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11 maggio 2007

L'Italia? Una cultura subalterna

Esame veloce di una situazione culturale che stiamo vivendo in questi anni che mi dà adito a pensare che l'Italia non ha più una cultura originale "italiana" ma vive di quello che iresce ad assimilare ad altre culture più avanzate.
Autore: ALDO C. MARTURANO

L’Italia? Una cultura subalterna…

In questi miei anni dell’anzianità mi guardo intorno per vedere che cosa la mia generazione ha dato a questa società. Non penso (e non ho mai pensato) ad una società “italiana”, ma ad una società “umana” fatta di persone che vivono come noi, a parte la loro provenienza culturale. Ciò premesso è doveroso tuttavia confrontare la nostra realtà culturale con quella degli altri che ci sono intorno a sud, a ovest, a nord e a est. E qui mi accorgo con grandissimo rammarico che la nostra cultura è ancora arretrata… Sì! E’ vero! Guardando i “nostri” giovani, fa piacere vederli ben vestiti, ben nutriti (non obesi! Per carità!), in corpi invidiabili per la loro bellezza, ma poi? Ecco! Mi sembra di essere in una stalla del Cremonese dove i vitelli sono belli, grassi, dal pelo lucido, ma non fanno altro che mangiare e mangiare e attendere il giorno… di essere macellati!
Vorrei che tutti facessimo alcune riflessioni che forse abbiamo relegato in un angolo del nostro cervello perché non sappiamo più rispondere ad esse.
Una cultura “italiana” o “spagnola” o altra è un complicato sistema di oggetti materiali e di idee comuni che la stessa cultura produce, se invece gli oggetti e le idee provengono dall’esterno e non si trasformano velocemente in qualcosa di diverso e di “proprio” ecco che la cultura diventa subalterna! Non è più originale! E’ soltanto la copia di un’altra! Ebbene è proprio quello che qui in Italia sta accadendo (o, ahimè!, è già accaduto).
Cultura dunque è comportamento, atteggiamenti verso gli altri, cose prodotte esclusivamente per usi specifici propri. E noi? Ecco qui tutte le nostre mancanze…
Basta andare al di là delle Alpi per constatare la nostra arretratezza. Ricordo quando studiavo ad Amburgo e lavoravo per mantenermi che imparai a far la fila con pazienza e che si prendevano i numerini, ricordo che non si gettavano rifiuti per la strada o fuori del finestrino, che per la strada c’erano posti per scuotere la cenere delle sigarette, che tutti davano lo scontrino alla vendita anche gli ambulanti contadini che venivano dalla campagna, che i parchi erano pieni di alberi, che le panchine erano spostabili e ben tenute, che la gente si fidava dell’impiegato statale, che i biglietti su treno e tram erano già convenzionati e validi per 60 minuti, che si controllava la validità all’uscita delle stazioni, che il Metrò annunciava le fermate mentre eri nel vagone in viaggio, che c’erano i sentieri per le bici e tante altre cose. Attenzione! Parlo di tantissimi anni fa! Ebbene oggi è ancora così nel Nord Europa e non solo in Germania, ma in nazioni piccolissime, ma sviluppatissime da questo punto di vista come la Norvegia o la Finlandia. E noi? Stiamo appena cominciando…
Abbiamo perso la guerra insieme ai tedeschi, abbiamo fondato una repubblica di cui non avevamo mai avuto esperienza prima e poi? I tedeschi sono andati avanti e noi siamo rimasti indietro ad ingegnarci con le griffes, la pizza e gli spaghetti. Stiamo diventando una nazione di camerieri, albergatori, presentatori, guide, commessi, trainers di qualsiasi tipo, ma… non produciamo più alcunché. Fra poco (il programma è già in corso ed è previsto entrare a regime fra 4 anni ca.) quando il Delta del Danubio si trasformerà in una nuova sorgente di cibo vegetale di alta qualità neppure la produzione agricola italiana sarà in auge e anche i nostri peperoni, pomodori e arance andranno a farsi benedire…
