Superare la crisi con gli Stati Uniti d'Europa
E' evidente che in gioco non c'è solo l'emissione di Eurobond e di Unionbond ma qualcosa di più importante: la cessione della sovranità degli stati nazionali in campo economico e fiscale. Una sovranità che dal punto di vista sostanziale gli stati nazionali hanno già perso da diverso tempo a vantaggio di altri attori globali (come le agenzie di rating e le multinazionali) ma dal punto di formale è ancora nelle loro mani. Si tratta ora di decidere un passaggio importante indicando l'obiettivo finale della costruzione europea ed è, per questo, che ci troviamo davanti a forti resistenze da parte delle classi politiche nazionali e ai ritardi decisionali degli ultimi incontri tra i leader europei. La crisi ha messo a nudo l'insussistenza di una moneta europea che non poggia su un governo europeo democratico e federale in campo economico e fiscale.
Il nuovo think tank Conseil pour le futur de l’Europe - che raggruppa personalità come l’ex presidente della Commissione europea Jacques Delors, l’economista Nouriel Roubini e il premio Nobel per l’economia Joseph Stiglitz, oltre agli ex leader britannico, tedesco, spagnolo e belga, Tony Blair, Gerhard Schröder, Felipe Gonzalez e Guy Verhofstadt – ha pubblicato un manifesto dove si legge che “sarà necessario concepire una visione di un federalismo che va aldilà di un mandato sull’economia e la fiscalità per includere le politiche di sicurezza, energetiche, climatiche, d’immigrazione e di politica estera comune oltreché sviluppare un discorso comune sul futuro dell’unione e del suo ruolo nel mondo”. L’eurodeputato Andrew Duff, presidente dell'Unione Europea dei Federalisti, ha appena pubblicato un pamphlet (1) intitolato “Federal Union now” nel quale afferma che “l'Ue deve compiere un passo decisivo verso un governo economico federale con politiche fiscali e un budget più ampio se si vuole salvare l'Euro. Salvare l'Euro è la precondizione per la ricostruzione economica di tutta l'Europa. Dunque una profonda revisione dei trattati europei non può essere più evitata”.
Quindi la soluzione sembrerebbe tanto semplice, quanto difficile da attuare, e passa per il superamento del trattato di Lisbona che ha visto la luce solo nel 2009 dopo un parto assai travagliato stretto tra interessi e visioni molto diverse sulle finalità del progetto europeo. Un trattato che a pochi mesi dalla sua introduzione viene considerato già obsoleto e alla prova dei fatti è risultato incapace di fornire all'Ue gli strumenti per agire nel contesto di un'economia globalizzata.
Vediamo ora le posizioni federaliste nei paesi chiave dell'Unione europa e il possibile ruolo del Parlamento europeo e dei cittadini europei per superare la crisi e il deficit di democrazia delle istituzioni europee.
La svolta tedesca per un’Europa federale
Le intemperanze delle borse internazionali e la subalternità dei poteri politici nazionali stanno facendo emergere in tutta Europa ed, in particolare, nella classe politica tedesca quella che rappresenta l'unica soluzione per superare la crisi che sta attraversando il Vecchio continente: la federazione europea. La pausa di riflessione dopo il vertice franco tedesco del 16 agosto ha visto un cambio di passo evidenziato da diverse posizioni pubbliche di importanti uomini politici tedeschi anche di governo a favore di un’Europa federale. Il fronte sovranista e nazionalista sta cedendo, passo dopo passo, di fronte all'allargamento della crisi dei debiti sovrani. In Germania autorevoli uomini politici in carica o meno si stanno apparentemente accorgendo che la crisi dei paesi del sud Europa e la situazione economica tedesca sono due facce della stessa medaglia. Questa visione viene coadiuvata dal risultato delle ultime elezioni regionali dei lander tedeschi che mostra come i partiti euroscettici (FDP, CSU, CDU) perdano terreno a vantaggio di quelli chiaramente europeisti, come i Verdi e i socialdemocratici. Il fronte granitico antifederalista del governo tedesco si sta sgretolando sotto i colpi della crisi che fa aprire gli occhi anche agli interpreti più risoluti delle posizioni nazionaliste. Tutte queste motivazioni stanno spingendo i politici tedeschi a ripensare il ruolo della Germania per la costruzione dell’unità europea e gli obiettivi di quest’ultima.
