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1 luglio 2007

per taranto

TENTATIVO STORICO PER SPIEGARE LA PSICOLOGIA SOCIALE E CULTURALE DEL TARANTINO DOPO PIU' DI UN SECOLO DI SERVITU' MILITARE ALLA MARINA
Autore: ALDO C. MARTURANO

PER TARANTO

Dopo anni di assenza dalla città natìa quando si ritorna naturalmente si rimane sempre delusi per lo sviluppo che si era sperato trovare e che invece non ci sono. Si cercano i motivi negli stereotipi che qualcuno ci ha appiccicato sul groppone come accidia, dolce far niente, clima caldo, sud degradato etc. etc. In verità sono migliaia e pochissimi hanno dei fondamenti reali, ma poi ci restano come marchi a fuoco sulla pelle. A volte si ha vergogna di dire: Sono nato là!
Sfacelo, ruberie a livello istituzionale, strani attaccamenti alla religione cattolica a livello popolare, costruzioni senza senso o col senso del solo impressionare il passante, degrado della Città Vecchia e tante altre cose ci fanno un magone grosso così. Per uno come me che fa lo storico di professione, si va poi a cercarne i motivi almeno per potersi confrontare con realtà più dinamiche e più avanzate come sono la vicina Bari o Lecce. Ed ecco che salta gli occhi proprio la storia di questa città, destinata già mille anni fa a stare in coda alla Roma imperiale, passata attraverso arabi e bizantini, patria di personaggi anche abbastanza famosi, ma che poi nessuno ricorda più dopo l’unità d’Italia se non per una decisione politica importantissima e per questo asservente.
A mio avviso proprio la decisione di legare la città ai bisogni militari del nuovo stato italiano ha deciso il destino degli ultimi cento anni della mia Taranto.
Leggo nell’articolo a firma di Mario Scionti, Indagini Ricerche e Documentazioni redatte…, in LA CITTA’ AL BORGO, Mandese 1983, come alle richieste del Consiglio Comunale sui bisogni della città ad espandersi sulla riva dell’odierno Borgo, dato che l’altra riva era impegnata dal Porto Mercantile e dalla Ferrovia, dopo un anno nel 1862 il Ministero della Guerra accettò le richieste in piccola parte imponendo però severe condizioni! Nella nota 4 riportata da Scionti si legge che Il M.d.G. in una lettera al sottodirettore del Genio Militare di Taranto del 18 aprile 1862 chiede che (in altre parole impone) “… le aree delle fortificazioni da demolire a spese del Comune rimangano libere e non siano alienate né edificate e all’incontro potrà essere permessa la fabbricazione…purché…” con le condizioni. Non andrò oltre nella ricerca delle varie servitù che furono imposte a questa città quanto invece dirò che in pratica lo sviluppo civile della gente non fu considerato necessario dalle autorità militari che allora contavano moltissimo (e hanno contato fino a qualche giorno fa ancora tanto!), mentre fu considerato importantissimo lasciare i terreni liberi intorno all’Isola della Città Vecchia affinché i bisogni militari avessero tutto lo spazio necessario ad essere soddisfatti con immediatezza.
E’ passato più d’un secolo da quando Taranto è stata militarizzata e chiusa nella ferrea morsa dell’ideologia della guerra fascista. Poi è scoppiata l’ultima guerra mondiale e i tarantini sono stati “cacciati” (si diceva sfollati) dalle loro case perché c’era pericolo di essere bombardati, la rada di Mar Grande è stata per anni ingombrata di residui di scafi affondati, tanto che le navi mercantili che venivano a scaricare il carbone fossile per le Ferrovie a volte erano quasi impedite ad entrare se il tempo era particolarmente ventoso! E i pescatori? Anche questi coi loro pescherecci di media taglia dovevano stare attenti a mine galleggianti e relitti semiaffondati. Né aveva un ruolo secondario il ponte girevole il quale al passaggio delle navi si apriva e spaccava la città in due, senza alcuno scampo! I monumenti? Quelli potevano anche continuare a decadere, come l’anfiteatro che rimase sottoterra perché spazio non ce n’era per edificare le case dei nuovi borghesi ricchi o nobili, sempre per colpa dei vincoli militari! Insomma tutta la vita della città era condizionata dalle azioni militari della Marina da Guerra!
