Brexit - L'ABC dell'Europa di Ventotene
di Anne Parry ed Emma Vaccari*
I primi passi verso l’uscita dall’UE
Movimenti ‘sovranisti’ cominciavano a farsi sentire in tutta Europa. Questi pensavano che fosse meglio che i singoli Stati prendessero le decisioni indipendentemente da organizzazioni come l’Unione europea. In Gran Bretagna, questo movimento diede vita a partiti politici come l’UK Independence Party (UKIP), il cui scopo principale era ottenere l’uscita del Paese dall’UE. Benché piccolo, questo partito cominciò a portare via voti ai due partiti principali, il Partito Laburista e il Partito Conservatore. Nel 2016, i Conservatori erano il partito di maggioranza e il primo ministro si chiamava David Cameron. Tuttavia, la sua posizione di capo di partito era a rischio. Cameron pensava che i Conservatori dovessero rimanere nell’UE. Altri membri del partito volevano riprendersi i voti dai partiti come l’UKIP, proponendosi come sostenitori dell’uscita del Regno Unito dall’UE. Per dimostrare al resto del partito che aveva ragione lui, Cameron decise di indire un referendum, nel quale si chiedeva semplicemente ai cittadini se volessero uscire dall’UE o rimanerci.
Nei mesi prima del referendum i giornali e i programmi televisivi si concentrarono su quali potessero essere le conseguenze delle due scelte. Rispondere alla domanda su cosa sarebbe cambiato rimanendo nell’UE era facile: niente. La risposta all’altra domanda era tutt’altro che facile. Il Regno Unito si era unito alla Comunità Economica Europea nel 1973. Da allora l’economia e le leggi del Paese erano cresciute insieme e non era così semplice separare le due cose. Sarebbe stato come fare una torta e poi chiedere ‘volete che gli ingredienti rimangano nella torta o li volete com’erano prima di fare la torta?’. Certo, magari si possono togliere le decorazioni da sopra. Magari si possono anche tirare fuori i canditi da dentro, ma lo zucchero, la farina e le uova non si possono più separare una volta che la torta è fatta.
L’Irlanda – una storia complessa
Uno degli aspetti più importanti e difficili da risolvere della Brexit era la questione dell’Irlanda. L’Irlanda è divisa in due parti. Il nord, tradizionalmente protestante, fa parte del Regno Unito, insieme alla Scozia, all’Inghilterra e al Galles. Al sud c’è la Repubblica d’Irlanda, un Paese indipendente e cattolico. Nell’Irlanda del Nord, molti protestanti pensavano che fosse giusto rimanere parte del Regno Unito, dove la regina è il capo dello Stato e della chiesa. Molti cattolici, fedeli al Papa, volevano che l’intera Irlanda facesse parte della Repubblica. Trent’anni durò il conflitto tra le due parti, combattuto con i mezzi della politica e della violenza. Ci furono circa 3600 morti e 30000 feriti. Finì nel 1998, con l’Accordo del Venerdì Santo, quando si decise di eliminare i punti di controllo alla frontiera e che i due Stati avrebbero lavorato insieme come membri dell’UE. Con la Brexit, il nord sarebbe uscito dall’UE, mentre il sud sarebbe rimasto a farne parte. Cosa sarebbe successo alla frontiera tra i due Paesi?
Risultato a sorpresa
Il giorno del voto sulla Brexit c’erano tante domande ma poche risposte. La campagna elettorale a favore dell’uscita dall’UE prometteva molte belle cose. Girava un autobus rosso con lo scritta: 'Mandiamo 350 milioni di sterline all'UE ogni settimana - diamoli piuttosto al sistema sanitario nazionale - vota Leave!' Nonostante tutto, pochi pensavano che la Brexit avrebbe vinto, men che meno il signor Cameron. Egli però aveva sottovalutato la rabbia della popolazione per come andavano le cose nel suo Paese e il 23 giugno 2016, i voti di chi voleva un cambiamento vero nel Paese si sommarono a quelli dei veri sostenitori della Brexit. La Brexit vinse con una maggioranza del 51,98% e fu una grande sorpresa per tutti. Cameron lasciò la posizione di primo ministro immediatamente. Negli anni che seguirono il voto ci furono due nuovi primi ministri, appartenenti al partito dei conservatori, che cercarono di trovare un accordo con l’UE su come organizzare al meglio l’uscita della Gran Bretagna. La faccenda era così complicata che sembrava quasi impossibile, ma alla fine il Regno Unito lasciò l’UE con l’Accordo di Recesso del 31 gennaio 2020, e un periodo di transizione che durò fino alla fine del 2020.
