Forum: Libri
"Le Perle" - Collana di poesia melodica
La poesia tra visione e percezione
Nell'ambito del concetto culturale contemporaneo fondato su processi e non su norme – libero pertanto ma non fluttuante - quest'opera si inserisce a pieno titolo per le caratteristiche che ne fanno manifesto di una maniera di poetare personale e polifonico, ove le voci si rincorrono, dialogano, ridono e piangono nella gioia e nella tristezza degli eventi che l'uomo può solo constatare, essendogli proibito un intervento attivo. Un Ente superiore interviene a ricordare all'Uomo che egli è uomo ed ogni sua ulteriore velleità è evidentemente preclusa.
Importanti alcuni passi di questo ipotetico diario che narra per versi, con la difficoltà oggettiva di condensare sensazioni, sentimenti ed eventi nel volgere rapido di una versificazione molto agile e felice. Quando l'autore scrive che l'alba è “meraviglioso eccesso della Terra, preludio di attese” esprime una metafora importante nel cerchio imperfetto e quotidiano del nostro vivere, nel comparto della nostra aspettativa di vivere le icognite a venire. Alba come meraviglioso eccesso che come luce brulica, spunta e dopo splende in un cielo che era rimasto al buio sin dallo scomparire del sole all'orizzonte del tramonto precedente. Ciclo, ma di un'attesa ignota che brucia al sale di un vento noto.
L'autore visita luoghi di guerra e sul far della sera, in una città prostrata, avverte i “travagli” di una luce che scompare. Travaglio che rammenta il dolore del dì di morte, di macerie e di disperazione come dolore di un parto per la libertà che non riesce a nascere.
Sul tema della spiritualità Mauro Corsini prende a prestito un simbolo di questo nostro Sud che tuttavia anagraficamente non gli appartiene: l'ulivo torto e selvaggio. Bel simbolo per una personalità, quella dell'autore, che non semplifica il sentire interiore. Ed in finale una dichiarazione a cuore in mano: la sua spiritualità estorce speranza alla vita, nella ricerca di certezze che il buio invoca nel timore della notte.
La libertà è frutto di situazioni oggettive e di un collaterale percepire interiore. Su quest'ultimo indugia l'autore quando ammette di sentirsi carceriere di se stesso. Una condizione nella quale la libertà oggettiva intacca la percezione che si ha di sè. Situazione comune ai più, ma della quale l'autore prende coscienza, nel mancare di rispetto a ciò che più ama: la libertà.
“E più mute le nostre gole della tua morte osano il respiro”, aggiunge nella versificazione ricca e pacata, raggiungendo l'acme di un dolore che non ha eguali. Di fronte, il piccolo corpo di una bambina curda che è vittima sacrificale di una guerra carnefice, mentre dintorno si snocciola una natura che ancora canta. E' il momento più struggente della silloge, ove a versi alterni emerge il senso comune del silenzio: tombale della morte e totale di una voce spezzata dal dolore da cui il respiro per inerzia compone cenni di vita.
Ed altra gemma - la silloge volgendo alla chiusura - quando l'autore scrive che “vive l'Uomo d'inanimato indugio morendo”. Speculazione pura che esprime il ruolo fondamentale del linguaggio di Corsini ancorato ad un effetto parossistico per esprimere una filosofia del vivere che fonde dialettica ed empirismo.
Una silloge che offre momenti intensi di riflessione e piccoli preziosi quadri di vita straordinaria che diviene patrimonio condiviso per conoscere quell'oltre che confiniamo in luoghi reconditi del tempo e del mondo e che invece, in modo insueto, spesso sono intorno a noi.
Commenti
Inserisci il tuo commento