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L'intervento italiano in Iraq nasconde interessi economici legati alla ricostruzione.

No, alla guerra in Iraq

I Missionari Comboniani hanno espresso la loro opposizione alla guerra asimmetrica in Iraq e al coinvolgimento dell'Italia. Si chiede il ritiro delle truppe italiane da una situazione che diventa sempre più esplosiva per il rifiuto e l'azione militare degli Iracheni.
24 aprile 2004
Padre Giorgio Poletti
Fonte: Missionari Comboniani Castel Volturno

NO, alla guerra in Iraq

Da tempo i Missionari Comboniani hanno espresso il loro parere negativo sull’intervento unilaterale degli Stati Uniti in Iraq. Gli Stati Uniti dopo l’11 settembre si considerano in guerra, il dramma però è che hanno coinvolto in questa guerra asimmetrica anche l’Italia. I giornali rivelano sempre di più che le motivazioni per abbattere il regime di Saddam non erano autentiche. L’intervento americano ha delegittimato l’ONU. Perché ricorrere all’organismo internazionale quando gli americani si considerano l’unico potere mondiale dopo il tracollo dell’URSS e la bancarotta economica della Russia, salvata dall’intervento americano e incerta ancora oggi nella sua identità! L’ONU fu travolta dalle plateali contrapposizioni che ne incepparono il Consiglio di sicurezza e risultò impotente di fronte alla decisione anglo-americana di sferrare l’attacco all’Iraq, nel Marzo 2003, senza un mandato e in contrasto con il parere dei suoi ispettori per il disarmo.
La realtà è che la gestione del petrolio del Golfo Persico e dell’ Eurasia (vedi l’oleodotto Baku-Ceyan), insieme con il controllo delle risorse idriche permetterà il controllo del mondo per i prossimi decenni. Chi domina il cuore della terra domina il mondo e la heartland è questo cuore.
La potenza della Cina e del Sud Est asiatico è ancora incerta, troppi sono i problemi che la Cina deve affrontare al suo interno ed è troppo dipendente dal modello occidentale di sviluppo e dalle tecnologie americane, deve risolvere la difficile coesistenza tra liberismo economico e autoritarismo politico e affrontare i problemi legati all’arretratezza economica e alla sua vulnerabilità.
E’ sospetto l’interesse del Governo Italiano quando dice che vuole rimanere in Iraq anche dopo il 30 giugno. In ballo è la ricostruzione con i grandi interessi economici. Le multinazionali stanno già esportando petrolio. Lo stesso governo americano e l’esercito appaltano a privati funzioni che prima erano svolte dai militari. (Vedi anche Repubblica, articolo di Sabato 24 Aprile dal titolo: La protesta delle foto proibite a pag. 9. ”…Tami accettò l’offerta di una società civile di supporto logistico, la Maytag, una delle centinaia che assistono i militari in guerra, appaltatori civili di servizi che i militari non fanno… ) Il connubio tra politica e esercito per la gestione di settori dell’economia da vita a ditte private che assumono mercenari , uomini al soldo, per la loro protezione. Attorno al presidente americano ci sono gli uomini delle multinazionali e il criterio economico-politico determina le scelte.
Il governo italiano è poco credibile, è il mondo dell’ipocrisia e delle verità strumentali, propinate secondo la convenienza politica ed economica. Si intravedono posizioni molto diverse, espresse dal presidente Ciampi da quelle espresse dall’attività di governo della maggioranza, quasi il presidente volesse difendere alcuni baluardi della Costituzione e della Storia (con la esse maiuscola) italiana. Ieri sera guardavo su Rai 3 alle 21.00, la Grande Storia Tricolore, programma sul 25 Aprile, che parlava dei massacri effettuati dai nazisti e del ruolo svolto dalla Resistenza per la liberazione delle città. In questi anni siamo tornati indietro, lo dimostra anche la legge sulla tortura… Siamo tornati indietro su quei valori di libertà e di autentica democrazia per i quali molti hanno pagato con la vita. C’è il sospetto che invece di costruire autentica democrazia coloro che sono al governo vogliano costruire un impero. (Tentazione antica, basta leggere la storia di Roma)
L’Occidente è entrato in Iraq come un rullo compressore non solo dal punto di vista militare, ma anche dal punto di vista culturale. Un intervento non giustificato. Sono tanti gli stati nel mondo dove non c’è la democrazia, non per questo li si invade. E chi deve determinare quando uno stato è uno stato canaglia, in base a quali criteri?
