La nuova sinistra, l'Europa e il mondo
La società contemporanea sta vivendo una fase di rapida trasformazione sotto la spinta di una drammatica crisi economico-finanziaria, di una altrettanto grave crisi energetica e dei tragici effetti delle devastazioni ambientali. Il credo liberista che ha dominato negli ultimi venti-trenta anni è stato rinnegato perfino dai suoi più convinti sostenitori e gli intellettuali sono tornati perciò a riflettere sulla necessità di ridefinire il nostro modello di sviluppo. La crisi del 2008 rappresenta infatti qualcosa di simile a ciò che hanno vissuto i paesi del socialismo reale con la caduta del muro di Berlino, con una società non più capace di fornire risposte adeguate ai bisogni dei cittadini.
Come ogni altro periodo di transizione anche quello che noi oggi stiamo attraversando è denso di incognite e non è facile fare previsioni per il futuro. Nessuno meglio del sociologo Bauman è stato sinora capace di cogliere il senso di incertezza che caratterizza questa fase storica e le paure che si vanno diffondendo tra le persone. Ma il momento dell'analisi deve necessariamente essere accompagnato dal momento della prescrizione, cioè della proposta politica, e qui, naturalmente, le strade tornano a dividersi tra intellettuali di diverso orientamento ideologico. Restano però alcuni punti fermi, largamente condivisi: la rivalutazione del ruolo dello Stato, o se vogliamo della politica, nell'ambito del sistema economico nazionale e internazionale; la necessità di riproporre politiche redistributive della ricchezza, dato che la crescente sperequazione
tra classi ha di fatto paralizzato il mercato; l'urgenza di porre fine a un modello di sviluppo basato sul mero profitto e che ha implicato un sistematico saccheggio delle risorse del pianeta, devastato i paesaggi, prodotto inquinamento e perfino mutamenti climatici; la consapevolezza che lo Stato nazionale rappresenta uno spazio troppo
limitato per risolvere la maggior parte dei problemi.
In questo dibattito politico culturale la sinistra deve tornare a far sentire la sua voce, uscendo dal torpore degli ultimi decenni e dalla sindrome dell'89. Nel suo sistema di valori e nel suo patrimonio intellettuale si possono infatti rintracciare le risposte migliori
alla crisi attuale, a cominciare proprio da Marx che negli ultimi anni è stato riscoperto come primo teorico della globalizzazione. Di questo avviso non sono più solo intellettuali di fede socialista o comunista, ma anche insospettabili economisti come Joseph Stiglitz che qualche mese fa ha pubblicato su "la Repubblica" un articolo significativamente intitolato "Per tornare a crescere ora serve più sinistra".
* * *
La crisi internazionale risulta ancora più grave nel contesto italiano per una serie di fattori specifici. In primo luogo per la drammatica perdita di potere d'acquisto dei salari e delle pensioni, iniziata oltre vent'anni fa con l'abolizione della scala mobile, stipendi che ormai non sono più in grado di assicurare ai lavoratori dipendenti un adeguato livello di benessere; quindi a causa della precarizzazione dei rapporti di lavoro, con il relativo impoverimento di un'intera generazione di giovani, quelli oggi compresi tra i venti e i quarant'anni; infine per la mancanza di investimenti nella scuola, nell'università e nella ricerca, che non permettono più al nostro Paese di seguire la strada dell'innovazione, la strada migliore per competere sul mercato internazionale.
A ciò si aggiunga la presenza di un governo presieduto da Silvio Berlusconi, che per parecchi mesi ha cercato di nascondere all'opinione pubblica la serietà della crisi, ostentando un incosciente ottimismo. Come nel 1994 e nel 2001, durante le sue
precedenti esperienze di governo, egli ha riproposto vecchie ricette liberiste per risanare i conti dello Stato, comprimendo ulteriormente i salari e tagliando la spesa pubblica per garantire i privilegi delle classi dominanti. Una volta si diceva che la Democrazia cristiana faceva gli interessi dei ceti privilegiati, ora è addirittura l'uomo più ricco d'Italia a governare direttamente in nome di quegli stessi interessi. Le attestazioni di stima nei confronti di Obama, deciso ad aumentare le tasse sui redditi più elevati, non si traducono di fatto in nessuna revisione di politica economica, e la recente istituzione della "social card" si configura più come misura caritatevole che non
come il segno di una reale svolta.
La politica classista di Berlusconi può funzionare solo grazie al controllo di un immenso apparato propagandistico, che ha il suo fulcro in un vero impero mediatico e si fonda su giornalisti alle sue dirette dipendenze, cui dovrebbe seguire un crescente controllo della magistratura e la progressiva sottomissione di ogni altro organo di potere indipendente. Di qui i pericoli per la nostra stessa democrazia, con uno svuotamento di significato del concetto stesso di "sovranità popolare". In quest'ottica la volontà di emendare profondamente la Costituzione italiana, il frutto più duraturo della Resistenza italiana, assume una valenza inquietante.
