Questionario ai candidati premier sull'Europa: le risposte di Walter Veltroni
1. Cosa farà il governo da Lei presieduto per arrivare prima dell'inizio della presidenza francese e comunque entro l'anno alla ratifica del trattato di Lisbona, e per rilanciare il processo verso l'unione politica?
Walter Veltroni > La ratifica del trattato di Lisbona è di competenza parlamentare. Se vincero’ le elezioni, il mio Governo proporrà l'avvio dell'iter di ratifica del trattato dal momento stesso della sua costituzione e solleciterà in ogni modo una rapida approvazione parlamentare. Il rilancio del processo di unione politica passa attraverso un rapido avvio dell’ attuazione del nuovo assetto istituzionale dell'Unione,quello previsto dal nuovo trattato, anche per verificarne l'efficacia, e per prospettare gli ulteriori passi che saranno richiesti dalla tutela degli interessi europei in un mondo sempre più integrato.
2. Come intende procedere affinchè il presidente della commissione europea sia scelto tenendo conto dei risultati delle elezioni europee? Ritiene che i partiti europei possano indicare un proprio candidato alla presidenza della commissione europea?
Walter Veltroni > Le procedure che ci siamo dati con il trattato di Lisbona continuano a prevedere che l'interpretazione anche dei risultati elettorali europei resti nella disponibilitá dei capi di stato e di governo e collegialmente del Consiglio europeo. A maggior ragione la loro lettura in termini di designazione del prossimo Presidente della Commissione europea. Io farò la mia parte per far sì che, insieme agli altri capi di governo di maggior fede europeista, la volontà degli elettori europei venga rispettata al massimo. É giusto che i partiti europei facciano sentire la loro voce, ma --ancora una volta-- starà ai capi di governo il tenerne adeguato conto. Se sarò io a rappresentare l'Italia in quel consesso farò ogni sforzo perché anche il giudizio dei partiti europei influenzi il processo decisionale. Naturalmente con la consapevolezza che le famiglie politiche europee sono in movimento per adeguarsi alle trasformazioni della società politica europea e alle sue evoluzioni, come quella rappresentata dal Partito Democratico che rappresento.
3. Come intende procedere affinchè l'Italia abbia un ruolo adeguato nell'elezione del presidente stabile dell'unione e nella nomina dell'alto commissario per la politica estera?
Walter Veltroni > La competizione elettorale italiana, che, come è noto, io avrei molto piú opportunamente vista collocata nel prossimo anno, ha depotenziato l'azione del governo italiano in questi mesi cruciali durante i quali si sono intrecciati contatti intergovernativi e interistituzionali finalizzati all'elezione del Presidente stabile dell'Unione e dell'Alto Commissario per la politica estera. Occorrerà innanzitutto recuperare il tempo perduto e far valere il peso di Paese Fondatore, ruolo che l'Italia ha il dovere di non dimenticare. L'Italia ha sia personalità da proporre, sia potere contrattuale da spendere. I recenti successi internazionali in tema di moratoria ONU sulla pena di morte e di assegnazione a Milano dell'EXPO 2015, ma anche gli impegni di mantenimento della pace sostenuti dal nostro Paese andranno fatti valere al tavolo di designazione. Questo dovrà comunque concludersi con scelte che diano la massima garanzia di impulso al processo europeo nel senso della sua maggior integrazione politica.
4. E' favorevole ad attribuire al parlamento europeo che sarà rinnovato nel 2009 il mandato di elaborare un progetto di costituzione europea? E, in mancanza di accordo unanime fra i ventisette, è favorevole ad eleggere con suffragio diretto un'assemblea ad hoc, fra i paesi che intendano riattivare il processo costituente?
Walter Veltroni > L'Unione Europea farà il balzo necessario verso l'integrazione politica solo quando potrà sostituire i poteri derivati che le provengono da un trattato internazionale con i poteri originali scaturenti da un patto costituzionale.
