Cancellare il debito si deve e si può

Lettera inviata ai Presidenti della Camera e del Senato e ai Capigruppo della Camera e del Senato
26 gennaio 2005
Raffaella Chiodo (Sdebitarsi)

Non possiamo dimenticare!

La tragedia dello tsunami e la crisi argentina hanno ricordato a tutti che il problema debito estero dei paesi del Sud del mondo e’ancora drammatico, concreto e irrisolto. A fronte delle sempre più scarse risorse destinate dai paesi ricchi allo sviluppo dei paesi poveri, quelle loro versate dai paesi poveri per ripagare il debito sono di gran lunga superiori. Negli ultimi anni il Sud del mondo ha ripagato più di 230 miliardi di dollari l’anno su un debito che supera i 2.500 miliardi di dollari a fronte di 50 miliardi di dollari di aiuti e di 100 miliardi di rimesse che gli immigrati mandano ai loro paesi. Il povero Sud diventa sempre più un finanziatore del ricco Nord offrendo come garanzia per il ripagamento del debito le proprie risorse naturali e perpetrando così un’ingiustizia storica mai risolta, che smaschera l’ipocrisia delle misure adottate fino ad ora per affrontare la questione del debito.

Anche l’iniziativa Hipc di Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale, avviata su richiesta del G8 nel 1996 è fallita, visto che ha cancellato appena un terzo del debito dovuto a queste istituzioni dai paesi più poveri e più indebitati. E chi ha avuto il debito cancellato, a causa delle condizioni imposte dal FMI si è ritrovato subito di nuovo con un debito insostenibile e non potrà mai raggiungere gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio fissati da tutti i governi nell’ambito delle Nazioni Unite.

La grande mobilitazione internazionale sviluppatasi in vista del Giubileo del 2000 chiedeva ai governi e alla comunita’ internazionale di cogliere quella occasione simbolica per cancellare il debito, permettendo cosi’ ai paesi poveri di avere un nuovo inizio libero dal fardello del debito e di uscire dalla povertà. A cinque anni da allora, constatiamo che e’ stata un’occasione storica in gran parte sprecata. Si sono infatti registrate positive iniziative di singoli stati comunque insufficienti di fronte ad una questione che ha carattere globale e richiede risposte di respiro globale.

Le iniziative annunciate più volte dal G8 ed in altre sedi internazionali sono state puntualmente disattese.
La Conferenza ONU di Monterrey che doveva individuare gli strumenti e le misure utili al reperimento delle risorse necessarie a finanziare i programmi d’azione elaborati dalle conferenze tematiche dell’ONU di Rio de Janeiro, Pechino, Copenhagen e Cairo per affrontare i grandi problemi del pianeta, ha prodotto soltanto impegni in favore di misure e iniziative parziali ed insufficienti.

Cosa è stato fatto dall’Italia

In Italia forte e’ stata la mobilitazione e la campagna “Sdebitarsi” per la cancellazione del debito –ha conquistato nel luglio del 2000 uno straordinario strumento, la legge 209. Una legge unica nel suo genere a livello mondiale che disciplina la cancellazione dei crediti governativi bilaterali italiani.

Dalla sua entrata in vigore ad oggi la 209 ha più volte subito il tentativo da parte del Governo di depotenziarla e perfino azzerarla. Il primo fra questi e’ stato il regolamento attuativo che ha introdotto elementi che hanno indebolito l’efficacia dell’iniziativa e dilazionato i tempi di applicazione. Quindi l’Italia, nonostante si fosse impegnata ad andare oltre l’approccio multilaterale, di fatto ha continuato a seguire i dettami del FMI anche in caso di cancellazione del proprio debito bilaterale.
Ad oggi soltanto la metà della cancellazione è stata raggiunta in violazione della scadenza originaria di tre anni - 2 miliardi di Euro a fronte degli 8.000 miliardi di vecchie lire stabiliti come soglia minima, e ancora meno rispetto ai 12.000 miliardi auspicati come obiettivo politico molto più significativo.

Inoltre alcuni articoli considerati punti qualificanti della legge non sono stati pienamente applicati. Ad esempio l’articolo 7 che impegna il Governo Italiano ad attivarsi per promuovere nelle sedi internazionali il coinvolgimento della Corte Internazionale di Giustizia, e’ stato totalmente disatteso. Anche l’art. 5, che permette la cancellazione del debito dei paesi che vengono colpiti da disastri naturali e’ rimasto inapplicato nell’occasione drammatica del maremoto che ha sconvolto il sud est asiatico e l’Africa orientale lo scorso 26 dicembre.

Allo stesso tempo in Italia la cancellazione del debito e’ stata strumentalmente utilizzata per cancellare anche la cooperazione. Le risorse per lo sviluppo allocate con la legge finanziaria del 2005 per gli aiuti pubblici allo sviluppo corrispondono allo 0,11. Una politica di aiuto pubblico allo sviluppo se vuole essere seria e credibile deve fare marciare di pari passo la cancellazione del debito con l’allocazione di nuove risorse per la cooperazione. E’ scandaloso che una tale pratica sia stata legittimata alla fine anche in ambito di OCSE da parte dei principali paesi donatori.