Ursula von der Leyen, ministro tedesco del Lavoro e vicepresidente della CDU, ha affermato sul settimanale Der Spiegel che il suo obiettivo sono gli Stati Uniti d'Europa, sul modello di altri Stati federali come la Svizzera, la Germania o gli Stati Uniti. A suo parere questa è l'unica soluzione per superare le differenze economiche che dividono i governi europei. La ministra prosegue dicendo che la moneta comune non è sufficiente ad affrontare la concorrenza globale e che l'unione politica europea permetterà di integrare definitivamente le politiche finanziarie, fiscali ed economiche lasciando finalmente esprimere la grande forza rappresentata da un'Europa unita. Sarà un cammino lungo ma ce la possiamo fare.
L'ex cancelliere socialdemocratico Gerhard Schröder, al potere fino al 2005, sostiene un'Europa federale per uscire dalla crisi del debito sovrano che affligge i paesi dell'eurozona. Nella situazione attuale – continua l'ex leader – bisogna lottare contro la tendenza alle rinazionalizzazioni e costruire un vero governo economico della zona Euro, con la creazione di eurobonds. Questi trasferimenti di sovranità nazionale dovranno essere accompagnati da nuovi poteri del Parlamento europeo e un accresciuto coordinamento delle politiche economiche con un ruolo centrale giocato dalla Commissione europea. Nei giorni scorsi Schröeder ha incontrato a Brussels altri ex-leader e, in un appello comune del think tank Conseil pour le futur de l’Europe finanziato dal miliardario Nicolas Berggruen, ha sostenuto la federazione europea con gli Eurobonds, nuovi poteri dell’Ue in materia di tassazione e la tutela di beni pubblici europei. Sarebbe auspicabile un’analoga dichiarazione da parte dei leader in attività ma questo è un altro discorso.
Wolfgang Schäuble, ministro delle Finanze a fine agosto ha sostenuto l’idea del Presidente della Banca Centrale Europea Jean-Claude Trichet, di creare un « ministro delle finanze europeo » e ha affermato che bisogna modificare i trattati europei al fine di dare più poteri alle istituzioni europee nel campo economico e finanziario. Il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, il primo settembre ad Hannover ha sostenuto l’opzione di una vera unione fiscale e un abbandono della sovranità nel campo delle politiche fiscali nazionali anche se rimane, per ora, contrario agli Eurobonds.
La Corte costituzionale tedesca ha respinto la richiesta di un gruppo di euroscettici di bloccare la partecipazione della Germania al piano di salvataggio della Grecia (Esfs). In questo modo la Germania ha di fatto confermato la «legalità» del Fondo. Tuttavia l'Alta Corte ha detto che il Parlamento tedesco, e in particolare la Commissione bilancio, dovrà avere un ruolo maggiore nelle decisioni riguardanti futuri salvataggi. La sentenza può essere letta in chiave federalista in quanto la richiesta di un controllo parlamentare di eventuali salvataggi potrebbe significare che in un sistema federale europeo, dove la democrazia viene assicurata da un controllo del Parlamento europeo, un accordo dei parlamenti nazionali non sarà più necessario. I giudici hanno posto dei limiti al fine di evitare una deriva non democratica dell'Ue. Lo stesso Gerhard Schröder, interpretando a suo modo l'appello di Ursula von der Leyen per gli Stati Uniti d'Europa, indica che «dobbiamo avere come prospettiva la trasformazione della Commissione nel governo che sarà controllato dal Parlamento europeo».
Resta da convincere ancora la Cancelliera Angela Merkel che in un discorso davanti al Parlamento tedesco il 7 settembre ha affermato che “gli Eurobonds sarebbero una risposta sbagliata alla crisi, perche' collettivizzerebbero i tassi di interesse della zona euro” sebbene non consideri più un tabù la modifica dei trattati esistenti. Nell'intervento al Bundestag la Cancelliera ha chiesto “più Europa” e ha sottolineato come una Europa forte sia negli interessi della Germania. E ha continuato dicendo che “l'Euro è molto più di una moneta. L'Euro è la garanzia di una Europa unita. Se fallisce l’euro, fallisce l’Europa”. E, ancora, “il destino della Germania non è separabile da quello dell’Europa. E' nostro dovere assicurare un futuro a questa storia di successo e lasciare un'Europa intatta ai nostri figli e nipoti. La stabilizzazione dell'Euro – ha affermato la Merkel – è il compito centrale di questa sessione legislativa”.