Il problema italiano consiste però anche nel fatto che il berlusconismo è diventato "senso comune", e in quanto tale è via via penetrato a fondo nella coscienza delle persone e del paese. Questo potrebbe ad esempio spiegare il perché di un opposizione parlamentare così debole, incapace, almeno per quanto concerne il Pd, di criticare puntualmente i provvedimenti del governo, di denunciarne gli effetti più nefasti. L'anticomunismo, l'antiegualitarismo, l'insofferenza verso gli statali fannulloni", l'accondiscendenza verso Confindustria, la sudditanza nei confronti della Chiesa, sono infatti diventati patrimonio comune del Pdl e del Pd. Lo spostamento al Centro del partito di Veltroni è stato così evidente da spingere Di Pietro su posizioni più radicali per provare a intercettare lo scontento dei delusi: questa operazione è in parte riuscita nelle recenti elezioni abruzzesi, dove però hanno pesato anche specifici fattori locali. Ma Di Pietro non è un uomo di sinistra, né per cultura, né per provenienza politica, né per quanto dimostrato nel suo recente passato.
* * *
Di qui la necessità di ricostruire una Sinistra in Italia, per ridare una casa comune a quanti si riconoscono nei suoi valori, nella sua storia, nei suoi ideali di pace, libertà e giustizia sociale. Bisogna farlo bene, recuperando il meglio delle culture politiche della
sinistra italiana (socialista, comunista, ambientalista, ma anche quelle che fanno riferimento al mondo del femminismo, dell'"altromondismo" e dell'associazionismo), ritrovando tutti quei compagni che in questi anni hanno militato non solo nei partiti della sinistra, ma anche nel sindacato e nel mondo del volontariato, nonché aprendosi realmente verso quella "sinistra diffusa" rimasta sino ad oggi ai margini della vita politica. Bisogna farlo presto perché i disoccupati, i precari, i pensionati, e più in generale tutti coloro che oggi stanno vivendo in una situazione di disagio non possono
aspettare a lungo e sicuramente non apprezzano i tatticismi dei "politicanti".
La nuova formazione della sinistra deve ripartire dal basso, per evitare gli errori della Sinistra arcobaleno, che risultava una pura sommatoria di partiti aggregatisi per una semplice ragione elettorale. Com'è noto quell'operazione non convinse gli elettori e pertanto oggi non si può riproporre allo stesso modo. La novità può essere rappresentata solo da un vero coinvolgimento della base a tutti i livelli e in ogni ambito, e instaurando un dialogo permanente che sicuramente darà i suoi frutti nel tempo.
La nuova sinistra deve fondere in qualcosa di originale le culture politiche della sinistra, aggiornandole alle esigenze di una società in continua trasformazione, ma senza mai rinnegare le pagine migliori della propria storia. In questo consiste in primo luogo la sua differenza rispetto a una sinistra meramente identitaria, che partendo da premesse condivisibili sta tuttavia portando all'isolamento politico la componente comunista nel nostro paese. Crediamo però sia importante per la Sinistra sciogliere quanto prima il dubbio se essere un nuovo partito o un cartello elettorale: l'ideale sarebbe essere un partito aperto, capace di dialogare con tutta la sinistra e in
prospettiva dar vita ad aggregazioni più ampie per poter difendere meglio gli interessi dei lavoratori.
Soprattutto la nuova sinistra deve elaborare un programma chiaro, nel nome del quale andare a chiedere il sostegno dei cittadini. Deve cioè fornire risposte convincenti in politica interna, economica, sociale ed estera, ponendosi obiettivi di breve, medio e lungo periodo; deve inoltre recuperare il tema della questione morale, in un momento in cui scandali e corruzione stanno coinvolgendo diversi amministratori di centro-sinistra, così come il discorso sulla laicità dello Stato e la sua centralità nel corretto funzionamento delle istituzioni democratiche, oltre a indicare con chiarezza la sua collocazione in Europa, non solo in vista della scadenza elettorale del giugno 2009 ma
come scelta strategica. Su questo terreno si può contrastare efficacemente anche quel pericoloso "virus" dell'antipolitica e del qualunquismo che ha guadagnato progressivamente spazio in Italia, come mostra il successo di alcune iniziative di Beppe Grillo.