Occorre che questa esigenza venga fatta propria dalla maggioranza dei cittadini europei e il Parlamento europeo che è la istituzione ad essi piú vicina potrebbe/dovrebbe essere il luogo istituzionale dove maturare la proposta di Costituzione. E’ probabile che sia inevitabile il passaggio attraverso una cooperazione rafforzata degli Stati Membri che intendono riattivare più sollecitamente il processo costituente, stante l’impossibilità di raggiungere l’unanimità su questa decisione. Sono favorevole a che l’Italia partecipi a qualunque esercizio di cooperazione rafforzata in materia e quindi anche, eventualmente, all’elezione con suffragio universale di una assemblea costituente europea. Con l’avvertenza che ogni eventuale passo in questa direzione non produca rotture irreparabili con gli stati membri che non vi dovessero partecipare fin dall’inizio.
5. Cosa ritiene si possa e debba fare da parte italiana per coordinare l'azione degli stati europei membri dell'unione nel consiglio di sicurezza delle nazione unite?
Walter Veltroni > Fin quando non esiste una coerenza di fondo fra quanto discusso a Bruxelles e in altre sedi europee e quanto i rappresentanti dell'UE dichiarano e fanno in seno al Consiglio di Sicurezza, è difficile parlare di credibilità europea. Il problema potrà essere risolto solo quando riusciremo ad accordarci per la creazione di un seggio permanente dell'UE in quanto tale, in aggiunta o meno al posto di quelli attualmente esistenti per Regno Unito e Francia. Nel frattempo occorre continuare a proporre che i titolari di seggio permanente o a rotazione mettano di fatto il loro seggio a disposizione dell’Unione Europea. L’emergere, poi, di nuove potenze sulla scena mondiale, che ci ha spinti con successo a lavorare in sede Onu alla proposta « Uniting for conensus » sbarrando a strada a proposte che ritenevamo contrarie all’interesse della comunità internazionale, e la necessità di tener conto della loro voce dovrebbe aiutare a disegnare uno scenario di presenza europea unitaria. Occorre insomma lavorare perché i membri permanenti Francia e Gran Bretagna si associno a questo processo e che comunque non favoriscano altre presenze europee diverse da quella unitaria della UE.
Per l'Italia questa opzione rimane un obiettivo strategico di fondo. Occorre nel frattempo migliorare di molto i meccanismi europei di preparazione e di valutazione delle riunioni del Consiglio di Sicurezza. L'Alto Rappresentante
oggi e il futuro Vice-Presidente della Commissione domani, dovranno avere un ruolo cruciale, fornendo per ogni riunione una valutazione critica del profilo europeo rappresentato o meno. Questo permetterà di responsabilizzare meglio i paesi UE che siedono nel Consiglio.
6. Cosa farà il Suo governo per l'avanzamento della politica comune della difesa? Ritiene che l'Italia debba promuovere la cooperazione strutturata in materia di difesa? Quale è il Suo giudizio sulla capacità europea in materia di missioni militari e civili per il mantenimento o il ristabilimento della pace nelle aree di tensione?
Walter Veltroni > Il potenziale europeo di difesa è enorme e spesso gli stessi europei non ne sono coscienti. I 27 paesi europei assieme hanno più truppe degli Stati Uniti, hanno una rete di contatti, di logistica, di esperienze che può competere con le maggiori potenze militari. Ma abbiamo una sorta di reticenza morale ad affrontare di petto la questione della difesa europea e del suo posto nel mondo. Eppure l'Europa non può più aspettare. Se perdiamo altro tempo presto avremo, a fianco degli USA, altre grandi potenze militari mondiali, ma non l'Europa. Quindi massimo impegno da parte nostra per affermare una politica di difesa europea. Le proposte che Guy Verhofstadt aveva lanciato a suo tempo durante la presidenza belga rimangono in buona parte d'attualità; bisogna ripartire da lì, anche con cooperazioni rafforzate laddove non sia possibile avere il sostegno di tutti i 27 paesi membri da subito. Non dimentichiamoci che la difesa comune è un po’ “l’ultimo bambino” nato nell’agenda europea e che in pochi anni sono stati comunque enormi i progressi fatti nel coordinamento, nella logistica, nell’adozione di una dottrina strategica europea di sicurezza.
