La via stretta di Tsipras per salvare la Grecia e costruire la democrazia europea
In questi giorni drammatici per il processo di integrazione europea varrebbe la pena, qualora potessimo, fermare le lancette dell'orologio per riavvolgere il nastro della storia europea indietro di cento anni fino al 1914. Allora potremmo rivedere le decine di milioni di morti ammazzati durante le due guerre mondiali e le decine di migliaia di vittime nella guerra della ex Jugoslavia di cui pochi giorni fa sono stati commemorati i vent'anni della strage di Srebenica. Il filo conduttore di questi stermini di massa è la malattia mai sopita del nostro continente: il nazionalismo.
E con uno sforzo di immaginazione potremmo anche cercare di capire come potrebbe evolvere l'UE tra dieci anni, che è esattamente l'arco temporale previsto per le timide riforme del documento dei cinque presidenti dell'UE, nel caso in cui l'Europa andasse incontro a una uscita di un suo Stato membro dall'Eurozona (Grexit) o dall'UE (Brexit). In questo ci aiuta un film uscito pochi mesi fa dal titolo “Il grande disastro europeo”(1) che mostra come nel giro di pochi anni l'UE possa scivolare verso il baratro della disintegrazione grazie alle spinte centrifughe dei movimenti indipendentisti e dei nazionalismi.
Questa premessa vuole sottolineare che ci sono momenti in cui occorre riflettere sulle azioni dei nostri governi perchè a ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria. Il Consiglio europeo del 12 luglio, per esempio, è stato un passaggio fondamentale per scoprire le carte dei 28 giocatori europei. Il referendum greco, comunque la si pensi, ha fatto gettare la maschera al governo tedesco che ha messo sul tavolo delle trattative una proposta che aveva già pronta nel 2012(2) ovvero la volontà di far uscire la Grecia dall'eurozona per darle una lezione, come ci ha rivelato molto bene Varoufakis dopo le sue dimissioni.
A detta di tutti i commentatori, anche quelli tedeschi, il comportamento di Schauble e Merkel ha voluto dare una lezione al governo greco al quale non è stato riconosciuto pari dignità nelle trattative, imponendo un memorandum le cui condizioni e la tempistica dell'approvazione legislativa sono state ritenute troppo gravose e umilianti per la popolazione.
Detto questo bisogna dar atto al premier greco di aver avuto un coraggio e una determinazione non comuni. Ha dimostrato fino alla fine di voler giocare nel campo europeo per poter cambiare l'UE e le politiche di austerità senza ritornare allo stato nazionale. Ha scelto di continuare la battaglia per un'Europa democratica e solidale accettando un memorandum capestro che lo stesso FMI a poche ore dall'accordo ha dichiarato irrealizzabile.
Il Consiglio europeo del 12 luglio ha mostrato quanto sia in ascesa il nazionalismo tedesco che ha visto addirittura il leader dei socialisti tedeschi Sigmar Gabriel sostenere il documento del suo governo in cui si chiedeva la Grexit e quanto sia altrettanto forte l'europeismo greco, che nonostante il diktat in cui il governo viene di fatto commissionato dalle istituzioni europee, ha scelto di accettare il bruttissimo compromesso pur di evitare il rischio di una possibile uscita dall'Eurozona.
La scelta di continuare la battaglia in Europa ha messo Tsipras in seria difficoltà con l'ala sinistra di Syriza con Varoufakis in testa che rivendica l'OXI all'accordo, ma offre parimenti l'opportunità di ampliare lo schieramento antiausterità a livello europeo e di mettere in difficoltà il governo tedesco anche nella stessa Germania. E questo rilancio europeo ha già trovato l'abbraccio di Pablo Iglesias che infatti ha dichiarato: "Non giriamo le spalle a Tsipras nel momento più difficile. Non ci piace l'accordo, ma mai un governo ha dimostrato tale coraggio in Europa". A ottobre la Grecia potrebbe trovare un nuovo alleato: la Spagna, che potrebbe aggiungersi alla Francia e all'Italia.