Naturalmente per il controllo sociale della gente lavoratrice fu richiesta e trovata una trionfale alleanza con la nobiltà locale e la chiesa cattolica che insieme esaltavano, forse era la moda del tempo, l’eroismo dei marinai e dei soldati morti, ma poi inauguravano monumenti e targhe di vie dedicati solo a persone altolocate e senza alcuna rinomanza culturale degna d’essere ricordata! La toponomastica della Città Vecchia è a mio avviso l’unica rimasta intatta da questa invasioni di nomi gloriosi e sconosciuti ai più. Persino il famoso Giovanni Paisiello, nel ‘700 direttore dell’odierno Teatro Marinskii di San Pietroburgo, non ebbe un monumento degno che pochi decenni fa! Addirittura l’unico teatro che c’era nella Città Vecchia fu demolito e mai più ricostruito! Il grande musicista infatti non era nobile né santo come il Beato (ora santo) Egidio da Taranto!
Mi fermo qui per non dover riempire pagine e pagine di questi obbrobri politici del passato, ma vorrei invece discutere sul tarantino e sulle sue frustrazioni collettive dovute proprio alle servitù militari che questa città ha subito per oltre un secolo.
All’unità d’Italia la città conta poche migliaia di persone che dipendono per la loro vita dalle attività marinare: pescatori, mitilicultori e simili. Nell’entroterra peraltro il contadino c’è e nelle sparse masserie rurali vive insieme al rappresentante del padrone latifondista che di solito risiede a Napoli (l’ex capitale del Regno Borbonico) delle coltivazioni che rendono meglio sul mercato. Soprattutto il commercio del vino locale, per volontà di qualche ignoto uomo politico diventato vino da taglio e non buono per i palati delicati, o anche quell’olio d’oliva fiorisce col nord del paese. Poi viene deciso l’armamento moderno della città: La Base Navale Militare. Alla gente locale viene offerto in cambio dello sconvolgimento del territorio posti di lavoro da manovali, abbandonando il lavoro tradizionale marittimo, o ai giovani la possibilità di arruolarsi nella Marina, ma senza alcuna speranza di salire lungo la scala delle gerarchie poiché a Taranto non esisterà nessuna Accademia! I gerarchi militari verranno dal nord e vedendo le condizioni di povertà e di sottosviluppo della città si barricheranno sempre più nei loro palazzi riservati e recintati, evitando accuratamente il contatto con i rappresentanti del popoli al Comune e invece coltivando i legami con la chiesa e la nobiltà. Persino agli equipaggi delle navi sarà vietato (consigliato!?) di non far comunella coi locali e di evitare la Città Vecchia perché “pericolosa”!
A poco a poco il tarantino viene schiavizzato e indottrinato all’obbedienza cieca e perde la sua individualità politica: La sua vita è decisa dall’Autorità Militare e basta! Quasi il 70 % della popolazione attiva risulta dipendente dell’Arsenale negli anni 70-80 e quindi sottoposta a controlli sindacali e a selezioni sociali talvolta insopportabili, ma ineludibili visto che la politica è fatta a livello comunale per molti anni solo dalla nobiltà e dal latifondo, ambedue interessati ad avere buone relazioni con la Marina per i loro affari di compravendita!
C’è qualche pionieristico tentativo imprenditoriale come i Cantieri Navali del Mar Piccolo, ma a quale prezzo e con quali limitazioni! Certo ci sono le imprese agricole che producono l’olio o il vino, legumi mediterranei e prodotti caseari non ben conosciuti sul mercato nazionale e dunque di bassissima rendita rispetto al numero di disoccupati esistenti. Non parliamo invece delle cooperative di pescatori che per i troppi impedimenti posti dalle autorità navali languano in una continua litigiosità e mancanza di crediti dalle banche locali e per il ricorso agli strozzini locali.
