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La storia si ripete. Oggi arrivano in Italia Ukraine e Polacche alla ricerca di un guadagno economico per mantenere le loro famiglie al paese di origine. Vengono occupate nei lavori stagionali come in passato lo erano le nostre "mondine".

Le Nuove Mondine

P. Giorgio Poletti
Fonte: Missionari Comboniani di Castel Volturno

Le “nuove mondine”

Processione Polacca

E’ come un salto indietro nel nostro passato, ad antichi ricordi del dopoguerra, quando generazioni di donne italiane, giovani e non più giovani, lasciavano le loro regioni per i lavori stagionali come la “risaia”. Lasciavano la loro casa, spesso i figli per fare la campagna del riso. Andavano verso il Nord, il luogo del riso, che per molte donne del tempo rappresentava la speranza di guadagnare un po’ di soldi. Venivano alloggiate in capannoni, in gruppi, una branda per dormire, il rancio a mezzogiorno e spesso dovevano sottostare alle angherie dei padroni che sfruttavano la loro debolezza, il loro bisogno di un po’ di denaro e anche la loro solitudine.

Quello che è successo a noi, alle nostre donne: l’umiliazione e il sopruso sta succedendo ancora oggi. Essere donna e straniera, in una cultura come questa basata sul denaro e sul potere è una debolezza. La donna deve chiedere, deve sottostare e allora può solo usare quello che ha: la sua bellezza, il suo corpo… E i nostri uomini impazziscono per queste bellezze diverse, bionde, alte, non sono abituati a questo genere di donna… E’ un’invasione di polacche, ucraine, con il loro carico di sofferenza, le loro storie passate. E’ la migrazione della sofferenza. Sono quasi tutte lavoratrici e dedicate alla famiglia e stanno facendo sacrifici per un figlio, una figlia che ha bisogno di medicine o di studiare… al loro paese e per questo si sottopongono ad ogni sacrificio. Spesso è una lunga fila di donne in attesa che aprano la distribuzione alla CARITAS, in maggioranza ucraine e polacche, qualche africana, pochissimi gli uomini. Sono persone sole, isolate e spesso diffidenti. Le loro nazioni, rette in passato da dittature, si sono sfasciate politicamente e culturalmente e ora queste donne hanno pochi riferimenti culturali, non molto a cui aggrapparsi. Sono in fila ed una ad una si avvicinano a ricevere la solita busta contenente i prodotti del Banco Alimentare: un po’ di riso e pasta, olio quando c’è, distribuiti da zelanti volontari della parrocchia. C’è la difficoltà delle lingue, nessuno dei presenti italiani sa l’ucraino e il polacco, ci si intende a gesti. Dentro di me c’è una domanda: ma al di la di quel misero pacco che cosa possiamo fare noi, per salvaguardare la loro dignità e anche la loro fede? Come si può rispettare la loro dignità di persone umane e aiutarle affinché non la perdano.
Noi celebriamo la S.Messa in polacco nella nostra chiesa di S.Maria dell’Aiuto. All’inizio, la prima volta è stata per me una fatica e sapendo che in quel periodo gli immigrati dell’Est erano quasi tutti impegnati nella raccolta del pomodoro o altri prodotti agricoli stagionali pensavo che non ci sarebbe stato in Chiesa nessuno, invece mi sono commosso quando arrivato in Chiesa ho trovato una quindicina di polacchi che mi aspettavano per celebrare l’Eucarestia.

La presenza di migliaia e migliaia di questi immigrati dell’Est, accolti con tanta diffidenza e in una prospettiva di rendimento lavorativo, senza rispetto per la loro cultura e le loro radici interroga i più sensibili di noi sul come aiutare queste persone ad avere una vita umana degna, a non perdere la propria identità. Queste donne vivono all’interno delle nostre comunità civili e parrocchiali come in un ghetto, la lingua è il primo grande impedimento che rende tutto difficile, manca una mentalità d’accoglienza e di rispetto per le loro radici, per la loro provenienza. Viviamo anche noi in un tempo di dispersione d’identità, anche noi facciamo molta fatica a ritrovare noi stessi, le nostre radici, frastornati in questo mondo in continuo cambiamento. Siamo cristiani e persone umane e non possiamo fare di questi disgraziati fratelli e sorelle il mezzo per fare denaro o per orgoglio costruire progetti su di loro. Dall’altra parte ci accorgiamo che i nostri vecchi sono affidati a queste donne le “badanti”, noi non abbiamo più tempo e spesso voglia di seguire i nostri parenti diventati vecchi e spesso insopportabili. E’ un servizio questo di cui noi dobbiamo essere grati.

L’immigrazione è una risorsa e in un cambio di prospettiva, cioè se noi riusciamo a vederne soprattutto gli aspetti positivi, una grande possibilità per il futuro.

Padre Giorgio

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