Europa: tempo scaduto ? Una via d'uscita democratica c'è ma il tempo è tiranno

27 novembre 2011
Pier Virgilio Dastoli (Presidente del Movimento Europeo)

cara europaIl tempo è ormai scaduto” ha scritto Romano Prodi ed è scaduto per tutti, per le istituzioni europee come per i governi nazionali ed in particolare per la Germania della Cancelliera Merkel. Era evidente da tempo che il trattato di Lisbona, le regole per il mediocre compromesso della cosiddetta governance economica e le disposizioni proprie degli stati membri di cui la moneta è l'euro non erano in grado di consentire all'Unione di uscire dalla crisi.

La cancelliera Merkel si era schierata in testa a coloro che affermavano che il trattato di Lisbona sarebbe rimasto in vigore immutato per almeno vent'anni. Ora la cancelliera agita come una scimitarra lo spauracchio della modifica del trattato. Sarebbe sbagliato schierarsi con coloro che si oppongono a modifiche, che invece devono essere radicali ed urgenti. Ma tali modifiche possono essere accettate a condizioni precise e per questo istituzioni europee e governi nazionali dell'eurozona devono assumersi urgentemente la responsabilità di fissare i termini delle modifiche, il metodo per realizzarle ed il tempo perché esse entrino in vigore.

Sgombriamo intanto il campo da alcune idee-spazzatura.

Non è assolutamente immaginabile che si possa procedere attraverso trattati bilaterali come è stato accennato ieri dalla Bild o da un trattato che vengo sottoscritto da un gruppo limitato di paesi all'interno dell'eurozona. Se questo avvenisse i mercati si scatenerebbero contro i paesi che non avranno sottoscritto questo limitato trattato con conseguenze drammatiche non soltanto per questi paesi ma per l'intera eurozona.

Un'altra idea spazzatura da accantonare è il riferimento che si legge sempre di più sui giornali all'accordo di Schengen. Esso fu sottoscritto nel 1985 dai paesi del Benelux, dalla Germania e dalla Francia, si tradusse nel 1990 in una convenzione sottoscritta fra questo 5 paesi e le regole fra di essi accordate sulla libera circolazione delle persone entrarono in vigore nel 1995 e cioè 10 anni dopo la firma dell'accordo di Schengen.

È giusto ed urgente immaginare un trattato che fissi regole nuove per i paesi legati dal vincolo della moneta unica ma tale trattato deve essere discusso e concordato non solo fra tutti i paesi che hanno già adottato la moneta unica ma anche, se lo vorranno, dai paesi che non l'hanno ancora adottata ma che intendono adottarla nei prossimi anni a cominciare dalla Polonia.

Il trattato non può contenere soltanto misure di controllo nei confronti degli stati membri e sanzioni nel caso di mancanza di rispetto delle regole ma anche strumenti per garantire la crescita a cominciare dall'uso di prestiti europei e cioè dall'introduzione degli eurobond. Dal punto di vista del metodo e poiché le disposizioni del trattato di Lisbona relative ai paesi di cui la moneta è l'euro non escludono ed anzi danno un ruolo pregnante alle istituzioni comuni ed in particolare alla Commissione europea, il negoziato sul nuovo trattato deve coinvolgere fin dall'inizio la Commissione europea, il Parlamento europeo e la Banca centrale europea.

Per spianare la strada ad un accordo condiviso sarebbe necessario ed urgente promuovere delle assise interparlamentari come quelle che si svolsero a Roma nel novembre del 1990 alla vigilia del negoziato sul trattato di Maastricht. A tali assise dovrebbero essere invitati i rappresentanti, oltre che del Parlamento europeo, dei parlamenti dell'eurozona e dei paesi che intendono adottare l'euro.

Poiché il trattato di cui parliamo avrà conseguenze importanti sulla vita dei cittadini dei paesi che decideranno di adottarlo si potrebbe immaginare di convocare un referendum paneuropeo stabilendo di comune accordo che i paesi all'interno dei quali la maggioranza dei cittadini si esprimesse in modo negativo utilizzeranno lo strumento del diritto di recesso previsto dall'articolo 50 del trattato di Lisbona. Infine e poiché, così rafforzato, l'Euro diventerebbe realmente un bene comune, i governi britannico, svedese e danese dovrebbero riflettere attentamente sulla possibilità di utilizzare anch'essi il diritto di recesso dall'Unione europea.

 

Pier Virgilio Dastoli

presidente del Movimento Europeo

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