In quanto alle missioni di pace, esse sono una pagina nobile del modo di essere dell'Italia nel mondo. In questi anni le nostre forze armate hanno sviluppato una professionalità a muoversi in aree di crisi che è additata a modello ma è una presenza che comporta rischi altissimi, come tutti sappiamo. E che ha bisogno di basi morali e legali molto solide. Per questo non tutte le missioni sono uguali. L’Italia intende muoversi entro missioni sostenute e richieste dalle organizzazioni internazionali e caratterizzate da un approccio sempre orientato ad affermare pace, cultura di pace, democrazia, dignità umana, sicurezza. La presenza di missioni militari e civili europee per il mantenimento o il ristabilimento della pace nelle aree di tensione è molto spesso apprezzata più di quella americana. La capacità europea di svolgere queste missioni è limitata solo dalle risorse disponibili a loro volta condizionate dalle priorità di bilancio degli stati UE che non hanno ancora del tutto interiorizzato la necessità di dover contare progressivamente sempre meno sulla copertura militare USA sugli scacchieri strategici a noi più vicini.
7. Quali prospettive vede per la missione europea nel Kosovo? Ritiene che, nel rigoroso rispetto delle norme di ammissione, si debba favorire la progressiva adesione all'unione europea di paesi balcanici? Ritiene che l'Italia debba sostenere l'avanzamento dei negoziati per l'adesione della Turchia?
Walter Veltroni > Il riconoscimento non unanime dell’indipendenza del Kosovo non è una delle migliori pagine dell'UE. Probabilmente, data la complessità della situazione sul terreno e il ruolo attivo degli USA, non si poteva fare molto di meglio. Adesso è molto importante recuperare un profilo comune attraverso la partecipazione, condivisa da tutta l'UE, alla missione civile in quella zona. Ma per i Balcani occidentali le missioni militari non sono la panacea di tutti i problemi, tutt'altro. Esse hanno un senso se accompagnate dall'impegno di tutti, compreso quello dei popoli della regione, a lavorare sodo per un'integrazione europea. La porta deve restare aperta, e l'azione europea deve orientarsi ad aiutare il Kosovo come la Serbia e gli altri paesi a mettersi nelle condizioni idonee a un'adesione, e nel tempo più rapido possibile.
L'Unione Europea porta in sé, quasi fosse il talismano di cui è legittimamente orgogliosa, la pace e la stabilità. È una conquista che oggi diamo per scontata ma che non è mai stata scontata, tutt'altro, per millenni nel nostro continente. Ma è una conquista che ha un senso solo se sappiamo condividerla con tutti i nostri vicini.
Con i Balcani occidentali, certo, ma anche con la Turchia. Più aspettiamo, più tergiversiamo, più ad Ankara e nel resto del paese la mancata prospettiva europea sarà percepita con senso di mortificazione, con scoraggiamento.
Possibile che non si colgano quali sforzi siano riusciti a portare a frutto i paesi dell'ex blocco sovietico che sono entrati nell'Unione, avendo una promessa chiara, un calendario sicuro, per la loro adesione? Possibile non cogliere l'opportunità storica di un simile impegno da parte della Turchia, anche sulla questione cipriota, anche sulla questione del genocidio armeno, se venisse messa di fronte a una prospettiva reale di adesione, alle regole poste e accettata da tutti, con un calendario realistico che dia fiducia? Invece si va avanti con messaggi contradditori, tenendo la porta aperta un giorno e minacciando referendum un altro. Senza capire che non si tratta di aprire l'Europa all'Islam, visto che l'islam è già presente in Europa con o senza la Turchia, piaccia o non piaccia, ma di rendere più sicura, più aperta ai civili
commerci, la nostra area vitale.
8. Cosa farà il Suo governo per l'integrazione delle politiche energetiche fra i paesi dell'unione anche in forme di cooperazione rafforzata? E come provvederà all'adeguazione del piano energetico italiano agli obiettivi europei?
