Identità europea: tra mito e realtà. Secondo incontro del Gruppo Spinelli

24 marzo 2011
Alessandro Zunino

Spinelli Group

Martedì 15 marzo si è tenuto il secondo incontro del Gruppo Spinelli e il tema del dibattito, a cui hanno partecipato Ulrich Beck e Amin Maalouf , è stata l’identità europea. Beck ha indivduato nel modo in cui è stato affrontato questo tema un abuso che ha causato rigetto nei cittadini europei. L’Europa è accusata di molte cose e una è che viene eccessivamente presa come oggetto di discussione per la sua identità, serve un modo nuovo di affrontare la questione.

In un discorso del genere bisogna cercare di superare le frontiere per vedere come gli
altri ci considerano, creare un confronto ma sempre sforzandoci di considerarci concittadini degli altri essere umani, sconfiggere la convinzione istintiva che ci rende prigionieri dell’idea del nostro stato perché dentro di noi supponiamo che l’umanità sia naturalmente divisa in stati. Ovviamente c’è contrapposizione fra gli stati. Ci sono dualismi che sono insiti nella nostra mente ma non possiamo capire l’Europa da un punto di vista nazionale. Beck ha quindi riportato alcuni risultati della ricerca che ha effettuato per “L’Europa cosmopolita”. Nel libro l’autore ha cercato di capire se si potesse toccare l’Europa nel quotidiano. Ha infatti studiato il numero di famiglie europee (miste) e altri elementi di aggregazione, dati molto difficili da studiare. Il
risultato del lavoro è che non siamo capaci di dire questa è l’Europa, viviamo infatti in un periodo cosmopolizzato. Abbiamo bisogno di esempi per comprendere la situazione, parliamo di un rene. La situazione è che mentre parliamo di bioetica c’è gente che nel 2011 non si fa scrupoli a vendere un organo per denaro, questo per dire com è la situazione. Nancy Sheper-Hughes ha spiegato che gli esclusi, le prostitute, gli extracomunitari sono donatori naturali perché la realtà odierna offre questo. C’è un commerciodi organi che non è mai stato sconfitto, siamo in una società che è schiava di queste logiche e rendono le persone anonime, sole. Ci sono troppe discriminazioni, troppi poveri al mondo.

Ci sono realtà dove la gente è ridotta a questo, basti pensare a quello che succede nelle favelas brasiliane, per esempio. Quello che ognuno di noi può fare per combattere tutto questo è pensare di essere un’unica entità con l’umanità, e quindi sconfiggere l’esclusione, il male del nostro tempo. Non possiamo ignorare il nostro vicino. Dobbiamo cambiare la nostra società per vivere in una in cui non venga ignorato il prossimo e per fare questo abbiamo davanti tre possibilità: il negazionismo o il rifiuto, l’apatia oppure puntare sul cambiamento. Il negare è la soluzione più seguita dai politici e questo ha dei rischi, basti pensare a Giappone e Africa del nord. Dobbiamo cercare la nostra mentalità, siamo infatti convinti di poter prevedere tutto, poter istituzionalizzare le crisi come nel 19esimo e nel 20esimo secolo ma siamo oggi
davanti a una realtà completamente nuova. La situazione in queste due aree geografiche non era prevedibile. Come possiamo reagire come esseri umani e
cittadini a una crisi del genere? Come inseriamo l’Europa in questo scenario? Le
soluzioni immaginabili sono due: creare uno stato federale oppure un metodo di
governo europeo ingovernativo ma entrambe le soluzioni sono inadeguate. Il problema della federazione europea è che può essere vista come un autocolonialismo e uno stato così non può essere voluto dai cittadini. Dobbiamo però renderci conto che l’Europa non è solamente accanto a noi ma è dentro di noi, è una parte imprescindibile delle politiche nazionali. I nazionalisti pensano che l’Unione sia un nemico ma l’UE ha una forza che nessuno le può contestare, può infatti scambiare politiche nazionali in azioni concrete.

È importante trasmettere l’idea che l’Europa non deve essere concepita come un superstato ma come un progetto cosmopolita, può ergersi dalle rovine delle nazioni. Per tanto tempo il progresso di integrazione europea è andato avanti riuscendo a cancellare i contrasti, deve proseguire sulla strada della cosmopolitizzazione, è l’unica soluzione. Bisogna agire su diversi livelli per generare il senso di appartenenza all’Europa. Si tratta di cerchi concentrici che non si escludono a vicenda ma si completano e dobbiamo cercare di integrare questi livelli.

Amin Maalouf ha detto di condividere le idee e i timori del Gruppo Spinelli. Ha dichiarato che l’Unione Europea è uno dei più grandi progetti del nostro tempo. Ha paragonato quanto è successo in Europa e Medio Oriente, sua terra di origine e ha indicato in quello che hanno fatto gli Europei la via della saggezza.

L’Europa è oggi un laboratorio, un laboratorio come non se ne è mai visti nella storia dell’umanità, è riuscita a gestire le sue differenze e a trasformare il suo passato coloniale imperialista in un grande esperimento di democrazia. Maalouf ha detto che in 35 anni ha visto progressi entusiasmanti ma purtroppo un affievolimento negli ultimi anni, soprattutto dopo la caduta del muro. L’Europa deve trovare oggi il coraggio di fare l’ultimo più grande sforzo della sua millenaria storia di civiltà e diventare finalmente una federazione. Una volta Europa era una parola magica, oggi si parla sempre di più invece di politica nazionale e non si vedono obiettivi ambiziosi all’orizzonte. Il motivo del disinganno che la circonda è che i governi danno sempre la colpa dell’Europa, l’impressione oggi è che l’Europa non sia più un traguardo ma una realtà fredda contro la quale il cittadino deve munirsi per difendere i propri diritti,
soprattutto sociali davanti a un liberismo assassino. Un altro grave problema è che non siamo stati attenti alla costruzione di un’appartenenza all’Europa.