Si tratta di vedere se la Cancelliera vuole dare un seguito a queste affermazioni e passare alla storia con il sostegno indispensabile del suo paese alla creazione degli Stati Uniti d’Europa oppure preferisce uscire di scena come una leader con una veduta corta, direbbe Tommaso Padoa Schioppa. La svolta federalista della Germania non sarà, comunque, un percorso facile e soprattutto senza ostacoli come ci mostrano chiaramente le recenti dimissioni (9 settembre) dalla BCE del rappresentante tedesco Juergen Stark perché contrario all'acquisto di bond italiani e greci sul mercato secondario.
L’Italia per la federazione europea
In Italia abbiamo diverse voci che parlano a favore del federalismo europeo. Il governo italiano, sebbene abbia nel Ministro dell'economia Giulio Tremonti un forte sostenitore di un’Europa più forte con l’emissione di Eurobonds da parte dell’Ue, gode di poca credibilità sia per le vicende del Presidente del Consiglio sia per l’antieuropeismo di alcuni ministri e questo non gioca suo favore.
All’opposizione abbiamo la senatrice radicale Emma Bonino che in un intervento al Senato del 7 settembre ha dichiarato che “Occorre dire con chiarezza che gli Eurobonds si possono fare non solo conferendo al Fondo Europeo di Stabilità Finanziaria importanti risorse e asset, ma soprattutto rinunciando a un pezzo non piccolo di sovranità nazionale a favore di una politica fiscale europea, di una Tesoreria unica europea, di un ministro delle finanze europeo e di un bilancio di almeno il 5% del Pil europeo per essere credibili. Insomma, un primo passo verso gli Stati Uniti d'Europa”.
Dello stesso tenore l’intervento del 7 settembre alla Camera di Sandro Gozi, deputato del PD, che ha affermato: "Senza federazione politica l’euro non ha futuro. Senza l’euro, fine dell’Europa, che è un esperimento e, come tutti gli esperimenti, può riuscire ma può anche fallire” e propone di “convocare il prima possibile una nuova Convenzione in cui parlamentari europei, parlamentari nazionali, rappresentanti dei governi e delle istituzioni europee dovranno, con urgenza e visione, portare a compimento l’esperimento europeo e costruire la federazione europea, con tutti i popoli e gli stati che vorranno farne parte". La stessa proposta è sostenuta anche dal Movimento europeo (ME) ed è al centro dell'appello “Noi popolo europeo” promosso dal Movimento federalista europeo nell'ambito della Campagna per la federazione europea.
Il governatore della Banca d'Italia e futuro Presidente della Banca centrale europea (BCE), Mario Draghi, in un intervento recente a Parigi si è pronunciato per una "vasta" revisione del trattato europeo di Lisbona trovando insufficienti le misure di lotta a breve termine contro la crisi nell'area dell'euro. Il futuro Presidente della BCE, nell'ambito della revisione del trattato, ha auspicato una migliore "disciplina fiscale" degli Stati membri, ma anche riforme strutturali e della governance.
E, per finire, la tenuta europea del nostro paese è stata garantita in questi anni dalla presenza sullo scenario internazionale del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. In occasione del settantesimo anniversario del Manifesto di Ventotene, ha inviato ai giovani partecipanti al seminario "Il federalismo in Europa e nel Mondo" organizzato dall'Istituto di Studi Federalisti Altiero Spinelli un caloroso messaggio di saluto: “Sono convinto che le sfide da raccogliere in un mondo così profondamente mutato, a partire dai gravi problemi posti dalla crisi finanziaria economica globale, richiamano al coraggio e alla lungimiranza che animarono Altiero Spinelli, Ernesto Rossi, Eugenio Colorni e i pionieri dell'avventura europea. C'è bisogno oggi di un nuovo nutrimento di pensiero e di impegno per l'Europa unita, e c'è da dare prova di consapevolezza e determinazione sia sul fronte del movimento ideale e civile per l'unità europea sia su quello dell'azione politica e di governo. Possiamo contare sul ricco lascito delle idee e delle battaglie politiche ispirate dal Manifesto di Ventotene per contrastare resistenze e persistenti esitazioni verso nuovi sviluppi del processo di integrazione e per orientarci verso il futuro".
