Europa: che fare ? Intervista a Vittorio Agnoletto, eurodeputato della Sinistra Europea

Dopo l'approvazione della Costituzione europea da parte del Parlamento europeo Europace intervista Vittorio Agnoletto, parlamentare europeo della Sinistra Europea, per chiedergli come far ripartire l'iniziativa costituente nell'Ue.
16 marzo 2005

1) Mercoledì 12 gennaio il Parlamento europeo ha approvato a larga maggioranza la risoluzione in favore della Costituzione europea e con la quale se ne sostiene ''vivamente la ratifica'' nei 25 paesi dell'Unione. Cinquecento si', 137 no e 40 astenuti. Voti contrari e astensioni hanno raccolto trasversalmente, e per motivi opposti, la posizione degli euroscettici e della sinistra europea. Tra questi ultimi il NO di Vittorio Agnoletto. Un NO di un federalista ed europeista convinto. Ci puoi spiegare il significato del tuo NO anche in prospettiva di un ritorno al Trattato di Nizza ?

Agnoletto Il mio non è un NO contro l’Europa. Io sono, addirittura, a favore di un’Europa che comprenda tutti i Balcani. Il rischio attuale è infatti che i Balcani diventino una “zona di scarico” delle tensioni politiche e dei rifiuti dell’Unione europea. Oltrechè il posto dove si recupera la manodopera a basso costo. Sono per un’Europa che comprenda tutto il continente e non solo i paesi più ricchi.

Sono per un’Europa a totale sovranità popolare dove a decidere sia il Parlamento europeo con poteri legislativi, votato a suffragio universale, con una legge elettorale uguale per tutti gli stati, altrimenti i singoli parlamentari avranno un mandato di rappresentanza diverso da Paese a Paese. Sono per una legge proporzionale unica che elegga il Parlamento europeo e per un governo europeo che risponda del suo operato direttamente al Parlamento europeo.

Quale Europa ?
Sono favorevole a un’Europa costruita da “un popolo europeo” e non come sommatoria dei diversi stati.
Penso che siano ancora molte le competenze che dovrebbero essere attribuite al Parlamento europeo e quindi sottratte agli Stati e ai governi nazionali. Occorre, quindi, superare l’attuale situazione dei tre ruoli diversi attribuiti a Consiglio, Commissione e Parlamento. E’ necessario superare la logica del voto ponderato per stati e della possibilità di veto.

Sono favorevole a un’Europa costruita da “un popolo europeo” e non come sommatoria dei diversi stati. Il rispetto e l’affermazione dei diritti devono essere di competenza europea e in particolare il welfare e la sanità.

Nella Costituzione, firmata il 29 ottobre 2004, tutti questi temi e questo spirito non li ritrovo.

Il mio NO si basa, in sintesi, sulle seguenti critiche:

1) La costituzione prevede un’Europa fondata sulla sommatoria di sovranità nazionali e quindi su un’Europa confederale con il potere fortemente spostato verso i governi e verso la Commissione che resta, comunque, espressione di accordi tra governi.

2) I diritti sono posti in condizione di subalternità alle scelte economiche.

3) La terza parte della Costituzione pone al centro il liberismo che ne diventa parte costitutiva.

Sono per un’Europa a totale sovranità popolare
dove a decidere sia il Parlamento europeo con poteri legislativi, votato a suffragio universale, e per un governo europeo che risponda del suo operato direttamente al Parlamento europeo.
Ciò non toglie, comunque, che io ritenga necessaria una Costituzione europea: una vera Costituzione e non un accordo tra stati. Il mio NO sottende un giudizio di insufficienza e non di troppa Europa. Il permanere di una presenza critica aiuta a non considerare chiusa, per sempre, questa formulazione di trattato costituzionale. Tra l’altro ci sono delle forme di partecipazione attraverso le quali i cittadini potranno intervenire nel processo: mi riferisco alla questione della raccolta di un milione di firme. Anche se non c’è ancora la legge applicativa, essa sarà uno strumento da utilizzare, quanto prima, su alcuni grandi temi che hanno un valore reale e simbolico come, ad esempio, la questione del ripudio della guerra.
E’ evidente che, dentro al gioco politico, il nostro voto si sia sommato a quello razzista e di difesa delle identità nazionali espresso dalla Lega Nord. Si tratta, ovviamente, di un No diverso e antitetico al nostro.