L’uomo ha sempre determinato la sua identità in opposizione all’altro con
discriminanti quali la religione o la lingua, oltre a questo atteggiamento c’è n’è però un altro per cui tutto ciò che l’uomo è lo rende unico al mondo.

Invece di diventare esclusione questo atteggiamento favorisce l’inclusione. C’è però oggi in Europa la tendenza a considerare preponderante tutto ciò che ci dice che l’altro è diverso, come la lingua o il colore della pelle. L’identità europea è difficile da definire ma non possiamo non discuterne. Un’idea difficile da definire viene definita con l’opposizione dell’altro: Cina, Africa,…e ci porta a tratteggiarne i contorni.

L’identità dell’Europa non è stata scritta ma non è una pagina bianca. È il risultato delle identità precedenti e tutti gli europei devono riconoscersi in questo patriottismo e le generazioni successive avranno il diritto di concorrere a definirla in prima persona. Gli immigrati in primis devono percepire un sentimento di accoglienza, così che possano sentire il desiderio di arricchire e di proteggere il nostro territiorio ma anche la possibilità di portare il loro contributo. Senza di questo l’idea d’Europa perderebbe il suo senso e ciò dipende dai valori comuni ai quali tutti dovrebbero aderire. Non bisogna però abbandonarsi al relativismo.

Dobbiamo difendere tutti i diritti e la diversità delle espressioni culturali ma sui valori, a partire da quello di democrazia per cui si è sparso tanto sangue europeo, non si può transigere. Attraverso la costruzione europea abbiamo avviato un cantiere per fondare la nostra casa comune. Abbiamo iniziato ma l’errore è stato pensare che il sentimento di appartenenza sarebbe andato avanti da solo. È chiaro che il sentimento avrebbe dovuto diventare motore della nostra Europa, bisogna ora sviluppare un sentimento di appartenenza all’Europa che non deve sostituirne altri. Se fin dall’inizio avessimo messo l’Europa nel percorso federalista ci saremmo trovati ora nella situazione degli USA. Le tredici colonie avevano certo più somiglianze e uscivano da una guerra contro una potenza coloniale ma costruendo la base tutto si sarebbe sviluppato pian piano.

In Europa invece abbiamo lasciato da parte lo stato federaledi Hamilton e quindi non abbiamo permesso lo sviluppo di un percorso logico. è giunto il momento di farlo. Dobbiamo far sì che l’Europa abbia un’identità e avviare a questo fine un’iniziativa pedagogica forte.

La deputata Isabelle Durant, che ha svolto il ruolo di mediatrice nel dibattito si è detta stupita da quanto accaduto in Nordafrica e ha detto che con quello che è successo sono stati sconfessati coloro che pensavano che in Africa questi valori non fossero considerati importanti quanto in Europa. Ha invitato quindi i due relatori ad approfondire la questione.

Maalouf ha risposto che è difficile parlare di questa questione perché è vasta e negli ultimi due mesi anch’egli è rimasto sconvolto da quello che è successo in Libia, soprattutto dal fatto che l’occidente non è stato risoluto nel difendere la democrazia, Gheddafi ha infatti ripreso il controllo di gran parte paese con delle stragi. Ha detto di pensare che ci sia stato cinismo da parte delle potenze che subito hanno appoggiato il movimento e poi non si sono volute sbilanciare. La gente scende in strada e chiede i propri diritti in modo perfino superiore a quanto hanno fatto altri popoli ma la reazione occidentale è stata: “ma Gheddafi bloccava l’afflusso di clandestini, ora cosa accadrà?”.

Quando si vuol fare la guerra o non la si vuol fare si alimentano pretesti e riguardo alla
situazione libica è stato detto che ci sarebbe stata una crisi economica se fossero venute a mancare risorse energetiche garantite dai regimi.

Beck ha detto di non sapere se l’azione militare sia quella giusta. L’identità cosmopolita è qualcosa che ci porta ad essere preoccupati dalla situazione che sta vivendo la Libia ma come Europa non abbiamo preso posizione intellettuale o politica, ci troviamo davanti un nemico e non sappiamo reagire. È vero che in Africa c’era mancanza di democrazia ma la democrazia così com’è oggi è zoppicante. Non può essere identificata con il voto, Le giovani generazioni devono reinventarla per renderla adatta al nostro tempo. Dobbiamo cercare di dare un’ottica europea al nostro lavoro quotidiano, una tendenza che pian piano deve essere fatta propria da tutti. I cambiamenti che stanno subendo i paesi nordafricani non possono escludere una nuova realtà politica che includa noi e loro, dobbiamo cominciare a ripensare i rapporti fra Europa e Mediterraneo.

Daniel Cohn Bendit, concludendo il dibattito, ha ricordato che il Parlamento Europeo ha votato una risoluzione che creava una no fly-zone e aiuti umanitari ma nessun parlamento ha colto. I liberali tedeschi o i verdi, per esempio, che hanno votato a favore hanno poi trovato poi una condanna delle loro decisioni da parte dei parlamenti nazionali, c’è quindi, purtroppo, uno scarto fra livello nazionale e europeo.

Note: Il Gruppo Spinelli
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