In Francia il federalismo europeo non è più un tabù
Persino in Francia il federalismo, parola quasi vietata nell'arena politica d’oltralpe, è entrata nel dibattito corrente. Dopo il successo elettorale alle elezioni europee del 2009 della formazione politica Europe Ecologie che ha messo tra i primi punti del programma l'obiettivo di un'Europa federale il termine federalismo è stato sdoganato ufficialmente da Nicholas Sarkozy durante il consiglio europeo del 21/22 luglio dedicato alla risoluzione della crisi greca. Sarkozy ha, infatti, sorpreso i colleghi con un appello all’integrazione europea affermando «Io sono per il federalismo in Europa». Pochi giorni dopo il quotidiano Le Monde nell'edizione del 1° agosto ha pubblicato l'appello “Créons d'urgence les Etats-Unis d'Europe” promosso da Thierry Jeantet vicepresidente del Partito radicale di sinistra (PRG) e da Virgilio Dastoli presidente della sezione italiana del ME in cui si chiede gli Stati Uniti d'Europa basati su un modello federale per uscire dalla crisi. Il testo costituzionale – si legge nell’appello - deve essere elaborato da una Convenzione costituente formata da parlamentari europei e nazionali, dai governi e dalla Commissione europea e successivamente da sottoporre all’approvazione dei cittadini europei tramite un referendum paneuropeo.
Il presidente della Banca Centrale Europea Jean Claude Trichet in un intervento recente ha sostenuto la “creazione di un governo federale con un Ministro federale delle finanze”. La crisi ha "chiaramente dimostrato che la governance della zona euro e' stata assolutamente essenziale" e "un giorno penso che i popoli europei avranno un governo federale", suggerendo la possibilita' che un organismo centrale europeo possa intervenire, nel caso in cui i singoli paesi non prendano misure adeguate di bilancio. La crisi del debito sta colpendo l'Europa in modo "particolarmente duro" ed e' necessario un accordo per un "sostanziale rafforzamento" del Patto di stabilita' e di crescita europeo. Inoltre Trichet ritiene che sia "molto importante implementare immediatamente" le decisioni assunte lo scorso luglio dai leader europei e pensa che sia "cruciale incrementare l'impatto della crescita e della creazione di posti di lavoro" nell'Eurozona.
La fine del metodo intergovernativo e il deficit democratico
Angela Merkel e Nicholas Sarkozy a conclusione del vertice bilaterale del 16 agosto a Parigi hanno proposto in modo suggestivo un “governo europeo dell'economia” per gestire la crisi dei debiti sovrani. Peccato che il governo proposto si riduca a diversi incontri annuali tra i capi di Stato e di governo dei 17 paesi della zona Euro che di fatto si riuniscono quasi mensilmente già da tre anni. L'idea di un'autorità tecnica e sopranazionale, come la Commissione, a capo delle scelte comuni è stata respinta. Tutto rimane nel solco del metodo intergovernativo che in tutti questi anni ha bloccato ogni decisione europea che potesse risollevare le sorti dei cittadini europei e dare le risposte che essi si sarebbero aspettati. La soluzione proposta da due leader oltre a non prevedere l'introduzione degli eurobond mantiene il potere di veto dei singoli governi nazionali e condanna così gli europei a un evitabile e rapido declino. La Cancelliera ha abbandonato di recente il pensiero di un’Unione europea unificata e sta pensando a possibili modifiche del Trattato di Lisbona affidando un ruolo chiave in questo processo al Presidente del Consiglio europeo Van Rompuy che a sua volta si dice pronto ad accettare un simile mandato. La proposta del duo Merkel Sarkozy ha un piccolo difetto. Non affronta le questioni primarie del metodo con il quale modificare i trattati e della democrazia europea. Dopo i referendum del 2005 con i quali i cittadini francesi e olandesi hanno bloccato il progetto di Costituzione europea non sarà più possibile fare significativi passi in avanti nel processo di integrazione politica dell'Unione europea senza il coinvolgimento del popolo europeo. Inoltre l'Unione europea deve ancora colmare un deficit democratico delle sue istituzioni e del processo decisionale come sottolineato anche dalla sentenza della Corte costituzionale federale tedesca del 30 giugno 2009 sul Trattato di Lisbona. La soluzione proposta da Merkel e Sarkozy, evidentemente, non riesce a colmare il gap di democrazia che potrebbe essere superato affidando alla Commissione europea il ruolo di governo dell'Unione con la responsabilità per le proprie determinazioni di fronte a un parlamento europeo con poteri di codecisione legislativa.
Il ruolo politico del Parlamento europeo ..