2) Votare no a questo trattato significa fare un passo indietro ovvero tornare al trattato di Nizza che comunque non prevede alcuni strumenti come quello della democrazia partecipativa che invece consentirebbe di superare alcune contraddizioni.

La mia posizione non è quella di ritornare al trattato di Nizza. Penso che quando la Costituzione sarà approvata, la sua modifica diventerà complicatissima. Per gli equilibri su cui poggia l’attuale Costituzione rischiamo di attendere dei decenni per la sua modifica. Se si tratta di scegliere tra il Trattato di Nizza e questa Costituzione ovviamente scelgo quest’ultima; ma ritengo che oggi un eventuale stop potrebbe rappresentare un’apertura e un rilancio del processo costituente.

3) Il Parlamento europeo con il trattato costituzionale avrà il diritto di convocare una convenzione costituente.

Si però ci vuole l’accordo del Consiglio europeo.

4) Sarà difficile da parte del Consiglio dire no a una richiesta proveniente dal Parlamento Europeo…

Trattato di Nizza o di Roma?
Se si tratta di scegliere tra il Trattato di Nizza e questa Costituzione ovviamente scelgo quest’ultima
Il Consiglio ci sta dicendo no su tutto. Un esempio concreto è il destino della risoluzione sull’Aids e sui farmaci antiretrovirali votata a grande maggioranza a Strasburgo e per la quale mi ero molto impegnato. La Commissione e il Consiglio ci hanno risposto che non ne avrebbero tenuto conto; in particolare, per quanto riguarda un impegno preciso in cui si chiedeva alla Commissione di modificare la politica sui farmaci del WTO.

E, ancora, il parlamento europeo ha votato per mantenere le sanzioni verso Cuba e la Commissione le ha cancellate.

Ho riportato volutamente due esempi fra loro di segno differente per meglio evidenziare l’atteggiamento del Consiglio e della Commissione: dove non c’è l’obbligo della codecisione ambedue questi organismi non tengono minimamente in considerazione il voto del Parlamento europeo.

5) Ciò non è sempre vero. Si pensi, per esempio, al caso della nomina della Commissione guidata da Barroso e alla bocciatura della candidatura di Rocco Buttiglione.

Ma quella era infatti una scelta obbligata, se Barroso non avesse modificato la sua squadra la Commissione proposta sarebbe stata bocciata.

6) Al di là della valutazione sul trattato costituzionale europeo sia tra coloro che si sono espressi per il SI sia tra quelli che hanno votato NO c'è un atteggiamento critico nei confronti della Costituzione europea perchè ha dei limiti evidenti. Ritieni possibile, alla luce delle varie posizioni espresse durante l'ultima sessione di Strasburgo, un'alleanza federalista trasversale al voto espresso dal Parlamento europeo sulla costituzione? E in quest'ottica, non credi che, l'intergruppo federalista nel Parlamento europeo, possa diventare il luogo dove sperimentare quest'alleanza per ripartire con una nuova iniziativa costituente che superi i limiti del trattato costituzionale

La mia risposta è SI.

Avevo mandato un messaggio all’intergruppo federalista dicendo che fino a quando esso pone al centro delle sue riunioni il sostegno alla Costituzione europea io non avrei partecipato perché la mia è una posizione differente. Se superiamo la questione della ratifica ed andiamo a vedere come si possa costruire una Europa federalista nel futuro, io credo che l’intergruppo potrà giocare un ruolo importante a condizione di porre al centro della sua attività la costruzione di un’Europa federalista senza per questo dover sposare uno specifico modello economico perché ovviamente su questo specifico punto vi sono opinioni molto differenti.

Io penso che l’intergruppo federalista, proprio perché è un intergruppo, abbia un senso nel momento in cui si pone trasversalmente ai gruppi politici europei. Come ho già detto, in precedenza, io sono favorevole a un’Europa a sovranità popolare e su questo forse posso trovare un accordo, anche, con un conservatore della destra francese!

7) Il processo di integrazione politica dell'Europa non si ferma il 29 ottobre 2004 con la firma del trattato costituzionale avvenuta a Roma con la presenza dei 25 capi di stato e di governo dell'Unione europea. Si tratta di un ulteriore passo verso l'Europa federale sognata da Spinelli e Rossi nel Manifesto di Ventotene. Per superare gli ostacoli posti dai governi nazionali e dalle forze conservatrici all'obiettivo di un'Europa federalista, sociale, democratica e pacifista occorre una grande mobilitazione dal basso del popolo europeo. Di quei/lle cittadini/e europei/e che da Genova in poi sono scesi in piazza per rivendicare un'Europa, soggetto di pace, che ripudia la guerra come strumento di risoluzione delle controversie internazionali. Quali possono essere le iniziative dei cosidetti "movimenti costituenti", e del Parlamento europeo, per modificare la costituzione europea ?