Il terrorismo ha dato la possibilità agli Stati Uniti di entrare in quelle zone del mondo che in passato erano loro negate. Tre anni fa, ufficialmente, non c’era neppure un soldato americano in Asia Centrale, oggi a migliaia sono schierati ad Est e a Ovest lungo un arco di migliaia di chilometri che va dal Kirghizstan, ai confini della Cina, fino in Georgia sul Mar Nero. Il corpo di spedizione americano in Iraq consente a Washington di controllare le risorse energetiche irachene e le vie di esportazione a Nord verso la Turchia. Gli americani hanno considerato l’Iraq uno stato canaglia , sono entrati in Iraq come un rullo compressore culturale, con l’arroganza di coloro che ritengono che la cultura occidentale e il modello che esportano sia il migliore. Sorprende come gli Stati Uniti commettano sempre gli stessi sbagli, sembra quasi che siano condannati a ripetere. (vedi VietNam).
La lettura di un libro: Il potere occulto di George W. Bush di Eric Laurent, rivela in quali mani è il popolo americano, la sua politica estera e quali personaggi stanno attorno al presidente. Questo libro mi ha aiutato a capire come non esista una “memoria politica” che aiuti gli inquilini che si susseguono alla Casa Bianca a leggere la storia passata e interpretare il presente evitando di ripetere gli sbagli. Trionfa sempre l’ideologia americana legata al “Destino Manifesto” dell’America, alla sua funzione di Garante della democrazia e libertà a livello mondiale. Ideologia usata spesso come copertura di altri interessi. C’è l’arroganza del potere americano e chi ha vissuto qualche anno negli Stati uniti può rimanerne impressionato, anche se esistono contraddizioni enormi tra ricchezza e povertà. Più che democrazia è imperialismo… Poi gli americani hanno sempre ragione e tutto finisce sempre con l’inno americano e il successo americano… (Provate a guardare attentamente i film americani, in fondo in fondo la logica è sempre quella dell’ “arrivano i nostri” e il film deve sempre concludersi con il successo del bene, americano).
Gli americani delegano la politica ai loro governanti…
La mentalità colonizzatrice è nel DNA degli Occidentali, che guardano agli altri mondi con superiorità ed arroganza. C’è un fondo di razzismo in tutti noi, che vuole imporre agli stati la nostra pace “mercatoria” basata sulla globalizzazione e sull’interdipendenza globale. Ed è sconcertante come in un’epoca che richiede sempre più la crescita d’influenza degli organismi di protezione internazionale l’ONU sia stato squalificato dalla politica americana. Oggi il “villaggio globale” è fondamentalmente americano, sia dell’economia come dell’informazione. Sta però crescendo il profondo senso dell’identità e cultura islamica, non facilmente permeabile ai valori della democrazia (o imperialismo?) e del libero mercato.
L’interrogativo è: ci troviamo di fronte ad uno scontro prevalentemente culturale o questa è la copertura per uno scontro economico? Gli interessi sono molteplici e confusi.
Le identità e le culture cambiano nel continuo confronto, spesso violento ed il mondo è diventato molto più piccolo di una volta. Oggi ci ritroviamo anche in casa nostra culture e civiltà diverse che possiamo affrontare negandole e chiudendoci nel nostro mondo “leghista” o aprendoci ad un dialogo pur sofferto, ma sempre aperto alla ricchezza multiculturale. In passato le difficoltà erano ideologiche e si esprimevano nei modelli politici, oggi le difficoltà sono di civiltà e di culture diverse. Attualmente il modello occidentale domina a livello internazionale non solo a livello culturale, ma anche con i suoi organismi internazionali come la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale che non sono certamente al servizio degli stati impoveriti, ma al servizio dell’Occidente. La Cina e il Sud Est Asiatico riusciranno ad esprimere un modello diverso da quello occidentale, ci si interroga. La religione del Sud Est Asiatico potrebbe essere il veicolo per un’identità e modello culturale diverso da quello occidentale.
L’intervento unilaterale americano in Iraq ha rotto l’equilibrio Stati Uniti-Europa. Non è stato determinato come in passato dalle loro responsabilità internazionali. Non è un intervento di carattere umanitario, ma un intervento che mira a salvaguardare gli interessi e la sicurezza americana.
Noi Italiani siamo entrati con il nostro intervento d’appoggio della guerra americana in Iraq in un mondo a noi sconosciuto, in culture e civiltà antiche e lontane dalla nostra con quella leggerezza e sconsideratezza che riflette la nostra mentalità colonialista e con la sconsideratezza dell’attuale potere governativo. Non solo, da salvatori siamo oggi oppressori di un popolo che non ci vuole e che si sta coalizzando contro di noi. Possiamo immaginare come gruppi cerchino di impossessarsi del potere, ma è anche vero che il popolo iracheno ci rifiuta. Tutto questo pone il problema del ritiro delle truppe italiane che deve essere fatto nello spazio di pochi giorni…


Padre Giorgio 338-8562963

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