Europa in cerca di sicurezza…

I progressi della politica di sicurezza alla luce degli ultimi risultati dell'azione delle istituzioni europee e della società civile organizzata
Matteo Menin (Responsabile politiche europee, Advocacy e Fund raising del CSDC)
Fonte: CSDC - Centro studi difesa civile
En.Cps - Europen network for Civil Peacee Services
EPLO - European Peacebuilding Liaison Office
www.pacedifesa.org


Nonostante il 12 e 13 dicembre scorso la Conferenza intergovernativa (CIG) si sia conclusa con la mancata approvazione del trattato costituzionale, sono stati compiuti significativi passi avanti nella creazione di una Politica di sicurezza e di difesa.
Nonostante questo fallimento annunciato, il lavoro delle Istituzioni europee è andato comunque avanti perché ingranaggi così grandi e complicati, una volta messi in moto, difficilmente si fermano [1].
Anche il mondo della società civile, però, che è sempre più diverso, ricco, visibile e fremente non si è fermato. Questo mondo, che qui a Bruxelles è sempre meglio organizzato, prosegue per la propria strada di ricerca, riflessione, proposta, azione parallela e complementare a quella della politica ufficiale. Ed anche questi ingranaggi, spinti da forti passioni ideali, difficilmente si fermano [2].
Di tanto in tanto, però, i due meccanismi paiono fondersi, le due strade incontrarsi, in convegni, riunioni di esperti, incontri in campo neutro, progetti e azioni sul terreno; ma mai, o quasi, la strada percorsa alla fine è la stessa.
Di rado questi due ingranaggi della sessa grande costruzione sociale che è l'Europa, le istituzioni e la società civile, girano nello stesso senso, nella stessa direzione.
E' anche questo, forse, il senso del fallimento della CIG. Si è voluto dar vita ad un meccanismo nuovo di revisione dei trattati che coinvolgesse l'opinione pubblica – la Convenzione ed un forum virtuale - ma non lo si è potuto o voluto sfruttare sino in fondo, così la decisione finale è tornata ai governanti scontrandosi con logiche di separazione e non di comunanza di destini. Tradendo, a mio avviso, lo spirito originario del progetto di pace europeo.