Walter Veltroni > Un semplice coordinamento delle politiche nazionali non è sufficiente, in quanto gli Stati membri elaborano le loro politiche in base all’attività di operatori storici e alle pressioni dell’opinione pubblica in merito, ad esempio, all’energia nucleare. L'introduzione nel Trattato di Lisbona di un capitolo "Energia" é la risposta necessaria alle sfide non solo energetiche ma anche del cambiamento climatico, del XXI secolo.
La Comunità ha bisogno di un dibattito che si svolga effettivamente a livello comunitario sulle diverse fonti energetiche, compresi costi e contributi ai cambiamenti climatici affinché possiamo essere certi che, in generale, il mix
energetico scelto dall’UE permetta il raggiungimento degli obiettivi di sicurezza dell’approvvigionamento, della competitività e dello sviluppo sostenibile. Occorre infine stimolare gli investimenti pubblici e privati nelle infrastrutture di produzione e trasporto e accelerare le procedure di autorizzazione. Maggiore l’interconnessione nella rete elettrica europea, minore sarà la necessità di disporre di capacità di riserva e, a lungo andare, minori saranno i costi.
9. Cosa farà il Suo governo per la difesa ambientale in campo europeo, a cominciare dal controllo del cambiamento climatico? E quali saranno a Suo giudizio le ripercussioni sulla condizione economica ed ambientale in Italia?
Walter Veltroni > Il riscaldamento globale è un problema urgente e gravissimo e richiede in tempi stretti un consenso mondiale. Per questo debbono essere da subito avanzate delle proposte di disciplina che avrebbero un carattere di equità e di condivisione superiori a quelle del protocollo di Kyoto. Il primo consenso da avere è quello dei Paesi in via di sviluppo. Per questo motivo propongo che anche questi Paesi abbiano voce in queste discussioni.
Impegniamoci per il programma "20-20-20": raggiungimento del 20% della produzione energetica da fonti rinnovabili, miglioramento del 20% dell'efficienza energetica, cioè la diminuzione delle importazioni, e diminuzione, sempre del 20%, delle emissioni di anidride carbonica. Il tutto entro il 2020.
La Commissione ha mostrato come sia possibile risparmiare fino al 20% dei consumi energetici in Europa: ciò equivarrebbe ad un risparmio pari a 60 miliardi di euro sull’energia e contribuirebbe in modo significativo a
garantire la sicurezza energetica e a creare fino a un milione di nuovi posti di lavoro nei settori direttamente interessati.
10. Ritiene che gli investimenti di scala europea per infrastrutture, energia, ambiente, ricerca siano finanziabili con emissioni di eurobond?
Walter Veltroni > Al di là delle tecnicalità, il ricorso agli eurobond rappresenterebbe la piena assunzione UE della responsabilità anche finanziaria degli investimenti infrastrutturali, energetici, ambientali e di ricerca di scala europea. E’ un atteggiamento che l’Italia deve favorire, ma che difficilmente maturerà in questo periodo di instabilità sui mercati finanziari globali. Questo non significa che non si debba utilizzare ogni spazio operativo concesso dal trattato per sollecitare ---come è possibile, per es. per le reti trans-europee di trasporto a’ sensi dell’art. 155 — un maggior coordinamento da parte della Commissione anche delle politiche di finanziamento delle reti infrastrutturali e degli altri investimenti strategici. L’UE ha poi un grande spazio da colmare, creando le condizioni normative armonizzate che consentano un maggior ricorso al mercato dei capitali per il finanziamento delle infrastrutture tradizionalmente a carico dei soli bilanci pubblici, con le varie forme di PPP (Partnership Pubblico Privato). Un’ulteriore area di responsabilità UE utile al finanziamento degli investimenti strategici riguarda la contabilizzazione degli esborsi pubblici relativi; essa va regolata in modo non punitivo degli stati membri che, come l’Italia, devono affrontare un grande programma di investimenti pubblici e contemporaneamente far diminuire il peso del debito pubblico sul PIL.