La sostenibilità del debito e la sua parziale cancellazione seppur siano state considerate fuori dal compromesso dalla Germania sono rientrate immediatamente nel dibattito politico. A poche ore dal Consiglio europeo il FMI, che Schauble vuole continui a coprire il ruolo che aveva precedentemente nella Troika, ha ammesso che serve un taglio netto del debito. Ed anche Draghi ha confermato che il debito greco deve essere alleggerito. Quindi la partita è ancora aperta.
La scelta di Tsipras di restare nel campo di gioco europeo ha fatto allontanare immediatamente tutti coloro che erano saliti sul carro greco del referendum (da Salvini e Meloni fino a Grillo) perché speravano in una uscita dall'Euro. Cosa non prevista dalla scelta referendaria che è stata invece un voto sull'accordo tra le istituzioni europee e la Grecia e non sull'Euro/Dracma come pensava lo stesso Renzi. Salvini e Grillo hanno abbandonato Tsipras reo di aver accettato il compromesso che, nonostante tutte le condizioni capestro e l'umiliazione del popolo greco, ha evitato un danno ben più disastroso ovvero la rottura dell'Eurozona e l'inizio di un effetto domino che avrebbe coinvolto inizialmente i paesi del sud Europa fino a travolgere l'intera architettura europea. Il rifiuto dell'accordo da parte dei nazionalisti nostrani ci fa capire come la scelta di Tsipras sia stata presa in nome di un alter-europeismo fortemente critico nei confronti delle attuali politiche di austerità. Una scelta coraggiosa per cambiare l'Europa, una scelta di campo che coinvolge tutti noi. Con un gesto generoso il premier greco ha salvato momentaneamente l'Europa dal suo suicidio mostrando come sia pericolosa la mancanza di una vera democrazia europea.
Il governo greco aveva davanti a sé, infatti, tre alternative: negoziare al meglio possibile, uscire dall'Europa con conseguenze disastrose, accettare la Grexit per cinque anni come suggerito dal ministro dell'economia Schauble. Ha scelto il male minore, per la sua gente, per il popolo greco e per i cittadini europei. Ha ottenuto tempo e finanziamenti. Ha scelto di continuare la battaglia dentro le istituzioni europee. Questa scelta ha portato il suo partito Syriza a dividersi sul memorandum, che ha bocciato a maggioranza, e a mettere in bilico il governo che si prepara a un rimpasto.
La scelta di Alexis Tsipras e del governo greco è una vera e propria scelta di campo: l'Europa. Se vogliamo dare un senso al referendum del popolo greco dobbiamo lavorare tutti alla ricostruzione di una vera democrazia europea e al finanziamento di un vero New deal europeo come ha chiesto Tsipras prima delle elezioni europee(3). La crisi greca ha evidenziato in modo netto la presenza di un malato molto grave: l'Unione europea. Se non superiamo al più presto il deficit democratico il fallimento del progetto europeo è solo una questione di tempo.
Il governo e il popolo greco con la trattativa lunga cinque mesi durata fino al vertice del 12 luglio hanno fatto gettare la maschera al volto feroce dell'Europa intergovernativa (la battuta di Schauble a Draghi in cui dice non sono un pazzo è significativa del punto in cui siamo arrivati). Ci hanno mostrato la vera essenza dell'Europa attuale in cui i governi nazionali hanno il potere di veto e dove vale la legge del più forte come hanno dimostrato palesemente il waterboarding a cui è stato sottoposto il premier greco. A questo proposito il filosofo tedesco Jurgen Habermas ha affermato, in una intervista al The Guardian, che è stato “un atto puntivo” contro la Grecia e che “La linea del governo tedesco ha annullato quanto di buono è stato fatto in oltre 50 anni per ridare al Paese un volto più umano, dopo i terribili eventi del secondo conflitto mondiale.”