Per un Paese che va fiero del proprio senso dell’ironia, la Brexit ha vari aspetti parecchio ironici. Per esempio, il referendum organizzato per rinforzare il potere del primo ministro Cameron gli è costato la posizione. Il primo ministro in carica nel 2020, al momento dell’uscita dall’UE, era Boris Johnson. Prima del referendum Johnson aveva scritto un articolo a favore del rimanere nell’UE e un altro a favore dell’uscita; dicono che abbia deciso all’ultimo momento quale fosse opportuno pubblicare per favorire la sua carriera! Il papà di Boris, Stanley Johnson, era membro del club del Coccodrillo con → SPINELLI, ALTIERO e dopo la Brexit ha fatto domanda per la cittadinanza francese pur di non perdere i suoi diritti come cittadino UE.
Durante i 4-5 anni di negoziati sulla Brexit, ci sono state manifestazioni in più occasioni in tutto il Paese per chiedere un secondo voto. Molti inglesi non volevano lasciare l’UE, non volevano perdere la cittadinanza europea e non volevano mettere a rischio la possibilità di vivere, lavorare, sposarsi e stabilirsi con la famiglia senza problemi in uno qualsiasi dei 28 Paesi europei (diventati poi 27 dopo la Brexit).
La perdita della libera circolazione
Nonostante sia abbastanza recente, la Brexit ha già avuto conseguenze importanti sia per i cittadini britannici che per quelli europei. Milioni di cittadini europei, inclusi tanti italiani, residenti nel Regno Unito, hanno dovuto fare domanda per restare nel Paese; persone che vivevano lì da decenni, sposati e con figli nati là hanno dovuto richiedere un permesso digitale che dovrebbe permettergli di restare con gli stessi diritti che avevano quando ancora il Regno Unito faceva parte dell’UE. Ma molti europei hanno lasciato il Paese perché non si sentono più ben accetti. Le persone che prima sarebbero potute andare liberamente a lavorare in Gran Bretagna non possono più farlo.
Un futuro ignoto
Nel primo anno dopo la Brexit, si comincia a percepire un aumento della tensione nell'Irlanda del Nord, e il governo di Boris Johnson ha cercato di rinegoziare alcune parti degli accordi presi pochi mesi prima. La burocrazia sugli scambi commerciali con l’UE, che secondo le promesse dei ‘Brexiters’ doveva diminuire, è invece aumentata, rendendo la vita difficile agli inglesi che vendevano i loro prodotti o che importavano merci dall’UE senza problemi prima del referendum. Molti autisti europei che una volta trasportavano cibo fresco dai Paesi europei al Regno Unito preferiscono altre mete.
Non si conoscono ancora tutte le conseguenze della Brexit, vedremo come continuerà la storia!
* ANNE PARRY. Segretaria della sezione Valpolicella del Movimento Federalista Europeo, è nata in Inghilterra e vive in Italia. EMMA VACCARI, sua figlia, è nata in Italia e adesso risiede in Inghilterra. Ha studiato medicina e si sta specializzando in psichiatria. Con famiglia e amici sparsi in tutta Europa, entrambe si sentono cittadine europee.
Antifascismo è una voce de "L'ABC dell'Europa di Ventotene. Piccolo dizionario illustrato" a cura di Nicola Vallinoto e illustrazioni di Giulia Del Vecchio (seconda edizione Ultima Spiaggia, Genova-Ventotene 2022). Quest’opera è stata rilasciata con la Licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Condividi allo stesso modo 4.0 Internazionale.
L'indice completo del dizionario:
https://www.peacelink.it/europace/a/48970.html
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