Il movimento e l'Europa
E questo movimento che non ha come riferimento l’orizzonte nazionale, ma una dimensione globale, è destinato a diventare un alleato spontaneo ed importante per chi vuole costruire l’Europa.
Il movimento ha fatto un suo percorso. I movimenti dell’Europa latina sono arrivati tardi a discutere di Europa. Non è un problema solo italiano ma anche dei greci, degli spagnoli e dei portoghesi. Solo negli ultimi tre anni è partita una rincorsa sulle tematiche europee anche perché una parte della sinistra proveniva da una posizione netta con il “NO all’Europa di Maastricht”: l’Europa veniva vista come un semplice accordo tra i grandi capitali finanziari. La consapevolezza che c’è una possibilità storica e non solo ideale di costruire un’Europa fondata su altri valori è stata acquisita, solo recentemente, dai movimenti europei. Con l’ultimo forum sociale europeo di Londra abbiamo superato le perplessità dei movimenti inglesi che non volevano porre il dibattito sull’Europa come uno dei filoni centrali del forum. Su questo punto c’è stata una vera battaglia ed è stata vinta.

Agnoletto Oggi i movimenti possono diventare dei soggetti fondamentali per la costruzione di un’Europa pacifista. Sono certo che le questioni della pace e della cittadinanza europea siano temi che possano unire anche settori diversi. La cittadinanza, ad esempio, i movimenti la vedono non come una cittadinanza di serie B, ma sostengono la possibilità di una cittadinanza europea di primo livello che riguarda tutti coloro che in Europa vivono, lavorano, abitano da un certo numero di anni. Da ciò deriva una diversa impostazione alla problematica immigrazione. E questo movimento che non ha come riferimento l’orizzonte nazionale, ma una dimensione globale, è destinato a diventare un alleato spontaneo ed importante per chi vuole costruire l’Europa.

Il passaggio attraverso l’Europa è ineludibile. Ma oggi che si parli del WTO, del Gatt o dei Trips l’UE è una controparte politica dei movimenti per la politica che sta realizzando attualmente; ma guardando al futuro, resta un necessario soggetto politico per realizzare politiche globali, ma con obiettivi e modalità ben differenti e antitetiche al modello liberista.

Infatti l’idea di un mondo multipolare può passare solo attraverso la costruzione dell’Europa in termini politici ed economici.

Io penso ad un mondo dove attorno alla costruzione di aree economiche come il Mercosur, l’Europa, l’Asean e un’area economica africana, ancora tutta da costruire, si avvii il percorso verso la definizione di regioni politiche continentali capaci di entrare in relazione tra di loro sulla base di rapporti fondati sul mutuo rispetto. Per raggiungere questo obiettivo la costruzione dell’Unione Europea rappresenta una tappa ineludibile.

In questo processo vedo due contraddizioni molto accentuate che riguardano i partiti politici e le organizzazioni sindacali. Il problema dei partiti è che il loro consenso deve essere ottenuto a livello nazionale. La loro legittimità deriva dal voto nazionale, ciò li vincola a ”restituire” i risultati ai propri elettori e a vivere la politica in termini di interesse nazionale. E dentro questa logica di competizione nazionale ci sono ancora gran parte delle forze sindacali.

E’ possibile superare la competizione nazionale avendo come obiettivo la costruzione europea solo se ragioniamo in termini mondiali. E ragionare in termini mondiali aiuta a costruire l’Europa.

Non è sufficiente stabilire che il lavoratore italiano non deve trovarsi in competizione con il lavoratore tedesco; è necessario che il lavoratore italiano non sia in competizione neanche col lavoratore cinese e che, di conseguenza, ci si batta per un aumento dei diritti di tutti i lavoratori.

