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LETTERE CONTRO LA GUERRA - Tiziano Terzani
UN KAMIKAZE DELLA PACE
Difficile mettere per iscritto sensazioni provate ed emozioni scaturite dai racconti di vita appena ascoltati dalla voce di chi la vita - e la morte - l'ha vissuta per trent'anni come corrispondente di guerra in tutto il mondo. E che adesso è capace ancora di continuare a viaggiare, ma - come ama definirsi, "kamikaze della pace" - per gridare a tutti la sua sete di pace in un mondo che è più che mai assetato di pace... "Ho visto tante guerre che non ne posso più, ho visto tanta violenza che non ne posso più"...
A questo punto svelo il personaggio. Tiziano Terzani, giornalista e scrittore, assiduo per trent'anni nel suo scavare nel profondo umano della sofferenza più atroce, quella provocata dalle guerre, e più che raccontando le vicende, andando a scrutare soprattutto negli "altri", nei "nemici", nel loro animo, nelle loro convinzioni, e convincendosi egli stesso che nel mondo non possiamo che essere tutti simili, emozioni, aspettative, reazioni e così via, in un dualismo bene-male che nello "Ying-Yang" della filosofia orientale ha trovato il suo simbolo.
L'occasione dell'incontro si presenta nel suggestivo colonnato della Pieve di San Martino a Sesto Fiorentino, alle porte di Firenze, e che efficacemente ha fatto da sfondo alla figura insolita di uomo già carismatico nell'aspetto oltre che nel pensiero. Barba bianca fluente, i capelli raccolti in un ciuffo, sari indiano candido e foulard rosso a discendere dalla spalla. Non a sedere ma in posizione yoga a gambe incrociate sul tavolo della conferenza, e la folla per due ore e mezza in attento ascolto, forse duecento persone a gremire il cortile della Pieve.
Tutto fuorchè buonismo, il suo: nella presentazione dell'ultimo suo libro, "Lettere contro la guerra" - giunto alla sesta edizione - non risparmia critiche all'unilateralità del giudizio, in merito alle vicende iniziate con l'attentato al World Trade Center, da parte del mondo occidentale e degli Stati Uniti in particolare; ma lo fa portando le motivazioni che da sempre sono state il fulcro della sua esperienza e del suo pensiero, e in definitiva ponendo come giudice non il sentimento immediato di vendetta che scaturisce dal "cane che è sempre dentro di noi" ma il dato di fatto, sancito pure dalla Costituzione e dalla Carta dei diritti umani, che tutti siamo pari e simili, che la diversità delle culture e delle religioni è una ricchezza dell'umanità.
Sotto questa ottica non solo i fondamentalisti di Al Quaeda sono "i terroristi" ma gli stessi Americani che hanno rovesciato tonnellate di bombe su persone inermi in Afghanistan e che si stanno apprestando a ripetere in Iraq; e questo con la complicità del sistema mediatico oramai abituato a dosare le informazioni allo scopo di sopire le coscienze e pilotare le convinzioni e il consenso dei cittadini.
Tutto questo, comunque, detto senza odio ma con la fermezza di chi ha sperimentato che nessuna guerra ha mai risolto i problemi alla radice dei conflitti anzi acuendone le violenze - e con la certezza che siamo oramai arrivati a una svolta cruciale nell'esistenza dell'uomo. L'11 settembre dello scorso anno veramente ha cambiato il mondo, ma - ecco sorprendentemente il messaggio positivo - esso può diventare l'occasione, finalmente, per l'uomo stesso e per le società occidentali, di rivedere il senso delle proprie convinzioni.
Tutto il mondo ha visto l'orrore di quell'attentato; tutto il mondo non può tirarsi indietro a continuare a vivere come sempre la propria vita di tutti i giorni. E se è vero che le guerre, alla fin fine, nascono sempre da passioni e pulsioni interne all'uomo, ecco la ricetta semplice eppure difficile da realizzare, poiché investe il comportamento personale di ciascuno di noi: un cambiamento radicale di mentalità, rovesciando la priorità di modelli di vita come il possesso, il successo, la furbizia, e cercando di contrapporvi gli universali valori della nonviolenza, della tolleranza, della condivisione e l'arricchimento reciproco tra i popoli e le culture.
L'umanità stessa si trova adesso a un bivio, e la scelta dipende non solo dai nostri governi, che stentano a trovare le motivazioni etiche di un necessario cambiamento della storia. Già nel nostro piccolo, modificare le abitudini, passare a un'austerità di vita e nei consumi; contribuire nel tempo a smorzare così, oltretutto, lo scandalo dell'occidente agiato e col resto del mondo stretto nelle morse dell'ingiustizia, della fame e dello sfruttamento economico. Mancare questa "buona occasione" può significare la corsa sempre più rischiosa verso un baratro che segna la fine dell'umanità.
(Tiziano Terzani, fiorentino, per trent'anni corrispondente del giornale Der Spiegel e collaboratore per alcuni quotidiani italiani, da diversi anni vive in India, alle pendici dell'Himalaya.
Ha scritto diversi libri raccontando la sua esperienza di corrispondente di guerra e offrendo al lettore la sua sensibilità umana e la sua visione del mondo ad ampio respiro.)
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