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29 settembre 2009

Taranto non deve morire!

Autore: Gianmario Leone

La notizia è di quelle che fanno male al cuore di chi ama la nostra città con tutti i suoi pregi e i suoi difetti. Ma che andrà a toccare anche le vite di chi da sempre è totalmente indifferente alle sorti della città dei Due Mari. Un paio di giorni fa hanno deciso di ampliare le raffinerie dell’Eni a Taranto. Con una semplice firma a Roma, in un giorno qualunque di settembre, il ministro Prestigiacomo ha deciso che nella nostra città si deve continuare a morire. Senza se e senza ma. Forse nei corridoi di Montecitorio pensano che i tarantini debbano andarne anche orgogliosi, visto che con questo ampliamento diventeremo uno dei siti dove si produce di più in tutta Europa. D’altronde basta farsi un giro sul sito ufficiale dell’Eni e cercare il sito di Taranto per capire come per questi signori, ciò che conta, è solo e soltanto produrre di più. Il resto non conta. Non è mai contato.
Il Protocollo di Kyoto? Carta straccia. Taranto è la città più inquinata d’Europa? Ti rispondono che non dobbiamo temere per la nostra salute e per quella dei tarantini che verranno: useranno solo del gas naturale. E se a Taranto si continuerà a morire pazienza, è l’economia bellezza. Ma come, abbiamo l’Ilva da oltre quarant’anni, la diossina, famiglie sterminate dal tumore: tutto giusto, tutto vero. Ma se volete lavorare questo vi tocca. Altrimenti…
E’ così che ci trattano dal oltre quarant’anni e che hanno intenzione di continuare a fare. Non solo loro, ma anche chi ci governa da decenni. Fanno finta di indignarsi, di lamentarsi, ma poi decidono di ritirare la loro denuncia come parte civile contro il processo dell’industria siderurgica dell’Innominato. Nei film americani li liquiderebbero con la celebre frase, “siete solo chiacchiere e distintivo”. A Napoli e dintorni renderebbero l’idea molto più semplice e orecchiabile anche per le nostre orecchie: “sit’ sol’ uapp’ e’ carton”!
Nella vita c’è un momento per tutto e per tutti: il boom economico è tramontato da un pezzo, la classe operaia oramai esiste solo nei telegiornali per raccontare delle decine di morti bianche in tutt’Italia, Ilva di Taranto compresa. E’ ora di dire basta, una volta e per tutte.
E’ ora di ritrovare, o forse sarebbe meglio dire, di costruire dalle fondamenta una coscienza sociale e civile tarantina per difendere la nostra città e per difenderci. Taranto e i tarantini hanno pagato da tutti i punti di vista: a cominciare da quello più prezioso, la vita. Non è più tempo di tavoli istituzionali, di riunioni, di summit, di protocolli, di riduzioni di emissioni o quant’altro. E’ solo tempo di far tornare Taranto quelle che era quarant’anni fa: ovvero una città fiorente da tutti i punti di vista. Una città con i suoi colori unici, i suoi tramonti mozzafiato, con il suo mare blu anche in riva al Lungomare.
Smettiamola una buona volta di prenderci in giro e di farci intortare dal ricatto lavorativo: questa città potrebbe e dovrebbe vivere di turismo, di pesca, attraverso l’Arsenale oramai quasi del tutto abbandonato dalle alte sfere romane che ci preferiscono La Spezia, attraverso il Porto crocevia delle vie commerciali del Mediterraneo. E di tanto altro ancora.
Ieri è andato via un altro amico. Per colpa della malattia di cui tutti conosciamo il nome e che, onestamente, non ho nemmeno voglia di nominare. Un uomo d’animo buono, che ha dato tanto a questa città. Ma soprattutto ha dato tanto alle persone che gli hanno voluto bene. Tra cui il sottoscritto. “La ragione umana viene afflitta da domande che non può respingere, perché le sono assegnate dalla natura della ragione stessa, e a cui però non può neanche dare risposta, perché esse superano ogni capacità della ragione umana”.(Kant) Mi auguro di cuore che da ieri tu sia riuscito a trovare le risposte a tutto. Questo pezzo è per te. Ciao Luigi.
Gianmario Leone

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