Educazione civica europea

Ventotene, isola di confino - L'ABC dell'Europa di Ventotene

La voce V di Ventotene, isola di confino del dizionario illustrato "L'ABC dell'Europa di Ventotene" (Ultima Spiaggia, Genova 2022, seconda edizione). Quest’opera è stata rilasciata con la Licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Condividi allo stesso modo 4.0 Internazionale.
30 aprile 2022

di Piero Graglia

Ventotene, isola di confino

Ventotene, insieme alla piccola isola di Santo Stefano un miglio marino davanti a essa, costituisce il gruppo orientale delle isole Pontine. Da Napoli dista 40 miglia, da Ponza 22. Oggi la via più breve per arrivarvi è il traghetto da Formia, a poco meno di quindici miglia.
Durante gli anni del fascismo l’isola di Ventotene venne scientificamente adattata al suo triste ruolo di colonia di confino: nel 1930 essa ospitava confinati comuni, i cosiddetti “coatti”, in locali ricavati nella torre borbonica (il Castello), nella caserma dei Granili – a pochi passi dalla chiesa del paese - e in altri locali di fortuna nel centro dell’abitato. Ancora prima dei coatti, vi aveva trovato sistemazione una compagnia di disciplina dell’esercito. Sia per motivi climatici che per l’inaccessibilità, il fascismo la considerava come una delle colonie di confino più sicure e per questo destinata in futuro ad ospitare gli antifascisti “politici” più pericolosi.
Il confino era una misura di polizia dedicata ai cittadini che avessero manifestato ostilità al regime, compresi quegli antifascisti che, una volta scontata la pena per il “reato” di opposizione al fascismo, quasi sempre venivano inviati al confino senza processo, senza neppure cessare il loro stato di reclusione.
Il fascismo aveva predisposto numerose località remote nel Meridione come destinazioni di confino. Si trattava in prevalenza di paesini sperduti e degli arcipelaghi dell’Adriatico e del basso Tirreno. Le isole erano la destinazione per gli antifascisti più pericolosi, gli irriducibili. Tremiti, Ustica, Ponza, Lipari, Ventotene diventarono la nuova casa degli antifascisti più eminenti.
La presenza di confinati “politici” provocava però crescenti problemi con la popolazione delle isole maggiori. Non si trattava di insofferenza verso i confinati, bensì di intolleranza da parte della popolazione locale nei confronti degli eccessi delle guardie incaricate di controllarli. Con la chiusura o il ridimensionamento delle colonie di confino, a partire dal 1936, alla fine Ventotene risultò essere l’isola dove si concentrò il maggior numero dei confinati antifascisti.
Nel periodo di maggior affluenza dei confinati, la popolazione di Ventotene era così costituita da un migliaio di abitanti civili, 350 guardie, e tra gli otto/novecento confinati: tutti in un chilometro quadrato. Con l’aumentare delle presenze, per sistemare i confinati durante la notte venne anche costruita una cittadella confinaria: tredici cameroni in muratura che venivano chiusi a chiave al tramonto e riaperti al mattino.

La vita dei confinati

Non si trattava certo di una vacanza pagata dallo Stato, anche perché chi oggi visita Ventotene la vede di solito nel periodo migliore dell’anno, d’estate, e si tratta comunque di una graticola assolata. Durante le stagioni fredde dell’anno per i confinati era ancora peggio, stretti nei cameroni già fatiscenti subito dopo la costruzione, molti senza mezzi di sostentamento che non fosse la diaria di sei lire passata dal governo, costretti a muoversi in una limitata porzione dell’isola, già minuscola per suo conto. Sveglia alle sei d’estate e alle sette d’inverno, ritirata con appello alle 21 d’estate o alle 18 d’inverno, alla luce di lampade a petrolio appese agli stipiti delle porte dei cameroni.

Il perimetro dell’area nella quale i confinati potevano muoversi era delimitato da barriere di filo spinato e da guardie armate: poco meno di un chilometro che rappresentava il limite della loro “gabbia”: dallo spiazzo dove si trovavano i cameroni (demoliti nel 1980), oggi l’area del campo sportivo, il confinato risaliva pochi gradoni passando davanti alla caserma della polizia e continuando per via Muraglione.

Dopo un centinaio di metri, svoltato l’angolo, si trovava nella piazzetta delle poste, davanti a piazza Castello e, sulla destra, via Olivi. Per via Olivi risaliva fino all’edificio della scuola, per circa duecento metri, quindi era obbligato a svoltare a sinistra per cinquanta metri, fino alla parallela di via Olivi, via Calanave. Scendendo per via Calanave ritornava alla piazza Castello, l’unica con pochi alberi. Da piazza Castello, piegando leggermente sulla destra, sbucava nella piazza della chiesa, e da qui, imboccando via dei Granili, ritornava alla zona dei cameroni. In tutto, come si è detto, meno di un chilometro, costellato di posti di guardia e garitte e di cartelli ammonitori.