Cosa dobbiamo chiedere

- Nello spirito della legge 209 chiediamo che anche i crediti commerciali controllati dalla SACE e che si pretende di recuperare dai paesi colpiti da disastri naturali siano soggetti ad un processo di cancellazione in nome del principi di forza maggiore. Ci opponiamo a procedimenti di riconversione di questi debiti che liberano risorse per finanziarie nuove appalti con un coinvolgimento preferenziale delle imprese italiane nella ricostruzione

- Il Club di Parigi che racchiude i 19 paesi creditori più ricchi al mondo e discute la ristrutturazione dei debito commerciali sotto controllo statale ha mostrato come, dopo la decisione del G8 di Evian, è possibile anche cancellare il debito se si vuole, come avvenuto recentemente per l’Iraq, anche se la cancellazione all’80% subordinata alle pesanti condizionalità del FMI risulti troppo limitata e controproducente per la sovranità del popolo iracheno. Denunciamo la pratica del Club di Parigi di decidere su ristrutturazioni ed eventuali cancellazioni parziali del debito sovrano dei paesi del Sud del mondo, in quanto impone le sue decisioni ai debitori senza permettere alcun negoziato.

- I grandi creditori privati, banche e imprese, continuano a rifiutarsi di accettare il principio della cancellazione del debito, come nel caso Argentina, e minacciano i paesi del Sud che in caso si proceda ad una cancellazione il loro rating finanziario e di conseguenza l’afflusso di prestiti ed investimenti esteri diminuirà sensibilmente. Crediamo che anche il debito privato debba essere sottoposto ad una verifica indipendente, equa e trasparente gestita ad esempio attraverso forme di arbitrato, che valutino la sua legittimità e considerino quindi le responsabilità anche dei creditori privati nella sua generazione.

- Occorrono sedi istituzionali multilaterali, la cui legittimita’ ed autorevolezza siano universalmente riconosciute, in cui affrontare e regolare la questione del debito sulla base di nuovi criteri e processi di arbitrato indipendente e rivedere più in generale i meccanismi finanziari, economici e geopolitici che lo hanno prodotto negli ultimi anni. Anche in materia di gestione del debito, servono soluzioni globali, ed il coraggio di una radicale svolta politica, onde rallentare subito il progressivo impoverimento dei paesi del Sud del mondo, causato dal potere di controllo finanziario e dal ricatto politico esercitati dai paesi creditori.

- Il 2005, apertosi all’insegna della tragedia dello tsunami che ha mosso una solidarietà senza precedenti nella cittadinanza globale, ma non nelle stanze dei banchieri pubblici e privati dei paesi ricchi, presenta importante scadenze in cui il dramma del debito sarà nuovamente discusso. E’ stata offerta la moratoria sul debito di Sri Lanka, Seychelles ed Indonesia colpiti dalla tragedia del maremoto, ma ciò che occorre e’ la sua cancellazione. Ci vorranno decenni per ricostruire quei paesi e le risorse fin qui messe a disposizione dalla comunità internazionale sono generose ma palesemente insufficienti. Il debito è stato cancellato nel caso dell’Irak, perché non anche a paesi infinitamente più poveri, come quelli colpiti dallo tsunami, e privi delle straordinarie risorse petrolifere irachene?

- Perfino il G8 stesso ormai ammette di fatto che l’Iniziativa Hipc è fallita ed il governo inglese, che tiene la presidenza, si è già espresso in favore della cancellazione al 100 per cento del debito dei 41 paesi più poveri ed indebitati al mondo. Crediamo che questa debba avvenire immediatamente tramite una vendita responsabile delle riserve auree del FMI tale che non abbia un impatto negativo sul prezzo dell’oro a svantaggio del Sud del mondo e con versamenti di risorse fresche ed addizionali, senza alcuna condizione imposta né dal G8 né dal Fondo Monetario Internazionale.

- Chiediamo che siano sostenute le forme di partecipazione e rappresentanza delle società civili nella gestione delle risorse liberate dalla cancellazione e messe a disposizione dei governi dei paesi più poveri per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo del millennio. Chiediamo inoltre che sia sostenuto ogni altro meccanismo innovativo di reperimento di risorse per lo sviluppo sui mercati internazionali in quanto tali fondi non devono essere utilizzati per la cancellazione del debito, e in ogni caso non dovranno incidere sui fondi da destinarsi alla cooperazione internazionale.

Raffaella Chiodo Sdebitarsi
Alberto Castagnola Rete Lilliput
Luca De Fraia Azione Aiuto
Giulio Marcon Sbilanciamoci
Antonio Tricarico Campagna Riforma della Banca Mondiale
Alex Zanotelli missionario comboniano

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