'Europa statalista, lavorista, populista e un'altra, plurale, federalista, post-nazionale.

Paolo Vernaglione

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