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piccolo noir
Il mio animo rispecchiava perfettamente quel luogo abbandonato da Dio, in cui mi ero nuovamente ritrovata. Le sue nere torri si lanciavano verso il cielo come urla di dolore, e altro non sembravano che la mia angosciante paura dell’ignoto. Era tutto un gioco di laceranti emozioni, così vive e pulsanti da poterle toccare con un dito e percepire la loro nuda realtà che consumava ciò che rimaneva di me. Vedevo il rosso rancore di un cielo cupo e impenetrabile, che lasciava la luce necessaria per scorgere un ‘infinita terra desolata. Era vuota, ma era proprio questo che la rendeva così spaventosa. Sentivo la secca aria che prosciugava la mia gola ad ogni respiro, mentre osservavo il lugubre scenario, cercando di trovare anche la minima traccia del magnifico giardino che era un tempo. Mi chiedevo chi avesse avuto il coraggio e la forza di trasformarlo così come è ora.
La verità era che non volevo ancora accettare di essere stata io ad aver incendiato quel giardino e averci sparso del sale sopra, poiché ero l’unica a conoscervi l’entrata.
Avevo dovuto aver lasciato una fiammella accesa, una di cui non ci si fa caso finché non si hanno le conseguenze. Il fuoco ardeva lentamente, ma il tempo era passato così in fretta che non mi accorsi che stava divorando la mia anima fino ad ora, fino a che non fu troppo tardi.
Ed ora ero lì, davanti ad uno specchio , vedevo i miei occhi spenti gonfiarsi di odio , assaporavo l’amaro gusto delle lacrime che solcavano un viso, che non era più il mio.
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