Europa: la nuova arena del confronto politico
Con la firma a Roma del Trattato costituzionale, il 29 ottobre scorso si è aperta una fase cruciale di confronto che pone le forze politiche continentali di fronte a nuove sfide che pongono, in maniera ineludibile, l'Europa al centro del futuro confronto politico-democratico.
In tal proposito, il dibattito sulle modalità di ratifica della Costituzione europea apertosi all'interno dei venticinque paesi membri costituisce un importante crocevia per il mondo politico europeo, dal momento che il trattato-costituzione per quanto generalmente, e giustamente, considerato all'interno del meccano comunitario un importante passo in avanti, non può essere considerato un soddisfacente punto d'arrivo. Del resto, allo stato della firma a Roma, i veti nazionali e gli interessi contrapposti ancora oggi non permettono di rispondere in modo esaustivo all'interezza delle questioni poste dal mandato di Laeken di democrazia e di governance europea.
A riprova della centralità della questione, in numerosi paesi si è posta l'esigenza di avere una legittimazione popolare diretta sulla Costituzione, attraverso l'indizione di referendum di ratifica. Tale dibattito, a dimostrazione del passaggio storico e del salto di qualità che la politica europea sta vivendo, non coinvolge solo quei paesi che tradizionalmente sono più consoni all'istituto di democrazia diretta, ma riguarda un po' tutto il contesto continentale.
All'interno di questo dibattito, si possono scorgere posizioni variegate che vanno dal netto rifiuto da parte delle forze nazionaliste ed euroscettiche nel produrre qualsiasi ulteriore passo in avanti verso una maggiore integrazione europea, al no “per un'altra Europa” dei movimenti eco-pacifisti e della cosidetta Sinistra europea bertinottiana (chissà quanto i vari Colorni, Spaak, Brandt, Palme o Mitterrand sarebbero stati contenti di venir confusi con gli “eurocomunisti europei”) i quali sostengono che tale trattato costituisca un ulteriore sbilanciamento verso una politica neoliberista ai danni del modello sociale europeo.
Di particolare interesse risulta il dibattito sull'argomento in seno alle due principali famiglie politiche europee. Per quanto riguarda il Partito Popolare Europeo (PPE) vi e' una sostanziale accettazione della Costituzione proposta. Probabilmente tale posizione poggia sul fatto che questa è la compagine che ha contribuito maggiormente a determinare la struttura del trattato. Infatti sia in seno alla convenzione che all'interno della CIG vi era una maggioranza relativa di membri di questo gruppo. Viceversa le maggiori differenziazioni nel PPE si riscontrano su base nazionale, dovuto anche dell'ampiezza del gruppo stesso che porta spesso a profonde differenze nelle sensibilità europeiste delle sue delegazioni nazionali.
Più vivo il dibattito in seno al variegato Partito del Socialismo Europeo (PSE). Accanto a posizioni più moderate, vi sono posizioni più radicali, in particolare nella componente francese. Infatti il dibattito suscitato da Laurent Fabius riguardo alla necessità di non costituzionalizzare e di rivedere profondamente il Patto di stabilita in modo da rilanciare la crescita economica e occupazionale europea, ha posto al PSE la questione della identità e della natura delle scelte che il partito deve perseguire. Non si può nascondere che anche in questo caso le diverse sensibilità e interessi nazionali hanno un forte peso, ma sicuramente ciò facilita il confronto alla luce del sole su quale Europa si vuole e in che modo si possa avere più Europa.
Ad ora risulta ancora incerto che tipo di esito avranno le procedure nazionali di ratifica; se, quando e come il trattato costituzionale entrerà in vigore. Comunque laddove si terrà il referendum, la campagna elettorale andrà ad inserirsi in un dibattito più ampio sul futuro dell'Europa, in cui giocheranno un ruolo essenziale le convinzioni su come affrontare in una ottica comune questioni quali: il terrorismo internazionale, la guerra e la riforma del consiglio di sicurezza dell'ONU con la proposta di un seggio comune europeo; il rapido all'allargamento ai nuovi 10 paesi; le vicende istituzionali della commissione Barroso, il rapporto con la questione culturale del riferimento alle radici giudaiche-cristiane nella storia europea; la proposta di aprire i negoziati con la Turchia che potrebbe cambiare la stessa natura dell'Unione e avere conseguenze sul piano continentale ancora non prevedibili.
Questa enorme agenda politica, in continuo aggiornamento, rende essenziale il ripensamento a livello europeo dell'azione politica. In questo senso si deve dare ai cittadini più strumenti di partecipazione democratica; si deve ancorare maggiormente il dibattito nazionale alle tematiche europee ed internazionali, visto la loro sempre maggiore ricaduta nella vita quotidiana; bisogna uscire da un generico europeismo per confrontarsi sui contenuti e sulle questione reali, visto che l'agenda politica europea risulta in continuo divenire.
In questa ottica ogni progetto nazionale di forma politica che avvicini alla dinamica europea è più che ben accetto.
Certo è che si tratta di un processo che richiederà tempo e pazienza, beni incompatibili con la fast-food policy ma non col concetto di militanza politica.
In tal senso, quanto sta accadendo all'interno del Partito Socialista Francese col referendum interno sulla Costituzione da tenersi il primo dicembre prossimo dovrebbe essere d'insegnamento.
Partiti e movimenti se vogliono continuare a contare in quanto tali e non come appendici di singoli leader hanno il dovere di adibire spazi interni di democrazia a relative aree tematiche, allo stato limitate unicamente, nei casi piu fortunati, a virtuali forum telematici..
Solo dando reali strumenti di partecipazione e la possibilità di elaborare linee politiche condivise tra i cittadini si può evitare quello scollamento della politica e disinteresse verso gli ideali europei di cui da più parti si hanno forti segnali.
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