* * *
Molti problemi del nostro tempo hanno, infatti, un carattere sovranazionale e solo a tale livello possono trovare una soluzione. Pertanto occorre sostenere il progetto di unità politica del continente europeo, dato che l'Europa è lo spazio minimo di lotta e rivendicazione di diritti cosmopoliti e perché l'Europa può costituire l'alternativa a un processo di globalizzazione senza regole, nonché lo strumento privilegiato per affermare un mondo basato su democrazia, giustizia sociale, pace e diritti senza confini. La nuova sinistra deve saper coniugare l'impegno locale con l'identificazione di una chiara strategia globale. Per questo motivo lavorerà attivamente per la costruzione della democrazia europea e mondiale.
A livello europeo l'impegno della sinistra sarà rivolto al rilancio del processo costituente per superare i limiti del Trattato di Lisbona su basi democratiche e con la partecipazione attiva e consapevole dei cittadini europei. I governi nazionali non hanno sciolto alcuni nodi essenziali per dare all'UE un governo democratico e una Costituzione federale e, anche, per questo motivo, sono stati puniti dai referendum in Francia, Olanda ed Irlanda. Occorre completare il processo di integrazione, cominciato subito dopo la fine della seconda guerra mondiale, superando la sovranità nazionale con la creazione di un'Europa federale, basata sul valore della pace, che includa il
ripudio della guerra come strumento di risoluzione delle controversie internazionali e definisca la cittadinanza europea in base alla residenza e non più sul concetto esclusivo della nazionalità che esclude milioni di persone che vivono e lavorano nel nostro continente. Un'Europa federale può contribuire a una diversa gestione della sicurezza e della pace nel mondo favorendo il passaggio dall'unilateralismo USA al multilateralismo in modo che tutte le aree del mondo, nessuna esclusa, possano confrontarsi all'interno di nuove istituzioni internazionali democratiche e decidere congiuntamente sulla gestione dei beni pubblici mondiali.
A livello mondiale l'impegno sarà rivolto all'affermazione di un sistema multipolare, che deve essere cooperativo e senza egemonie, affinché le Nazioni Unite possano assumere il ruolo di governo del mondo. Occorre rafforzare e democratizzare l'ONU e l'insieme delle organizzazioni internazionali per potere affrontare in modo sempre più
efficace i problemi della sicurezza (disarmo, polizia internazionale, globalizzazione dei diritti), del governo della globalizzazione economica e sociale (nuova Bretton Woods) e della salvaguardia ecologica del pianeta (Organizzazione mondiale per l'ambiente).
Come afferma il sociologo tedesco Zygmunt Bauman "Lo Stato sociale è finito, è ora di costruire il Pianeta sociale. Solo così si potrà uscire dalla crisi globale che il mondo contemporaneo sta vivendo. La politica deve avere la forza di reinventarsi su scala planetaria per affrontare l´emergenza ambientale o il divario crescente tra ricchi e
poveri. Altrimenti è condannata alla marginalità in una dimensione locale, con strumenti obsoleti adatti a un mondo che non esiste più".
La sinistra ha una grande responsabilità e una grande opportunità. La responsabilità di costruire il "Pianeta sociale" e l'opportunità di cogliere appieno la prospettiva di integrazione politica del continente europeo come progetto alternativo al neoliberismo che si è infranto nel muro di Wall Street e offrire ai giovani una speranza per
il futuro. Dando loro un sogno per il quale valga la pena impegnarsi in prima persona.
http://www.peacelink.it/europace/a/27048.html
Articoli correlati
- UNIMONDO Editoriale:
PeaceLink e Unimondo - Un' "Agenda" per trasformare il mondo
5 novembre 2016 - Laura Tussi Tom Benetollo, dieci anni dopo il lampadiere illumina ancora il nostro cammino
Il 20 giugno 2004, il giorno dopo un incontro convocato da Il Manifesto durante il quale ebbe un malore, ci lasciava il Presidente Nazionale dell'Arci18 giugno 2014 - Alessio Di Florio- Su A-Rivista Anarchica n. 390 giugno 2014 è pubblicata la Recensione:
Guido Viale, VIRTU’ che CAMBIANO IL MONDO. PARTECIPAZIONE e CONFLITTO per i BENI COMUNI, Feltrinelli 2013
10 giugno 2014 - Laura Tussi - Per uscire dalla crisi economica e creare occupazione basterebbe investire in welfare quello che oggi si spende per le spese militari.
Nani di Carta e Giganti d'Argilla
Per quanto ancora quei nani, che travisano i fatti e mischiano le carte sul tavolo della politica, ignoreranno la volontà delle masse per far prosperare gli affari di quei giganti di argilla che li proteggono ma che, con i primi temporali, inevitabilmente torneranno fango?20 gennaio 2012 - Ernesto Celestini
Commenti
Inserisci il tuo commento