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10 febbraio 2006

Il palazzo dei non autorizzati, autore roberto mura, la riflessione editrice

Una tragicommedia che puzza di vicolo, una parodia casteddaia senza peli sulla lingua. Un rudere occupato nella Cagliari popolare. Le mille “trasse” di chi non ha voglia di lavorare e si arrangia come può. La violenza, la povertà, la pazzia, l’ignoranza, la furbizia, la cattiveria, la simpatia, la magia, la poesia. Strade lontanissime che si incrociano nel vecchio palazzo dei non autorizzati. C’è chi ci trascorre un minuto, tanto per sfogare la sua brama, c’è chi vive là da non sa più nemmeno lui quanto, c’è chi ci stà ma ogni minuto vorrebbe scappare. Cagliari si svela tra le pagine, e allo stesso tempo si nasconde. E nasconde i suoi diseredati. Loro, appesi a una fune che si sta sempre per spezzare ma non si spezza mai, e se si spezza, poi, chi se ne frega, vivono ognuno le sue strampalate avventure. Anzi vivacchiano. E rincorrendo la vita si incasinano ogni giorno peggio. Ma non fa nulla, ognuno ha un vizio che fa da sfogo all’insoddisfazione. Anche il sindaco, anche il prete, tutti bussano alla porta del palazzo per sentirsi un po’ topi.
Autore: angelo pichiri

A, B, C. Tre ingressi differenti per uno stesso palazzo. Dentro c’è l’inferno, l’inferno dei pensieri e quello della vita. Ci sono Alessandro Loru e la sua famiglia, tredici persone che dividono poche stanze e un solo bagno, tra urla, furti, amori che finiscono e riniziano lontani. C’è signor Franco, che cerca tra l’immondizia qualcosa da mangiare, perché è davvero un peccato che tutto quel ben di Dio vada alla malora. Ci sono Alice la maga grassa e Laurence lo iettatore, due mostri che vanno in giro a rubare l’intelligenza della gente e che solo ad incontrarli non si vorrebbe mai essere usciti di casa. Piccole storie di vita che si intrecciano su uno sfondo popolare, quasi di borgata, a tratti cattivo e a tratti ridicolo, dove si mescola il linguaggio della città a quello di chi vive dietro le quinte. Così può far tappa dai “non autorizzati” anche il sindaco, in cerca di voti con la sua squadra fidata. Altri giungono al palazzo per trovare un po’ di compagnia, magari un po’ d’amore non autorizzato. Mara, Paoletta, Martina e Anna stanno in A 5 per questo. Va da loro pure signor Paolo, che di far compagnia alla moglie oramai non ha più voglia. C’è la violenza di Evelino, la pazzia di Barbarossa, la sfortuna di Mario l’orologiaio, la golosità di un prete poco santo. E c’è un omicidio che porta strascichi misteriosi oltre le mura della città. Le stanze del palazzo sono come un assurdo magnete che cattura gli sfigati, come il vecchio Bu, il burattinaio che parla solo con la voce del Gatto e la Volpe. Vive tra le pagine anche un poeta, Raffaele, che per combattere l’ipocrisia del mondo usa la sua arma più affilata, la penna. Tutt’intorno c’è la città, una Cagliari sorniona, che spesso odia ed è odiata dai suoi più miserabili figli. Resta viva la speranza nel futuro, per chi riuscirà a coglierla, per chi abbandonerà i vizi per le virtù, per chi la cercherà con tutta la sua forza.

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