Se ad esempio consideriamo la Strategia Europea per la Sicurezza, che i Capi di Stato e di Governo hanno invece approvato il 12 e 13 dicembre scorso, vediamo che sebbene vi sia un'analisi chiara e completa delle principali fonti di insicurezza, che fa propria almeno in parte l'idea di una sicurezza multidimensionale - si afferma ad esempio che “il terrorismo nasce da cause complesse…pressione della modernizzazione, crisi sociali, culturali e politiche, alienazione dei giovani…”, che è “necessario pensare globalmente ed agire localmente”, che “nessuna delle nuove minacce alla sicurezza è puramente militare né può essere affrontata esclusivamente con mezzi militari”, che fra le nuove minacce che incombono su di noi vi sono povertà, malattie, fallimenti dell'economia e di apparati di governo, indipendentemente dalla distanza geografica che ci separa da essi; per fare solo alcuni esempi. Le risposte date, però, non appaiono sufficientemente coerenti con quest'analisi.
Si afferma, infatti, che è necessario sviluppare operazioni che coinvolgano capacità militari e civili, ma le capacità civili di intervento nelle crisi vengono identificate esclusivamente con quelle di tipo istituzionale (governative e intergovernative); si ribadisce la necessità di un'Agenzia europea degli armamenti, ma non si dice nulla riguardo ad una possibile Agenzia europea per il peacebuilding e del progetto dei Corpi civili di pace europei (progetto più volte sostenuto dallo stesso PE). Nonostante si affermi che il conflitto Arabo/Israeliano è una priorità e che è necessario continuare a cooperare con i paesi del Mediterraneo ed in generale con il mondo arabo, nessuno strumento operativo viene indicato. E poiché in quest'area del mondo l'uso di strumenti militari è, per ora, bandito; è evidente che - al di la delle enunciazioni di principio - non vi è una presa in considerazione seria del possibile uso di strumenti civili come principale mezzo per il perseguimento di una politica di sicurezza condivisa nell'area. Se si dice che la sicurezza può essere potenziata attraverso regimi di controllo delle armi e di confidence building e subito dopo si afferma che la qualità della società internazionale dipende dalla qualità dei governi che ne sono il fondamento, si dimentica che la costruzione della fiducia non passa solo per i rapporti fra governi ma deve coinvolgere tutta la società ai diversi livelli di aggregazione sociale e quindi il lavoro che molte Ong fanno per ricostruire la fiducia dal basso. In fine, si prende seriamente in considerazione la minaccia del terrorismo, riconoscendo ad Al Qaeda un ruolo distruttivo in questa società internazionale “di governi”, ma non si riconosce però un ruolo costruttivo alle organizzazioni di una società civile che è oramai organizzata ed opera a livello mondiale.
Tuttavia, dopo avere letto l'intervento di Catriona Gourlai di ISIS e di Paul Eavis di International Alert [3] - apparsi sul numero del 4 dicembre del settimanale European-Voice – dove si spiega ancora una volta come sia più che mai necessario un maggiore investimento nella creazione di capacità civili di intervento nei conflitti e che il mezzo più efficace per la selezione, la formazione ed il potenziamento di queste è senz'altro la creazione di un'Agenzia Europea per il Peacebuilding (EPA). Che permetterebbe, fra l'altro, di sfruttare efficacemente l'esperienza delle numerosissime organizzazioni non governative europee che già operano nelle zone di crisi e conflitto. E poi l'intervento di Robert Cooper (Direttore Generale per gli affari esteri del Segretarito del Consiglio dell'UE) - apparso sul numero dell'11 dicembre dello stesso settimanale – in cui si afferma che il miglior modo per combattere il terrorismo non è la guerra ma la pace, che l'eliminazione della povertà e dell'ingiustizia se non eliminerà il terrorismo rimuoverà un po' del terreno in cui esso fiorisce, che i conflitti irrisolti sono fonte di insicurezza per tutti noi, indipendentemente da dove viviamo e che la forza è efficace nel sbarazzarsi del vecchio ma non può costruire il nuovo. Mi sorge spontaneo l'interrogativo: ma questi due mondi si incontreranno mai? Questi ingranaggi distinti del progetto europeo si muoveranno mai in sincronia? A Ben leggere i due interventi ed i presupposti da cui parte la Strategia Europea, parrebbe che le condizioni oggettive ci siano, e che quindi a mancare siano il coraggio e la volontà politica dei nostri governanti.
Se però l'azione e le iniziative che molte organizzazioni stanno realizzando per influenzare l'approvazione del trattato costituzionale - come fa EPLO nel promuovere gli ECPC e l'EPA, o la stessa Conferenza di Dublino [2] - porteranno ai risultati sperati. Se cioè verrà riconosciuto nella futura Costituzione - con pari dignità e risorse proporzionali rispetto al militare - il ruolo che le centinaia di organismi civili non governativi svolgono nel garantire la nostra sicurezza promovendo anche quella altrui; vorrà dire che un cammino comune è forse cominciato e che gli ingranaggi che iniziano a muoversi in sincronia, potranno forse ridare speranza ad un'Europa che ha bisogno di nuove idee, capacità e soprattutto coraggio per realizzarle insieme.

Dicembre 2004

per informazioni m.menin@pacedifesa.org oppure www.pacedifesa.org

Note: [1] e [2] vedi l'articolo: "Gli ingranggi europei girano per la pace?" su peacelink > Europa > politica di sicurezza oppure sul numero di gennaio di Pacedifesa: www.pacedifesa.org.

[3] Entrambe queste organizzazioni sono membre attive di EPLO, a cui, attraverso il network EN.CPS, partecipa anche il CSDC – Vedasi il numero di dicembre di pacedifesa.

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