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PRIMA PERSONE - le nostre ragioni contro questa globalizzazione - di Vittorio Agnoletto
La bella copertina del nuovo libro di Agnoletto suppongo voglia significare che, prima di essere persone, eravamo uova! Poi persone! Prima di ogni altra cosa persone, dunque...
Agnoletto cerca di fare in modo che sofferenze e reazioni, emozioni ed autocontrollo, razionalità e sentimenti, camminino per una volta almeno insieme senza scontrarsi; senza che ruoli e contesti impediscano al suo (di Agnoletto) cuore di aprirsi a noi (lettori; lettori che ci sentiamo parte integrante di questo movimento; ma forse soprattutto lettori che leggeranno cercando di capire idee, contenuti e proposte, pur sapendo di non poterli condividere). Così Vittorio ci narra speranze e sogni, progetti e realtà...
Prima persone dunque, prima di essere bianchi o neri, cristiani o buddisti; prima di essere consumatori, siamo persone. Persone che non possono accettare una globalizzazione che cancella la nostra dignità in nome dell'ideologia del mercato. Questo movimento viene spesso chiamato "no-global"; ma Agnoletto spiega, un'altra volta ancora, che non è corretto chiamarlo così. Questo è, infatti, il primo esempio di movimento (formato a sua volta da tanti movimenti e perciò propriamente detto "movimento dei movimenti") veramente globale che sia comparso su questo pianeta, grazie anche alle nuove tecnologie. Questo movimento che, si è affermato come soggetto protagonista dell'agire collettivo sociale e politico planetare, affonda le sue radici anche là, nel Chiapas, dove gli zapatisti hanno avuto la forza ed il coraggio di ribellarsi alla loro sentenza di morte; hanno lottato, e lottano, per l'affermazione dei diritti della loro piccola comunità indigena; e sono riusciti a parlare con un linguaggio globale, hanno individuato simboli universali ed hanno parlato ai media del mondo con la voce di tutta una collettività. In questo mondo globalizzato dove gli eventi corrono il rischio di essere confinati esclusivamente nel virtuale; gli zapatisti hanno avuto la capacità di trasformare la lotta per i propri diritti, nella lotta dell'orgoglio e dell'identità del genere umano. Non è quindi un caso che nell'immaginario collettivo di tutto il movimento, il Chiapas continui ad essere uno dei principali punti di riferimento. Questo movimento è dunque a favore della globalizzazione; della globalizzazione dei diritti prima di ogni altra cosa...
Agnoletto prosegue il suo libro passando da Genova (e come avrebbe potuto non tornare lì?); toccando temi quali il libero accesso ai farmaci anti AIDS; la cancellazione del debito; la lotta contro gli organismi geneticamente modificati; la guerra senza se e senza ma. Poi, torna, nell'epilogo, a quella piazza alla quale una mano sconosciuta ha cambiato nome; e, ricorda che, ogni volta che qualcuno tenta di far riaffiorare su quell'insegna l'iscrizione originale, un'altra mano sconosciuta cancella nuovamente la scritta e con un pennarello riscrive: "Piazza Carlo Giuliani, ragazzo"...
Il libro finisce con un sogno che incomincia forse ad avverarsi. Martin Luther King sognava un luogo in cui le bambine e i bambini neri e bianchi potessero tenersi per mano e giocare insieme; un luogo in cui si potesse lavorare insieme, pregare insieme, lottare insieme, andare in prigione insieme per difendere insieme la libertà; un luogo in cui poter essere liberi. Martin Luther King sognava di riuscire, un giorno, (tutti insieme) a estrarre dalla montagna della disperazione una pietra di speranza. Forse, conclude Vittorio, con questo movimento abbiamo incominciato a estrarre, dalla montagna della disperazione, la pietra della speranza...
Io (come già altre volte ho fatto) vorrei, (come forse molte altre persone vorrebbero), ringraziare Agnoletto (e altri come lui) per aver messo (e mettere) ogni giorno, il proprio sapere e il proprio tempo a disposizione di tutti...
elisabetta caravati
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