Costituzione Ue: Dichiarazione del Tribunale costituzionale spagnolo a tutela dei diritti dei cittadini
La dichiarazione del Tribunale costituzionale spagnolo del 13.12.2004 ha l’indubbio valore di un evento di importanza europea. Il Tribunale ha da sempre manifestato un atteggiamento di grande apertura nei confronti del Bill of rights che, proclamato inizialmente a Nizza nel Dicembre 2000, con il “Trattato che istituisce la prima Costituzione dell’Unione europea” firmato a Roma il 29 Ottobre verrà (se il processo di ratifica si completerà con successo) ad essere incorporato nelle sue regole fondamentali (1). Ancor prima della sua “proclamazione” il Tribunale iberico - prima fra le Corti europee - lo menzionò(2) nell’ottica- poi seguita anche dalla nostra Corte (3) - del documento solenne che attesta il patrimonio comune alle tradizioni costituzionali dei paesi membri. Da quel momento in poi la Carta di Nizza ha iniziato la sua lunga strada nel “circuito giuridico europeo”: ad essa si sono nel tempo riferiti non solo la Commissione europea che ha dichiarato di volersi attenere alla sue disposizioni, il mediatore europeo, il Tribunale di prima istanza in numerose occasioni, i procuratori generali nelle loro conclusioni, la Corte europea di Strasburgo, i giudici ordinari dei vari stati. A cascata persino alcune Regioni italiane l’hanno richiamata nei loro nuovi Statuti (4).
Tuttavia la particolare importanza di questa pronuncia della suprema autorità giurisdizionale spagnola sta nell’affrontare espressamente la questione del rapporto tra livello di protezione assicurato a livello nazionale e livello di protezione sotto lo scudo della Carta di Nizza.
Sin dalla sua proclamazione nel 2000, alcuni autori (5) prospettarono il pericolo di arretramento nell’effettività delle garanzie individuali e collettive in relazione al carattere molto astratto e talvolta generico di alcune formulazioni della Carta europea – soprattutto in campo sociale -, se confrontato con le analoghe norme delle Costituzioni nazionali in correlazione con la nota prevalenza del diritto di matrice comunitaria sulle disposizioni interne, anche di rango costituzionale affermata dalla giurisprudenza della Corte del Lussemburgo e ribadito nel “Trattato costituzionale“ firmato a Roma (v. art. 1.6). Nel dibattito italiano questa preoccupazione è stata piuttosto diffusa, ed è sembrata anche confermata dai continui (e completamente abusivi) riferimenti alla Carta di Nizza nel “Libro bianco” Biagi sul mercato del lavoro il quale - nel sopprimere o limare alcune conquiste sociali- ne affermava confusamente una sorta di “legittimità europea” (6). In realtà basterebbe l’esame attento di tutti i casi sin qui registrati di “applicazione“ della Carta per dimostrare come , nella realtà giurisprudenziale europea, il Bill of rights sia stato costantemente utilizzato nelle più svariate materie univocamente in bonam partem, per incrementare i livelli di protezione del singolo e non per ridurli ad un piano di tutela “minimo”.
Inoltre questo approccio sembra assumere in modo troppo semplicistico che un confronto tra Costituzioni nazionali Bill of rights europeo dimostri sempre un vantaggio garantistico per le prime, il che - a ben vedere - non è poi così fondato. Se non altro per l’epoca della redazione anche una Carta come la nostra non contempla molti diritti essenziali, persino nel campo lavoristico- come il diritto alla consultazione e informazione nei luoghi di lavoro o il divieto di recesso ingiustificato, e ignora numerose altre prerogative del “cittadino laborioso“ dal diritto alla formazione permanente e continua, alle “libertà nella rete”, al basic income (v. art. 34 comma terzo della Carta di Nizza ecc.) (7) . Ma se pure si volesse concludere che il cittadino (e in particolare il lavoratore) è tutelato sempre e comunque in modo più favorevole dalle Costituzioni dei singoli Stati (il che, al più, potrebbe essere sostenuto in relazione ad alcune Costituzioni di segno marcatamente progressista, ma in nessun caso dal punto di vista superiore dell’interesse generale europeo) la Corte spagnola finalmente dà il giusto rilievo ad una norma specifica della Carta che, da sempre, ha risolto la questione e che l’ottica maligna dei “critici-critici” di parte euroscettica semplicemente dimenticano di esaminare.