Romano Prodi, ex presidente della Commissione europea, in un appello pubblicato da Il Messaggero, dopo aver criticato le conclusioni del Vertice franco-tedesco del 16 agosto e stigmatizzato il fatto che, sulle grandi decisioni di politica economica, i rappresentanti dei cittadini europei siano solo “informati” dal Consiglio ha concluso affermando che alla crisi politica dell'Europa occorre dare una risposta politica e che “questa risposta non può che venire dal Parlamento europeo. L’Europa ha bisogno di entrare in una nuova fase, nella quale il Parlamento si faccia carico dei problemi comuni e indichi ai governi la strada da percorrere”. L'ex cancelliere Gerhard Schröder in una recente intervista sul settimanale Der Spiegel ha detto che “abbiamo intenzione di cedere la sovranità nazionale" – riferendosi alla politica economica della Germania - "e il parlamento europeo dovrebbe diventare la più alta autorità per qualunque potere viene ceduto dai parlamenti nazionali". Thierry Jeantet, vice presidente del PRG e Virgilio Dastoli, presidente del ME, nell'appello già citato e pubblicato su Le Monde, propongono che il Parlamento europeo elabori un progetto di modifica del Trattato di Lisbona da sottoporre alla Convenzione in tempo utile prima delle elezioni europee del 2014.
Il Parlamento europeo, secondo la procedura di revisione ordinaria del Trattato (art. 48 TUE), può sottoporre al Consiglio dei progetti di revisione dei trattati. In questo caso, il Consiglio europeo adotta a maggioranza semplice una decisione a favore dell'esame dei progetti proposti dal Parlamento e convoca una “Convenzione” incaricata di approvare – per consenso – una raccomandazione per la conferenza dei rappresentanti dei governi degli Stati membri. Partendo da questa procedura il Parlamento europeo, unica istituzione europea eletta a suffragio universale, di fronte alla crisi in cui trova il vecchio continente potrebbe indicare ai governi, sotto la spinta dei cittadini europei che chiedono più democrazia (non ultimi i movimenti degli indignados), la strada per uscire dalle secche intergovernative. Strada che porta all'elaborazione di un patto costituzionale della società europea che possa rilanciare il progetto di una federazione europea. Tale progetto dovrebbe poi passare all'esame di una Convenzione costituente (eliminando il passaggio intergovernativo) e sottoposto all'approvazione finale dei cittadini tramite un referendum pan-europeo.
Il Gruppo Spinelli di recente formazione e composto da eurodeputati di diversa estrazione politica (Andrew Duff, Guy Verhofstadt, Sergio Cofferati, Sylvie Goulard, Daniel Cohn-Bendit, Isabelle Durant solo per citarne alcuni) può assumere un ruolo guida in un’azione costituente del Parlamento europeo. Nel manifesto fondativo del Gruppo si legge che gli Stati membri continuano a preferire soluzioni intergovernative a quelle europee fino al punto di mettere a rischio la tenuta dell’Euro. La storia dell’UE ha dimostrato che la risposta ai problemi che abbiamo di fronte si trova in più Europa e non in meno Europa. Il manifesto conclude affermando che il nazionalismo è una ideologia del passato e che l’obiettivo del Gruppo è un’Europa dei cittadini, federale e post-nazionale. Nelle conclusioni del Consiglio europeo ombra del 22 marzo 2011 il Gruppo Spinelli ha stigmatizzato il metodo intergovernativo per gestire la crisi economica. Una governance economica credibile necessita di una Commissione europea in grado di imporre misure correttive e sanzioni ai paesi inadempienti. Ogni atto della Commissione, naturalmente, deve essere controllato democraticamente dal Parlamento europeo con la stretta cooperazione della BCE, responsabile per la stabilità, e condurre a un ampio dibattito sia a livello nazionale che europeo.
.. e la spinta necessaria del popolo europeo
Senza la partecipazione dei cittadini al processo di integrazione non sarà possibile alcun avanzamento significativo nell'unificazione politica dell'Unione europea. Questo è il lascito del referendum francese del 2005. In un testo, scritto in occasione del convegno “L’identità europea in un’economia globale” in preparazione del Summit di Lisbona sotto la presidenza portoghese, Manuel Castells aveva sostenuto la necessità di una “comune identità europea in base alla quale i cittadini in tutta Europa possano condividere i problemi e cercarne insieme la soluzione”. Dopo aver scartato cultura e religione, Castells aveva individuato “i sentimenti condivisi sulla necessità di una protezione sociale universale delle condizioni di vita, la solidarietà sociale, un lavoro stabile, i diritti dei lavoratori, i diritti umani universali, la preoccupazione per i poveri del mondo, l’estensione della democrazia a tutti i livelli”. Se le istituzioni europee dovessero promuovere quei valori, diceva, forse “il progetto identità” potrebbe crescere. Per mobilitare il sostegno popolare e ricostruire l’Uem è necessario ridefinirla in modo che riconosca la ‘dimensione sociale’, trasformandola in una Unione economica e sociale (Ues). Questo dovrebbe andare di pari passo con riforme dei processi decisionali capaci di unire in modi nuovi partecipazione democratica ed efficienza.