Compro un giocattolo: Made in China, compro un maglione Made in the Philippines, compro pesce… dal Cile, compro scarpe Made in Taiwan, compro un binocolo Made in Japan, le calze le fanno a Mauritius e le bici a Hong Kong. I frigoriferi? Vengono da Minsk! Le camicie? Dal Nepal! Attenzione! Non parlo delle materie prime che noi non abbiamo, ma dei prodotti finiti che le fabbriche italiane non fabbricano più perché… sono state chiuse! E non perché il costo del lavoro è aumentato, ma perché non c’è più ricerca tecnologica.
Insomma se un francese può ancora essere orgoglioso di prodotti fatti in casa o un tedesco di prodotti tedeschi, noi questo non possiamo più permettercelo! I nostri giovani non studiano più perché studiare costa moltissimo e si è diffusa la mitologia del denaro che ti dà tutto! Si interrompono gli studi appena si può per andare a guadagnare e comprarsi auto e vestiti e poi ci si accorge di non sapere nemmeno che cosa è l’anidrida carbonica! In altre parole che bisogno c’è di sapere che la Terra gira intorno al Sole, se basta pagare qualcuno che lo sa e lo dice al nostro posto? Lo si vede dalle scelte editoriali sia nei libri e nelle riviste che nei programmi della TV. Editori che hanno solo il nome di questa funzione sociale così importante e che alla Fiera del Libro di Francoforte o di Mosca mettono in mostra solo libri dalle grandi foto e dal nessun testo. Libri perciò che sono totalizzanti e non lasciano dialogare il lettore con l’autore né lo stimolano a pensare. Basta avere oggi un nome famoso in TV per vedere un libro proprio in libreria nelle cui pagine sono raccontate le stesse battute già dette e ridette in TV! A noi però va bene! Non dobbiamo pensare, ma solo divertirci! I giornali? Dicono tutti la stessa cosa! Anzi! Non sanno che cosa dire e per vendere si devono abbinare agli oggetti più impensati! Adesso sono di moda i libri col quotidiano ed è encomiabile, se non fosse per le scelte delle opere “regalate” di pessima qualità! Enciclopedie biografiche di qualità indicibile, libri di storia raccontata senza criterio, libri per ragazzi dove l’Europa non c’è. Come mai? Basta andar a guardare nelle prima pagine interne per vedere che sono traduzioni di opere (per di più assolutamente disprezzate dal compratore americano) importate dagli Stati Uniti nelle quali mancano persino i riferimenti all’Italia!
D’altronde la nostra inferiorità culturale ci porta proprio a questo e non possiamo rammaricarci. Per fortuna poi che abbiamo ancora dei traduttori! Infatti da noi le lingue straniere sono tabù! Pregiudizi sulle difficoltà d’apprenderle o odi nazionali ci impediscono di studiarle e così incontro all’estero italiane che si arrabattano con le 11 parole di inglese che conoscono in… Cambogia o nell’Anticaucaso! Pretendiamo che in Germania si parli inglese, quando noi stessi non lo conosciamo, e persino in Spagna ho sentito italiani cercare di esprimersi in inglese benché poi si dica che lo spagnolo è molto simile all’italiano! Ha fatto bene l’Europa a relegare l’italiano in un posto arretrato! Basta guardare le traduzioni in inglese o in tedesco sui treni o sugli autobus…
So che ci sarà una levata di scudi a questo punto che si troveranno errori anche all’estero, ma – e lo ripeto – noi stiamo scivolando in basso dal punto di vista culturale! Neppure lo sport c’è rimasto dopo i tanti imbrogli del “glorioso” calcio italiano (con calciatori stranieri)…
Secondo me, ciò non è negativo. Se non si ha niente da dare al mondo, è bene prendere e assimilare e dare dopo, quando sarà possibile. L’importante è che tutti lo sappiano e si comportino di conseguenza …

©2007 Aldo C. Marturano

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