La Higher Court iberica ricorda che l’art. 53 della Carta di Nizza (ora art. II.113 del Trattato costituzionale) stabilisce che nessuna disposizione di questa può essere interpretata “come limitativa o lesiva” dei diritti protetti dalle Costituzioni nazionali (oltre a quelli acclarati nelle Convenzioni internazionali riconosciute dai paesi membri e dalla Cedu del 1950).
La Carta quindi vale solo in bonam partem, non in senso contrario, il che implica una “incorporazione“ dei diritti di fonte costituzionale interna nell’ordinamento comunitario, del quale - come ovvio - non hanno mai fatto parte sino ad oggi.
La pronuncia spagnola attesta finalmente, con l’autorevolezza necessaria, che trascende la precarietà delle mere interpretazioni dottrinarie (8) l’esistenza di un sistema “multilevel” nella protezione dei diritti fondamentali in cui prevale - in virtù della citata norma della Carta - sempre la disposizione più favorevole in caso sia ipotizzabile un contrasto tra fonti diverse . Importantissima è anche la ricostruzione di questa conclusione. Il Tribunale costituzionale ricorda come il “costituzionalismo europeo” sia nato sulla base delle linee di convergenza di quelli nazionali, per l’opera creatrice di alcune rivoluzionarie sentenze della Corte europea del Lussemburgo che affermarono - senza alcun appoggio normativo nei Trattati - sin dagli anni 60 il principio di tutela dei diritti fondamentali anche da parte della Comunità, derivandoli in sostanza dalla comune tradizione garantistica delle Corti costituzionali del vecchio continente.
Questo vaso comunicante tra l’opera delle Corti e la tutela europea dei diritti fondamentali è stata peraltro mantenuta nel secondo Trattato di Roma (art. 1.9): se si consolidasse nella giurisprudenza di rango superiore un “nuovo diritto“ fondamentale (ipotesi poco plausibile, ma non per questo impossibile), questo troverebbe protezione da parte dell’Unione come “ principio generale del diritto dell’Unione “ , senza alcun bisogno di riscrivere la Carta. In sostanza occorre ormai vedere le protezioni dei diritti fondamentali in un continuum bidirezionale, non solo in senso discendente (dall’Unione agli Stati nazionali), ma anche in senso ascendente (dalla giurisprudenza delle varie Corti e dei giudici ordinari agli organi giudiziari dell’Unione). Del resto l’art. 1.5 del “Trattato costituzionale” stabilisce che “secondo il principio di leale collaborazione l’Unione e gli Stati membri si rispettano e si assistono reciprocamente nell’adempimento dei compiti derivanti dalla Costituzione…“ , il che esclude che si possa formare una sorta di concorrenza tra Carte fondamentali. La Costituzione dell’Unione è ormai un’entità “composta“ che integra quelle nazionali: il messaggio che ci viene dalla pronuncia spagnola è anzi nel senso che una “valorizzazione“ di queste ultime è veramente possibile solo nell’ottica “multilivello” di osmosi con le regole fondamentali dell’Unione (9).
