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Un Viaggio tra una vergogna dell'Italia: i CPT

CPT di Lamezia Terme

L'autore dell'articolo con il suo collega hanno visitato il CPT di Lamezia Terme prendendo visione di questa nuova vergogna italiana e del fallimento della Bossi Fini.
30 gennaio 2004
P.Giorgio Poletti
Fonte: Missionari Comboniani Castel Volturno

CPT di Lamezia Terme

Entriamo nella gabbia: tutt’attorno alla vecchia fattoria ristrutturata come comunità di accoglienza per i tossico dipendenti e ora adibita a centro di permanenza temporanea si erge un’altissima tripla rete di ferro. Le reti superano addirittura l’altezza della casa e per le autorità bisogna andare ancora più in alto… e mettere sbarre, aumentare le protezioni. Un cortile all’aperto di circa 20 metri per 15 serve per i momenti d’aria, non è coperto e quando piove bisogna rimanere dentro. Gli spazi sono angusti per i 92 prigionieri. Per bontà di qualcuno entriamo: Padre Franco e io, mentre le due signore che stanno con noi rimangono fuori. Siamo sacerdoti e quindi qualche volta qualcuno ci privilegia. Siamo subito attorniati dalla folla dei “reclusi” pieni di speranza che ci chiedono chi siamo, tutti hanno qualcosa da chiedere: avvisare l’avvocato perché intervenga, far arrivare qualche messaggio a qualche parente affinché si sappia che non sono morti. Noi due siamo la visita della speranza. Molti dei “reclusi” sono del Nordafrica, anche se è difficile determinare di quale nazione. C’è qualche asiatico, ma non riesco a capire di dove.
Non c’è nessuna aggressività nei nostri confronti solo speranza che possiamo aiutarli. Anche se la permanenza in questo posto non può durare più di 60 giorni ci si accorge subito che è tempo sufficiente per stabilire equilibri interni, capi tra i reclusi e in questo gioca il direttore che entrato con noi manifesta familiarità verso qualcuno di loro che deve sottostare al gioco, poi appena si allontana qualcuno incomincia a parlare liberamente. Arriva poi il mediatore culturale, persona di servizio di fiducia del direttore... che ci accompagna nella visita. Il direttore cerca di andare incontro alle aspettative dei reclusi soprattutto cercando di organizzare la cucina nel rispetto delle usanze cultuali religiose dei prigionieri, molti dei quali di religione musulmana. Attorno, impiegati nei vari servizi, ci sono gli ex tossico dipendenti che fanno parte dell’associazione Malgrado Tutto. Questa associazione gestisce il campo all’interno, mentre fuori dal recinto ristretto, dalla gabbia, la polizia pattuglia e controlla…
Facciamo il giro di questo “carcere”, aperto da circa 4 anni. L’odore del disinfettante non nasconde la puzza, le scale e i luoghi non nascondono la sporcizia accumulata in questi 4 anni e che una pulizia superficiale non riesce a togliere. A tutte le finestre sbarre e reti. Io non riesco a capire: siamo all’interno di una gabbia… Facciamo il giro di questa vecchia costruzione rimessa in condizione con economia… C’è il luogo della preghiera, la Moschea, una stanza coperta da tappeti ed alcune persone stanno pregando, poi visitiamo le stanze dove sono allineati 4 letti per ogni stanza, lo spazio è angusto e non è secondo le norme stabilite dal Ministero. Molte belle le norme stabilite dal Ministero, peccato che spesso siano disattese oppure ci sia solo l’ufficialità e la parvenza.
Il Direttore, della cooperativa “ Malgrado Tutto”, che gestisce il centro, ci spiega che lui cerca di aiutare i reclusi. Si sente offeso perché lo hanno accusato di non distribuire le schede telefoniche secondo le norme ministeriali. C è un po’ di confusione sulle lamette da barba, la paura che le usino per farsi del male esige controllo…
Alcuni dei reclusi hanno delle fasciature sui bracci e qualcuno le nasconde sotto le maniche della maglia. La cosa mi incuriosisce e allora faccio scoprire qualche braccio. Sotto le fasciature, alcune improvvisate, vedo tagli profondi, impressionanti. Diversi dei reclusi che mi stanno attorno hanno questi tagli. Io non riesco a capire: come si può arrivare a ferirsi in questa maniera, quale aggressività si nasconde dietro a questi gesti? Qualcuno mi spiega: i reclusi vivono nel terrore di essere rimpatriati nei loro paesi d’origine dove sanno che la loro vita è in pericolo. I poliziotti quando identificano qualcuno vengono durante la notte, lo prendono e lo portano via (così mi è stato detto).
Questi uomini vivono nel terrore folle di essere deportati e alcuni hanno il terrore della notte, quando arriva la polizia che normalmente presidia il campo fuori dalla “gabbia”. Per evitare o ritardare il processo di rimpatrio allora questi disgraziati si feriscono anche gravemente…è la disperazione.
Mi rendo conto che in mezzo a loro ci sono di quelli che non ci stanno con la testa, poi ci sono tossici e ex tossici e non dovrebbero trovarsi in questo posto, bensì in un altro dove dovrebbero essere assistiti psicologicamente. Tutti insieme a coloro che sono stati portati quindi perché il permesso di soggiorno è scaduto.
E’ vero c’è la psicologa che fa udienza al pomeriggio, ma è la psicologa al servizio dell’istituzione…, come l’avvocato che dovrebbe assistere le persone legalmente che certamente non sarà zelante nell’aiutare legalmente i suoi assistiti d’ufficio. All’interno della gabbia c’è di tutto, in un livellamento di problematiche impressionante. C’è anche la perdita della dignità umana, sono considerati dei criminali da neutralizzare.
La “fossa dei serpenti” dove vivono questi disgraziati è il fallimento di una politica governativa che conosce solo la punizione. Sono centri di detenzione dove gli immigrati sono rinchiusi senza aver commesso crimini, spesso l’unica colpa è quella di essere disoccupato e qualche volta denunciato da un datore di lavoro. Ancora una volta è la legge Bossi-Fini che non rispetta la dignità e l’umanità delle persone. Bisogna come uomini e come cristiani fare obiezione a questa legge.
In questi giorni le massime autorità dello Stato hanno riempito di parole i massmedia su quella tragedia epocale che è stato l’Olocausto, il massacro degli Ebrei. Ricordare questa tragedia immane del passato deve aiutarci ad essere attenti al presente, ad una sensibilità ed una umanità a difesa delle persone. Certo i CPT non sono i Lager nazisti, sarebbe tradire la storia, ma anche in questi centri si scopre quella mancanza di pietà e di riconoscimento della umana dignità, la coercizione e la punizione, il non riconoscimento dei diritti umani. Alle nostre autorità che hanno fatto la passerella sull’Olocausto rivolgiamo l’invito ad esercitare la difesa dei diritti umani nei confronti di questi disgraziati del nostro tempo: i nuovi dannati ed emarginati.
Concludiamo la visita con le parole del Direttore: “andate, andate a Crotone e vedrete come questo campo di Lamezia è ancora decente”, secondo lui… Andremo anche a Crotone, nel nostro viaggio sui CPT, una nuova vergogna italiana.

Padre Giorgio
Missionari Comboniani
Tel.338-8562963

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