La carta di permanenza

La “carta di permanenza”, il libretto rosso che veniva consegnato ad ogni confinato all’atto della incorporazione nella colonia di confino, conteneva inoltre una serie di prescrizioni da osservare attentamente, ogni violazione essendo punita con la denuncia e la possibile reclusione. Tra tali prescrizioni, era vietato ai confinati tenere armi (misura ovvia, ma valida anche nel caso di un temperino, di un rasoio a lama, di un paio di forbici – per le forbici erano ammesse quelle spuntate); non si potevano frequentare osterie, cinema, teatri (proibizione vana, ché a Ventotene non vi erano né gli uni né gli altri); il confinato non si poteva sedere in un caffè né tanto meno giocare a carte; non poteva assistere alle funzioni religiose senza
permesso; non poteva parlare per strada di politica, leggere il giornale ad alta voce, fare commenti sul governo, tenere radio, macchine fotografiche, macchine da scrivere; il confinato doveva consumare i pasti solo all’interno delle mense (spendendo circa 4 lire al giorno, delle 6 che gli erano assegnate dal governo); era ammesso l’invio solo di una lettera o di una cartolina alla settimana: la lettera non più lunga di 24 righe.
In ogni caso, i confinati erano tenuti a osservare gli ordini dei militi di guardia, che imponevano anche proibizioni nuove,
estemporanee, a seconda del momento e dell’umore del direttore della colonia. Sopra tutte le disposizioni, quella di darsi a
lavoro stabile, quasi una presa in giro in un’isola di un chilometro quadrato, con un migliaio di abitanti e ottocento confinati. Proprio la prescrizione del lavoro permise ai confinati di avere comunque limitati rapporti con la popolazione civile,
ma solo a pochi era permesso di vivere al di fuori dei cameroni. La giornata era scandita dal rito degli appelli, alle 11 di
mattina e alle 16 d’estate, uno soltanto alle 12,30 d’inverno.

I gruppi di confinati

I confinati si dividevano in gruppi secondo le appartenenze politiche: i più numerosi erano i comunisti (circa quattrocento persone), poi gli anarchici, i membri di Giustizia e Libertà, pochi socialisti (tra essi Sandro Pertini, → COLORNI, EUGENIO, Alberto Jacometti); poi vi sono anche i confinati apolitici: testimoni di Geova, la setta protestante degli Studenti Biblici, pentecostali provenienti soprattutto dal Meridione, abissini e albanesi. Infine la palude dei confinati comuni: feccia, ubriaconi, mezzani, ruffiani, piccoli delinquenti, falsari, spie e provocatori che la polizia mantiene nell’isola come strumento di informazione su ciò che fanno i politici.

Vengono chiamati “manciuriani”, perché nei loro cameroni il vento soffia più gelido e veemente che negli altri e uno di
questi si chiama “Manciuria”. Molte le figure di rilievo, sia tra i comunisti che tra gli altri politici: una piccola università della sovversione politica. Chi può si dà ad occupazioni stabili, diventando o improvvisandosi artigiano. Ma alcuni sono perseguitati, oltre che dalle prescrizioni del libretto rosso, anche da un milite di guardia, costantemente, perennemente a un metro di distanza dal confinato. Una sorta di ombra permanente: più che un pedinamento, un’ossessione. Si tratta dei confinati più “pericolosi”, e la definizione è arbitraria. Sono così pedinati praticamente tutti i condannati al “processo degli intellettuali”, quello intentato contro la componente italiana del movimento antifascista Giustizia e Libertà nell’ottobre del 1930: il professor → ROSSI, ERNESTO, il ferroviere fiorentino Nello Traquandi, Francesco Fancello, Bernardino (“Dino”) Roberto, Vincenzo Calace.

“Pericolosi” per la direzione della colonia anche i capi dei comunisti: Umberto Terracini, Pietro Secchia e Mauro Scoccimarro e, quando arriva al confino, anche Luigi Longo; l’unico socialista considerato “pericoloso” è Pertini, e con lui l’anarchico Giobatta Domaschi. Quest’ultimo prende in ridere l’imposizione dell’angelo custode col moschetto: la mattina parte di corsa e corre per tutta la giornata: la sera le guardie di scorta hanno avuto il cambio varie volte, e tutte sono col fiatone, tranne Domaschi.
In questa atmosfera → SPINELLI, ALTIERO, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni si incontrarono e posero, scrivendo il → MANIFESTO DI VENTOTENE, le basi teoriche del futuro Movimento federalista europeo, in anni che sono tristemente scanditi dalle tappe della tragedia europea e italiana: lo scoppio della Seconda guerra mondiale (settembre 1939), l’intervento dell’Italia di Mussolini in guerra (giugno 1940), l’aggressione tedesca all’Unione Sovietica (giugno 1941), l’allargamento del conflitto al Giappone e agli Stati Uniti (dicembre 1941), la caduta del fascismo e l’armistizio dell’Italia con le Nazioni Unite (luglio-settembre 1943).

Note: Per approfondire:
Giorgio Braccialarghe, Nelle spire di Urlavento. Il confino a Ventotene negli anni dell’agonia del fascismo, Fratelli Frilli, 2005.
Filomena Gargiulo, Ventotene, isola di confino, Ultima spiaggia, 2013.

Ventotene, isola di confino è una voce de "L'ABC dell'Europa di Ventotene. Piccolo dizionario illustrato" a cura di Nicola Vallinoto e illustrazioni di Giulia Del Vecchio (seconda edizione Ultima Spiaggia, Genova 2022). Quest’opera è stata rilasciata con la Licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Condividi allo stesso modo 4.0 Internazionale.

L'indice completo del dizionario:
https://www.peacelink.it/europace/a/48970.html

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