11. Ritiene che l'Italia possa e debba recuperare i ritardi nella partecipazione alle grandi reti di comunicazione continentale, in primo luogo l'alta velocità ferroviaria fra Torino e Lione?
Walter Veltroni > L’Italia ha un interesse strategico al completamento delle reti transeuropee di trasporto. E’ attraverso le TEN-T che l’Italia puo' finalmente organizzare il superamento sostenibile delle alpi (Frejus, Gottardo, Loetschberg e Brennero), mantenere la competitività delle relazioni europee est-ovest a sud delle Alpi rispetto a quelle che corrono a nord delle stesse, e inserire l’Italia e i suoi porti nel sistema di alimentazione, da Sud, dell’Europa per le merci provenienti dall’estremo oriente, dal Brasile e dal Sudafrica. L’Italia deve rispettare l’impegno a completare entro il 2020 le tratte di competenza nazionale dei progetti prioritari 1 (Brennero-Palermo), 6 (Frejus-Torino-Trieste-Divaccia) e 24 (Genova-confine svizzero) più le autostrade del mare tirrene e adriatiche. La realizzazione dell’alta velocità-alta capacità Torino-Lione è assurta a valore di simbolo; è attorno ad essa che il Partito Democratico ha distinto le sue responsabilità realizzative da quelle di blocco della sinistra radicale. La Torino-Lione è uno dei primi punti dai quali, se guidero’ il governo, dimostrero’ la volontà/capacità di uscire dalle sabbie mobili che hanno impedito l’adeguamento infrastrutturale del Paese negli ultimi vent’anni.
12. Quali fra gli obiettivi dell'agenda di Lisbona richiedono a Suo giudizio un recupero della posizione italiana nelle graduatorie?
Walter Veltroni > Il pacchetto odierno sul rilancio della Strategia di Lisbona risponde all'esigenza di un'azione europea per far fronte alle incertezze sempre più accentuate che caratterizzano l'economia globale, nonché alla necessità di considerare ancora più prioritarie questioni come la dimensione sociale, l'istruzione e le competenze, le tecnologie dell'informazione e della comunicazione, la flessicurezza, l'energia e i cambiamenti climatici".
L'Italia dovrebbe concentrarsi sui seguenti obiettivi:
- aumentare gli investimenti nella R&S e renderla più efficace poiché, nonostante gli sviluppi strategici positivi, si deve dar prova di maggiore impegno per raggiungere il traguardo 2010 e migliorare l'efficienza della spesa pubblica;
- moltiplicare gli sforzi per raggiungere gli obiettivi in termini di riduzione delle emissioni di CO2;
- migliorare qualitativamente la regolamentazione attraverso il rafforzamento e la piena attuazione del sistema di valutazione d'impatto, specialmente per le PMI;
- potenziare le strutture per l'infanzia onde conciliare vita professionale e vita familiare e incentivare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro;
- definire una strategia coerente per l'invecchiamento attivo per aumentare l'occupazione a livello dei lavoratori più anziani e migliorare l'adeguatezza delle pensioni.
13. Quale ruolo l'Italia deve rivendicare nella politica europea verso il mediterraneo? E nella definizione e attuazione di una politica comune per risolvere la crisi medioorientale?
Walter Veltroni > Il Mediterraneo resta mare nostrum ! Non c’è da rivendicare ma attuare una politica economica, sociale, immigratoria, culturale etc. sia diretta del nostro Paese, sia attraverso gli strumenti comunitari del processo di Barcellona, sia affiancando lo sforzo francese di dare una maggior autonomia anche organizzativa alla cooperazione euromediterranea. La costa nordafricana, con i Balcani, il mar Nero anche verso il Caspio e l’area caucasica costituiscono aree naturali di interazione con l’Italia che il nostro Paese ha il diritto e l’obbligo di esercitare. Non a caso, nel programma del PD, abbiamo parlato di questo mare come del possibile hub mondiale del XXI secolo.
- Le risposte di Fausto Bertinotti
http://www.peacelink.it/europace/a/25740.html
- L'Europa nei programmi elettorali
http://www.peacelink.it/europace/a/25734.html
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