L’importanza di queste affermazioni risiede però anche nelle conseguenze pratiche: il cittadino di uno Stato potrà, in presenza di un provvedimento a matrice europea o di un atto nazionale applicativo di questo (secondo una stima approssimativa circa il 70% delle norme di nuova approvazione in ogni Stato dell’Unione) che pregiudica un diritto garantito da una determinata Costituzione nazionale, ricorrere – prima facie - ai mezzi giudiziari che l’Unione appresta - a seconda delle situazioni - contro gli atti che ledono i diritti fondamentali (che vanno dall’impugnazione per annullamento al giudizio di rinvio pregiudiziale davanti la Corte europea del Lussemburgo sino alla richiesta di disapplicazione ai giudici ordinari) (10), mezzi di reazione che la Costituzione ha peraltro rafforzato. Certo ancora la giurisprudenza e la dottrina non hanno ancora avuto modo di valutare tutte le conseguenze che derivano dal “prendere sul serio“ la clausola di salvaguardia dell’art. 53 della Carta di Nizza , ma la pronuncia spagnola apre una strada assai promettente e certo molto più affascinante di quella che vede il “costituzionalismo in un paese solo“ contrapporsi caparbiamente a quello nascente di rango continentale.
2) Tribunale costituzionale spagnolo sentenza n.292\2000
3) V. Corte Costituzionale sent. n. 135\2002 e n. 445\2002 nelle quale si richiama “ il suo carattere espressivo dei principi comuni agli ordinamenti europei”; per una valutazione delle differenze tra i richiami del Tribunale spagnolo alla Carta e di quelli della nostra Corte v. A. Celotto “ Carta dei diritti fondamentali e Costituzione italiana : verso il “ Trattato costituzionale “ europeo “ in Europa e diritto privato 2003,33 ss.
4) Per una ricostruzione esaustiva di questa vicenda v. A. Celotto e G. Pistorio “ L’efficacia giuridica della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea ( rassegna giurisprudenziale 2001-2004) “ in corso di pubblicazione su Giurisprudenza italiana
5) V. U. De Siervo “ “ I diritti fondamentali europei e i diritti costituzionali italiani ( a proposito della “ Carta dei diritti fondamentali “ e , in modo molto più prudente, D. Grimm “ Il significato della stesura di un catalogo europeo dei diritti fondamentali nell’ottica della critica dell’ipotesi di una Costituzione europea “ , entrambi in ( a cura di G. Zagrebelsky) “ Diritti e Costituzione nell’ Unione europea “ Bari, Laterza 2003
6) Sul punto e sul principio comunitario di “ non regresso” rimando a M. Roccella “ Diritto comunitario, ordinamenti nazionali, diritto del lavoro” in WP C.S.D.L.E. Massimo D’Antona n. 49\2004 e a D. Bifulco “ L’inviolabilità dei diritti sociali “ Napoli 2003
7) V. G. Bronzini “ La Carta dei diritti fondamentali e il modello sociale europeo “ in ( a cura di F. Petrangeli “ Una Costituzione per l’Europa? “ Roma 2004
8) V. comunque il commento alla Carta di R. Bifulco, M. Bifulco e A. Celotto “ L’Europa dei diritti “ Bologna 2001
9) In sede teorica v. I. Pernice e R. Kanitz “ Fundamental rights and multilevel constitutionalism in Europe” WHI paper n. 7\2004; I. Pernice e F Mayer “ La costituzione integrata dell’Europa” in ( a cura di G. Zagrebelsky ) “ L’Europa dei diritti “ cit.
10) Si potrebbe forse anche pensare ad un atto di impugnazione dei singoli Stati in difesa dei diritti delle loro Costituzioni.
Si tratterebbe di una prospettiva molto più praticabile di quella suggerita in alcune sentenze della Corti costituzionale italiana e di quella tedesca circa l’esistenza di “ controlimiti “, rappresentati per la prima dai “ principi supremi dell’ordinamento costituzionale” e per la seconda dal rispetto dei diritti fondamentali al principio di prevalenza del diritto di matrice comunitaria su quello nazionale. Facendo valere l’art. 53 della Carta di Nizza direttamente davanti organi giurisdizionali europei ( come sono anche i giudici ordinari) si agirebbe immediatamente in un’ottica multilivello, che non ha bisogno di mettere un piano costituzionale contro l’altro.
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