Lo sguardo altromondialista dei movimenti
è un elemento che facilita la costruzione di un’Europa che superi la competizione tra mercati nazionali. I movimenti [..] sono gli alleati naturali di chi vuole costruire un’Europa federalista fondata sulla giustizia sociale.
Occorre, quindi, muoversi per una riorganizzazione del mondo del lavoro. La lotta per i diritti dei lavoratori dei Paesi del sud del mondo non necessariamente deve produrre disoccupazione nel primo mondo. E’ necessaria una politica mondiale di redistribuzione delle risorse, capace di porre al centro la giustizia sociale e i diritti di tutti e non i profitti di pochi.
Se questo criterio si applica a livello mondiale e, quindi, si evita la guerra tra poveri, allora, automaticamente, la costruzione dell’Europa sociale viene facilitata.

Lo sguardo altromondialista dei movimenti è un elemento che facilita la costruzione di un’ Europa che superi la competizione tra mercati nazionali. I movimenti, per come si sono collocati negli ultimi anni (attraverso un corso accelerato che forse va ancora metabolizzato) sono gli alleati naturali di chi vuole costruire un’Europa federalista fondata sulla giustizia sociale.

8) Quali sono i punti fondamentali da cui partire per riaprire il processo costituente tramite l’articolo sulla democrazia partecipativa?

Prima Persona di Agnoletto 1) Il primo obiettivo è la costruzione di un’Europa pacifista che guardi al Sud del mondo e che ripudi la guerra come strumento di risoluzione delle controversie internazionali. Un’ Europa che non abbia come obiettivo il dominio del mondo e la competizione con gli Usa sul loro stesso terreno. La competizione con gli Usa va condotta su un modello alternativo, sostanzialmente diverso e non su un modello simmetrico e speculare.

2) Nell’Unione Europea il rispetto dei diritti universali, dalla salute al lavoro, dal welfare all’istruzione, deve essere garantito a chiunque, compresi gli immigrati. Diritti esigibili legati ad una cittadinanza europea di residenza.

3) La terza questione riguarda un’Europa in grado di costruire, su una base di reciproco rispetto e di giustizia, le proprie relazioni con l’altra parte del mondo.

Gli EPA, per fare un esempio, sono gli accordi bilaterali tra l’Ue e i paesi più poveri del mondo che dovrebbero essere realizzati per aiutare la loro evoluzione ma che nei fatti sono costruiti unicamente per consentire la penetrazione delle multinazionali europee in questi Paesi, togliendo loro ogni forma di difesa delle economie locali. L’Europa, che i movimenti hanno in testa, ha un rapporto diverso con i paesi del sud del mondo, e, quindi, un rapporto diverso sui Gatts, cioè sul libero commercio dei servizi dove il WTO chiede la disponibilità a inserire in questo accordo anche i servizi sulla sanità e sull’istruzione.
Per ora i servizi sulla sanità e sull’istruzione dipendono dai singoli stati e sono considerati dei diritti. Il WTO chiede di inserire anche questi servizi nel mercato mondiale in modo tale che i servizi vengano gestiti dal migliore offerente ovvero dalle grandi multinazionali.
L’attuale Commissione Europea non solo è a favore di questa impostazione ma chiede ai paesi del sud del mondo di fare altrettanto. L’Europa, ad esempio, ha chiesto all’Indonesia di inserire nel Gatts i servizi sanitari perché, ovviamente, c’è qualche lobby europea interessata a gestirli. Questa è una forma di liberismo che prevede la privatizzazione dei grandi servizi.

I movimenti, invece, pensano a un’Europa, che non punti alla privatizzazione dei servizi e ad obbligare gli altri Paesi a fare lo stesso, ma che si ponga l’obiettivo della definizione di relazioni paritetiche da costruire con strumenti opportuni. Pensiamo solo alla richiesta, avanzata a Porto Alegre dai Paesi del sud del mondo, all’Europa e agli Usa di sospendere le sovvenzioni alle esportazioni agricole che comportano la distruzione della produzione agricola dei Paesi più poveri attraverso il dumping. L’Europa che vogliamo non è questa.

Infine non dimentichiamo che l’articolo 47 rappresenta, sicuramente, un terreno di lavoro per il movimento. La possibilità concreta di utilizzarlo dipende dall’emanazione delle norme attuative. Una volta che questo limitato, ma importante, strumento di partecipazione popolare sarà reso disponibile il movimento non esiterà ad utilizzarlo.

Note: L'intervista è stata registrata telefonicamente sabato 5 febbraio 2005.

Altre interviste sul voto del Parlamento europeo:

Europa: che fare? Intervista a Monica Frassoni, co-Presidente del gruppo dei Verdi/ALE al Parlamento europeo

http://italy.peacelink.org/europace/articles/art_9355.html

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