L'Italia e l'Onu: sogni & realtà

5 ottobre 2004
Stefano Vaccara
Fonte: Reporter Associati - 03 ottobre 2004

''Some Member States, however, have advocated the addition of new permanent seats: for themselves. We do not believe the Council's difficulties can be resolved through permanent, irrevocable appointments and national mandates. Such a move would sow division, frustration, and perhaps disengagement among the membership''. A parlare così, direttamente in inglese, giovedi davanti all'Assemblea Generale dell'Onu, era il ministro degli Esteri Franco Frattini. Un discorso, quello del rappresentante dell'Italia, quasi tutto incentrato sulla riforma del Consiglio di Sicurezza dell'Onu. Abbiamo riportato il passaggio che ci è sembrato più significativo, anche per il tono con cui è stato pronunciato. Ci è sembrato una specie di avvertimento dell'Italia alle ambizioni della Germania di voler andare avanti col Giappone, India e Brasile verso l'obiettivo del cosidetto ''quick fix'': una riforma veloce del Consiglio con l'ingresso di questo quartetto (+ un africano?) come nuovi membri permanenti ma senza diritto di veto.

''Alcuni Stati vogliono ora un seggio permanente solo per sé e i loro interessi... ma ciò provocherebbe negli altri discordia, frustrazione e forse addirittura disinpegno'', ha detto dunque Frattini ai ministri e capi di stato che, prima di lui, avevano ascoltato il discorso di tutt'altro tono del ministro degli Esteri Tedesco Joschka Fischer.

Quando abbiamo chiesto in conferenza stampa al rappresentante della Farnesina che cosa farebbe l'Italia, nell'eventualità che il ''blitz'' nippo-tedesco per la conquista del Consiglio di Sicurezza riuscisse e cosa volesse dire con quel ''disingagement'', ci ha risposto: ''Parlavo di un disimpegno morale che potrebbe avvenire da parte di molte nazioni... chi si sente escluso comincierebbe a nutrire una disaffezione verso le Nazioni Unite. Invece la nostra posizione è quella di una riforma che possa coinvolgere di più...''. Disimpegno morale. Sarà...

Certo che Frattini ci teneva anche a ricordare che l'Italia è tra i maggiori contribuenti finanziari dell'Onu e di truppe per il ''peace keeping and building''. Ci sarebbe spazio cioè per un altro tipo di ''disingagement''? In una intervista pubblicata sul Corriere della Sera, il ministro tedesco Fischer ha dichiarato: ''Non voglio dare valutazioni. I nostri amici italiani sanno cosa fanno. Finora avevo capito che l'Italia si batteva per un seggio dell'Unione Europea nel Consiglio, quindi in favore dell'aumento dei seggi permanenti. Ma ripeto, noi non siamo candidati contro nessuno, tantomeno contro gli amici italiani.... Vede, l'alternativa sarebbe di dire: bene, i nostri amici italiani non riescono a conciliarsi con la candidatura tedesca, ma non vogliono candidarsi in prima persona. Seguendo i criteri accettati da tutti, gli altri gruppi regionali, sia pure superando divisioni e difficoltà, avranno un rappresentante nel nuovo Consiglio allargato. Noi europei no. E perché? Perché l'Italia non accetta la candidatura della Germania, ma non si candida. Non capisco bene questa posizione. Ma io dico, sinceramente: candidatevi, sarebbe una leale competizione fra due Paesi amici e alleati''.

Fischer praticamente dice: rassegnati Italia, siamo noi a poter essere in grado di raggiungere un posto per l'Europa nel Consiglio. Gli altri europei si fidano di noi, smetti quindi di sparecchiare la tavola del nuovo Consiglio voluto anche dalle grandi potenze (tranne, ma chissà per quanto ancora, la Cina...) Almeno secondo un sondaggio, quelle di Fischer non sembrano parole al vento.

La maggioranza dei governi degli Stati Ue appoggierebbe infatti la richiesta tedesca di un seggio permanente all'Onu, almeno secondo un poll del ''Financial Times Deutschland''. Le ambasciate o i ministeri di 15 Stati Ue si sono detti in favore, sette non hanno voluto pronunciarsi e due si sono espressi in favore di un seggio europeo. Gli Stati dell'Unione sono 25 compresa la Germania. Stando al sondaggio, in favore si sono dichiarati sia i due Stati in possesso già di un seggio permanente all'Onu - Gran Bretagna e Francia - che Stati più piccoli come Belgio, Lussemburgo, Danimarca, Finlandia e Irlanda. In favore anche la Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria e Estonia. Altri Stati non si vogliono pronunciare finché non si conosceranno la proposte di riforma Onu. Favorevole ad una soluzione europea, con un comune seggio Ue, si é detta l'Olanda, che con L'Italia, è in favore di un seggio europeo e ha già bocciato la richiesta tedesca.

Un seggio per l'Ue. ''Un sogno'' come lo ha definito lo stesso Frattini? Da questa settimana di scintille europee, viste nei corridoi del Palazzo di Vetro, il resto del mondo ha avuto conferma che nessuna gravidanza per la nascita di una politica estera comune dell'Ue è ancora iniziata, insomma il ''matrimonio di interessi'' tra i 25, per quanto riguarda le strategie internazionali (e non solo per la riforma dell'Onu) non è stato consumato e chissà ancora per quanto. Frattini a New York, ha presentato una proposta (ben diversa dalla lettera di quest'estate di Berlusconi a Bush che chiedeva l'appoggio all'Italia...), che si riassume così: rafforzamento del consiglio di Sicurezza dell'Onu, attraverso una rappresentanza delle aree regionali al suo interno.

A rotazione, i paesi dell'Ue potrebbero a turno rappresentare gli interessi dell'Europa. E i seggi permanenti di Francia e Inghilterra? ''Resterebbero, nessuno si illude che in questa fase la Francia e la Gran Bretagna siano pronte a cederli al posto di un seggio Ue'' è la riposta italiana. Ecco che la logica espressa dal ministro degli esteri tedesco (la Germania concorre nel voler rappresentare ''permanentemente'' l'Europa, perché non ci prova anche l'Italia?) in tutta la sua strafottenza, può essere almeno presa sul serio. Infatti, perché il resto del mondo dovrebbe accettare un seggio all'Ue con in più quello di Francia e GB? La soluzione tedesca è prettamente nazionalistica e si muove secondo i canoni che l'interesse nazionale della Germania viene prima di quello dell'Europa.

E oltre alla Francia e alla Gran Bretagna, non trova più l'ostilità dell'amministrazione Bush (nonostante la lettera del''amico'' Silvio. Non dimentichiamo che durante la presidenza Clinton, gli Usa erano uno sponsor della candidatura nippo-tedesca). Insomma una candidatura nel segno della realtà e non dei sogni.

Invece quella italiana, almeno per ora, si basa solo su di un sogno, un'Europa che ancora non esiste.

Stefano Vaccara
(New York, grazie alla redazione di "Oggi7")

redazione@reporterassociati.org

Note: http://www.reporterassociati.org/index.php?option=news&task=viewarticle&sid=3872

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