L'iniziativa dei cittadini europei, che permette di proporre un atto legislativo alla Commissione europea tramite la raccolta di un milione di firme in almeno sette paesi dell'Ue introdotta dal Trattato di Lisbona, sarà lo strumento tramite il quale i cittadini europei potranno condividere problemi specifici e cercare soluzioni comuni.
A questo proposito durante il forum sociale ‘Genova 2011’ tenutosi a luglio nel decennale del G8 di Genova del 2001 le associazioni, le reti e i movimenti presenti hanno elaborato un testo “per l'altra Europa” in cui si rilancia la cosiddetta 'dimensione sociale' dell'Europa “contro la mercificazione delle persone e dei beni comuni, immateriali e naturali”. E si sceglie l'orizzonte delle lotte a livello europeo attraverso campagne e iniziative dei cittadini europei su temi che riguardano la protezione sociale e i diritti universali come il reddito minimo garantito; la cittadinanza europea di residenza e la mobilitazione per l'adesione alla Convenzione Onu del 1990 sui diritti dei lavoratori e delle lavoratrici migranti; l'acqua come diritto umano, primo nucleo di uno Statuto europeo dei beni comuni; l'uso sociale dei beni confiscati alle mafie e alla criminalità; un piano europeo di riconversione ecologica e sociale delle produzioni e dei consumi da sostenere con una tassa sulle transazioni finanziarie e sulla carbon tax; il diritto all'informazione, il pluralismo e la libertà di stampa. Intorno a queste iniziative si stanno costruendo coalizioni e alleanze transnazionali le cui mobilitazioni saranno importanti per rilanciare la fiducia dei cittadini europei verso le istituzioni europee.
Da una parte, quindi, ci vuole la spinta necessaria del popolo europeo per una maggiore integrazione politica a partire dalla soluzione comune di problemi specifici (e le iniziative dei cittadini europei saranno un aiuto in tal senso) dall'altra ci vuole la politica, a cominciare dal Parlamento europeo e dai partiti europei, che deve promuovere quei valori indicati da Manuel Castells in modo da rafforzare una comune identità europea e deve rispondere alle richieste di maggior democrazia, diritti e giustizia sociale per frenare l'ondata di euroscetticismo. Senza dimenticare, ovviamente, il ruolo importantissimo dei governi nazionali che possono, da subito, chiarire qual'è la méta e quali sono gli obiettivi dell'Unione europea, precisando le scadenze e i passaggi per superare la crisi. Ciò dovrebbe essere sufficiente, fin da ora, a placare i timori dei mercati. Un'Europa che si avviasse senza remore verso un'unione federale - anche fra un numero più ristretto di membri, all'inizio - costituirebbe un'iniezione di fiducia nella finanza e nell'economia globali.
Come è stato ribadito all’inizio di questa riflessione la vera posta in gioco non è l’emissione di Eurobond e neanche la tenuta dell’Euro bensì l’implosione della casa comune europea. Per evitare tale disastro che avrebbe conseguenze anche per il resto del mondo un numero crescente di uomini politici a tutti i livelli e di cittadini europei sta convergendo sulla ricetta degli Stati Uniti d’Europa i cui ingredienti base sono tutti egualmente necessari: i governi nazionali, il Parlamento europeo ed, infine, il popolo europeo ciascuno con la propria parte di responsabilità.
L'articolo è in via di pubblicazione su iMille.org e su Eurobull.it
Nicola Vallinoto ha curato, con Simone Vannuccini, il volume collettivo “Europa 2.0 prospettive ed evoluzioni del sogno europeo” edito da ombre corte nel 2010 scaricabile da Google Books all'indirizzo:
http://books.google.it/books?id=wXx_6wIKzD4C&printsec=frontcover#v=onepage&q&f=false
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