Come se se ne esce da questa situazione in cui la fiducia dei cittadini europei verso l'Europa è in caduta libera dopo lo spettacolo poco edificante dei consigli europei dove si scontrano interessi di parte e prevalgono comunque quelli del più forte?
La via di uscita non è certo quella indicata da coloro che ritengono irriformabile l'attuale UE e prefigurano una rottura con il conseguente ritorno agli stati nazionali. E neanche da quelli che ritengono che la democrazia può esprimersi solo a livello nazionale(4). A questi rispondo semplicemente che tornare a un'Europa divisa in stati nazione vuole dire che i cittadini europei saranno condannati a subire decisioni prese in contesti globali da attori multinazionali per le quali non avremo voce in capitolo. Di fronte a corporations il cui bilancio è superiore al PIL di oltre la metà degli stati del mondo, al terrorismo internazionale, ai mutamenti climatici, alle organizzazioni economiche e finanziarie globali non c'è stato europeo che tenga. Non può reggere il confronto la Germania figuriamoci un paese come il Portogallo o la Grecia che nel caso di un allontanamento dall'UE entrerebbe immediatamente nell'orbita di un grande paese come la Russia e la Cina le cui offerte non sono mancate.
Alexis Tsipras ha fatto la scelta di condurre la battaglia per cambiare le istituzioni e le politiche europee dal di dentro. Ha fatto una scelta di campo chiara: l'Europa. E ci obbliga tutti quanti a giocare una partita difficilissima la cui scommessa ardita riguarda la conquista della democrazia sovranazionale senza la quale la “democrazia nazionale è polvere senza sostanza”.
I nemici sono tanti e potenti: tra questi troviamo la burocrazia e i governi nazionali, che traggono un vantaggio diretto da un'Europa costituzionalmente debole, a cominciare dal governo tedesco che in questa fase storica pensa di poter plasmare una Europa tedesca.
Per non vanificare gli sforzi e i sacrifici che coinvolgeranno il popolo greco occorre prendere dannatamente sul serio le indicazioni avanzate da Tsipras ai Parlamentari europei nel suo intervento dall'emiciclo di Bruxelles: “L'Europa si trova a un bivio. Ciò che chiamamo la crisi greca è semplicemente l'incapacità generale dell'Eurozona a trovare una soluzione permanente alla crisi dei debiti. Infatti questa crisi è un problema europeo, e non un problema esclusivamente greco. E un problema europeo richiede una soluzione europea.”
I nemici di un'Europa democratica, federale e solidale sono agguerritissimi e non si arrenderanno facilmente. La cessione della sovranità tedesca in campo economico dovrà accompagnarsi con quella francese in politica estera e di sicurezza attraverso la costruzione di una sovranità europea condivisa e controllata dal Parlamento europeo. Ciò potrà avvenire solo con una grande spinta dal basso del popolo europeo che rivendica la propria sovranità e con una alleanza stretta con l'assemblea di Strasburgo, il luogo principe della democrazia europea. Con l'obiettivo di convocare una assemblea costituente europea nel 2017 a 60 anni dai trattati di Roma che hanno istituito la CEE.
(2) http://www.thepressproject.net/article/69079/Timothy-Geithner-EU-leaders-were-obsessed-with-crushing-terrible-Greeks
(3) http://www.newdeal4europe.eu/en/supporters/184-alexis-tsipras
(4) http://temi.repubblica.it/micromega-online/le-illusioni-europeiste-della-sinistra-e-la-dittatura-della-ue/
(5) http://temi.repubblica.it/micromega-online/rodota-il-filo-spezzato-dell%E2%80%99europa/
(6) http://www.genova-europa.it/index.php/it/europa/190-mfe-genova-in-piazza-contro-la-grexit-e-per-gli-stati-uniti-d-europa
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