Una cosa che subito si nota è la volontà di tenere la città isolata dal resto della regione… per ragioni militari. La ferrovia non viene modernizzata che molto tardi neppure nel dopoguerra (e non lo è ancora oggi), le strade sono pochissime col resto del nord: con Bari ad es. c’è solo una strada costruita dal fascismo con spirali impossibili sulla quale un veicolo del 1960 per coprire i 70 km di distanza in linea d’aria fra le due città pugliesi impiegava circa due ore minimo! Il Porto Mercantile ad esempio non viene né ingrandito né meglio attrezzato e la ragione è semplice: Non si vogliono navi estranee che passino per Mar Grande a spiare quanto la Marina Militare ha di segreto! E così niente linee marittime con nessuna altra costa come invece ce le ha Bari!
E se un ragazzo si vuole emancipare studiando? Niente di più impossibile: L’unica università più vicina è a Bari (fondata nel 1925!) e il Liceo scientifico Battaglini a Taranto ha meno di 50 anni! La Marina incoraggia invece il sorgere di scuole per artigiani perché è soltanto di operai che ha bisogno!
A lungo andare l’impossibilità a creare un’industria locale, l’impossibilità di emanciparsi attraverso lo studio, l’isolamento forzato persino attraverso la burocrazia statale che si adopera ad impedire una troppa mobilità dei cittadini nei rilasci dei passaporti (perché ci vuole sempre il nulla osta della Marina, testimonianza personale di un Comandante dei Carabinieri ora in pensione!) porta il tarantino a sognare di emigrare, di cercare lavoro al nord o all’estero oppure di entrare nel lavoro statale che anche in questo caso è rappresentato dalla Marina Militare!
Neanche l’amore trova libero sfogo in questa città, se uno dei partners è legato alla Marina!
Finalmente nel 1964 lo stato centrale decide che la città debba diventare la fornitrice di tubi speciali (il gas viaggia liquido sotto pressione) per la costruzione del grande gasdotto da Urengòi a Trieste e poi quello dall’Algeria alla Sicilia. I contratti sono previsti durare una ventina d’anni e possono dare lavoro a molta gente sia nel momento della costruzione che poi durante la produzione. Comincia così una gara di corsa da Roma a Taranto per ottenere il beneplacito della Marina, la quale ormai prevedendo la sua smobilitazione per lo sviluppo che sta avendo l’aereo e la guerra condotta non più nel modo tradizionale in cui il Mediterraneo non rappresenta più un mare da controllare, rinuncia alla sua “tutela” del territorio nella parte meno interessante la propria base e lascia costruire il Centro Siderurgico, ampliare e riattrezzare il porto e permette la presenza di compagnie private come la Shell (Cementir e Italsider sono compagnie dell’IRI a quei tempi) perché questa garantisce la nafta per navi anche alla Marina.
C’è un problema politico: Il PCI! Quasi tutti gli operai dell’Arsenale Militare sono sindacalizzati, ma con i sindacati cosiddetti gialli ed ora con nuovi operai al Siderurgico c’è la minaccia che il PCI e dunque la CGIL riesca ad avere un pesa sempre maggiore nel mondo del lavoro tarantino. C’è un senatore comunista più ribelle degli altri che va fronteggiato e affrontato: Odoardo Voccoli! I socialisti hanno anche un gran peso alle elezioni…
La città forse si sta risvegliando? Ha capito di doversi liberare del manto di piombo della Marina? Ma come, se ancora la maggior parte dell’economia cittadina dipende dalla Marina negli anni ‘70?
Ecco questa era Taranto e di qui nasce quella odierna: quella del Palazzo degli Uffici in ristrutturazione da decenni, quella della risanamento della Città Vecchia, quella del Museo Nazionale in decadenza, quella della sindachessa Di Bella e di Cito, ma anche quella del Serafico Pompiere Sociale e defunto Mons. Motulese, di Diego Maturano, poeta socialista e democratico locale, che si rifiutò molte volte benché ne fosse continuamente sollecitato a prendere la tessera del PNF. Dulcis in fundo, Taranto è ancora così oggi e nella visita del Presidente Napoletano di qualche settimana fa questo grande comunista è costretto a partecipare alla festa della Marina Militare all’interno dei famosi Muraglioni militari, ma non può dare un saluto alla città passando per le vie dove tanta gente l’avrebbe calorosamente accolto!

© 2007 Aldo C. Marturano

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