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23 novembre 2005

Ascoltando la voce del vento.

Volevo trovare il silenzio… ne avevo bisogno, ma non l’ho trovato da nessuna parte. Una notte il vento mi ha svegliata e ho ripreso a volare…
Autore: Paola Maccioni

La voce del Vento mi ha chiamata. Mi ha raccontato la storia di quando il cielo mi ha pianta sulla terra.

Volevo essere l’acqua che era Vita.
Mi tenevo stretta alle foglie del mirto e mi hanno scivolata giù.
Volevo essere il profumo dell’elicriso d’oro o almeno entrare nella roccia di granito.
Ho chiesto aiuto ai piedi delle fate che danzavano e loro mi hanno offerta come dono d’amore a mia madre.

Come l’acqua che ero ho attraversato la vita. Ho scavato la Vita e non ho pianto se non per viverla.

Ero un torrente che scorreva impetuoso. Ogni tanto, per riprendere fiato e per lasciarmi amare mi fermavo. Piccole pozze d’acqua tranquilla in cui tanti hanno bevuto. Mi fermavo a scavare la Vita e dalle mie soste, come dono d’amore, è nata la Vita.

Ma l’acqua non può fermarsi. Niente può fermarla. Ho superato salti di roccia altissimi. Mi fermavo davanti al vuoto a riprendere fiato e poi giù. Rotta in mille e mille piccole gocce di pianto tanta parte di me è caduta sul mirto, sull’elicriso e sulle rocce. Poi mi ha raggiunta lì, in fondo al salto, da dove ho ripreso la mia corsa, urlando e piangendo. Trascinando i pezzi di quello che mi aveva fermato.

La voce del vento mi ha svegliata per dirmi che devo riprendere ad andare.

Ma l’acqua è imbrigliata. Dagli scheletri degli alberi che amavo. Dalle pietre che i bambini hanno lanciato per svegliare le fate. Qualche uomo ha costruito una diga. E il cielo ne approfitta per richiamarmi a sé, piano piano.

Soffia il vento impetuoso, e non vuole ascoltare il mio pianto.

Gli racconto una storia di sogni e gli offro la scatola dei desideri. Chiedo aiuto alle fate, ma non mi riconoscono più.
Dietro alla curva, nascosto c’è il mare. Ed io non so cosa c’è prima di lui.

Volevo essere spirito e non fermarmi mai. Volevo essere acqua e non morire mai.

Comincio a capire la lingua dei gabbiani e dei pesci. A dimenticare quella degli uomini.

Ecco il vento che tace.

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