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17 luglio 2007

Riflessione libera

Quante "ILVA" in Italia?
Autore: Alessandro Persico

Leggendo della vicenda dell'ILVA di Taranto (simile a tante altre in tutt'Italia) mi viene impulsivamente da pensare che la chiusura dello stabilimento sarebbe un bene. Poi però ci si deve misurare con gli effetti che questo (economicamente) produrrebbe, quali disoccupazione, sollevazioni popolar-sindacali, comitati locali, ecc... che fanno molta notizia, senza parlare dei costi di bonifica per poter riutilizzare le aree.
Detto questo rifletto e mi pongo una domanda più generale su questo tipo di industrializzazione che cannibalizza e violenta l'ambiente (e di conseguenza chi in quell'ambiente respira, beve, mangia, vive): "è proprio necessaria? Vale la pena? Si può fare in un altro modo?".
Ma soprattutto mi domando se chi ci lavora sia a conoscenza di queste situazioni (mi pare difficile non accorgersene dall'interno) e non sia preoccupato per la propria salute, se accetti di dare una parte di sè e della sua salute (quindi della sua vita futura che non vivrà) e di quella delle persone che subiscono le conseguenze dell'Inquinamento (con la "i" maiuscola) in cambio dello stipendio.
Certo è che se c'è un mutuo da pagare, lo stipendio serve, ma se il mutuo vive più di te, forse non hai fatto un affare. Chissà se esiste un modo di spezzare il circolo vizioso?
Sia chiaro, non sono contrario all'iniziativa imprenditoriale, né tantomeno sono un fondamentalista dell'ambiente, però credo che ci sia un limite...speriamo di vederlo quando ci si approssimerà...

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