Forum: Lettere
Il viaggio
Al mio compagno di viaggio Riccardo
“Ora basta!
Mi stai soffocando.
Tu pretendi troppo da me”.
Era assurdo. Stava pronunciando quelle parole. Erano identiche a…deja vue mi pare si chiami…no no…si chiama sfiga completa.
Non era possibile chiudere nello stesso identico modo due storie importanti. E no! Questa volta non avrei ceduto alla tentazione di cadere in depressione, di autocommiserarmi-autoinsultarmi-autoflagellarmi. Nessuno avrebbe potuto togliermelo dalla testa: questo non era vero amore. Più lo guardavo e più me ne convincevo: questo non erano lo sguardo e le parole di chi ama o, peggio, di chi ha amato.
Tu non mi ami ho sussurrato, più per me stessa che per lui.
“Ecco la solita storia. Tu sei pazza. Tu sei rigida. Pensi che solo il tuo modo di amare sia quello giusto. Pensi che ci debba essere un modo giusto, anzi univoco, per dimostrare il proprio amore, invece…invece non è così. Anche io ti amo, ma a modo mio, con i miei tempi.”
Ecco. Ritornava. La parola tempo, ma al plurale, ad indicare la proiezione della dimensione tempo in un futuro indeterminato, impalpabile. Come le ere geologiche, gli anni spaziali.
Il mastodontico, infinito, te-m-po.
Rischiavo lo sconforto più completo, buio e sotterraneo.
Io volevo tutto e subito? Non saprei.
Era vero, spesso io il tempo lo scuotevo, lo spingevo. Odiavo le attese e chi mi rubava del tempo: era il furto peggiore perché sapevo che non lo avrei più riavuto.
Ero impaziente. Era vero. Ma a me tutto ciò non era mai sembrato un difetto. In realtà sapevo aspettare quando si rendeva necessario. Avevo costruito la mia professione dimostrando grande pazienza e tenacia. Avevo saputo attendere. Sapevo attendere, ma non credevo fosse una regola per tutto. Per molte cose mi prefiggevo dei limiti temporali che forse rischiavano di essere stretti ma quantomeno c’erano e rendevano la vita meno evanida. Ovviamente questa mia filosofia, questo mio modo di vivere la vita mi rendeva assolutamente incompatibile con chi ragionava a colpi di poivediamo. Non c’erano scadenze, non c’era un progetto futuro. Solo sogni. Irrealizzabili nel futuro prossimo. Ecco come vivevi tu: con limiti cronologici indefiniti, mentre il presente scorreva come un fiume in piena senza argini. Mi sentivo travolta ed in balia della corrente.
Non mi convinceva. Non mi convincevi.
Chi ama è impaziente, spesso irruente. Odia il tempo avaro di se stesso e spesso lo cavalca e lo frusta affinché corra il più velocemente possibile.
Eros ha le ali solo perché lo hanno concepito i greci, altrimenti avrebbe il propulsore a razzo dello Space Shuttle!Velocità nell’agire e nel pensare. Fattività immediata. Questi erano i comportamenti evidenti degli innamorati. Tu adoravi rimandare sempre. Per carattere, dicevi, e per un po’ mi hai convinto forte di quella mia debolezza che mi portava a voler comprendere altri punti di vista oltre al mio.
Ecco come mi ritrovavo oggi: sempre più confusa ed insicura.
Capivo che non era questa la strada giusta. Io ti amavo davvero, con tutta me stessa, ma i pozzi senza fondo non esistono e dal mio avevo estratto tutto il possibile. Ora si era svuotato. Il tuo amore-chiamiamolo così- non mi aveva mai dissetato o saziato colmando almeno in parte le mie risorse. Ero morta di inedia, o forse solo svenuta? Ma sì, potevo farcela. Non ero ancora morta. Volevo ritentare imboccando un’altra strada, questa volta la mia. In questa strada avrei potuto trovare una persona simile a me, che avrebbe visto la vita a due come un viaggio a tappe. Ci saremmo alzati al mattino alla stessa ora, a volte io, a volte lui con più grinta dell’altro. In base al programma stabilito la sera prima insieme avremmo intrapreso il cammino prefisso per quel giorno. E lo avremmo fatto. La sera, ci saremmo abbracciati e guardati con orgoglio e con la voglia di ripartire il giorno dopo.
Ne ero sicura. Incamminandomi lungo la mia strada, insieme a me stessa, avrei trovato il mio compagno di viaggio, colui che avrebbe avuto in mano il mio stesso biglietto.
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