Forum: Segnalazioni
Sul voto lombardo l'ombra dell'inchiesta
La notizia è di quelle normalmente destinate a fare scalpore, ma i mezzi di comunicazione italiani l’hanno quasi tutti snobbata o relegata in un trafiletto, con le solitarie eccezioni del Sole 24 Ore e dei settimanali L’Espresso e Diario. Il presidente della Lombardia, Roberto Formigoni, avrebbe beneficiato dell’assegnazione di una quota di petrolio pari a 24,5 milioni di barili da parte del regime iracheno di Saddam Hussein, nell’ambito di un torbido traffico di greggio che sfruttava le maglie larghe di “Oil for food”, il programma “petrolio in cambio di cibo” varato dall’Onu per alleviare gli effetti dell’embargo imposto al paese dagli Stati Uniti al termine della prima guerra del Golfo del 1991.
In teoria i ricavi della vendita del greggio iracheno avrebbero dovuto essere destinati all’acquisto di medicinali e alimenti per la popolazione. In pratica, invece, le Nazioni Unite si limitavano a stabilire periodicamente le quote di petrolio che l’Iraq poteva mettere in commercio, ma di fatto era la Somo, l’agenzia petrolifera del deposto regime di Saddam Hussein, a decidere a chi concedere le assegnazioni. Questa, almeno, è la conclusione cui è giunto un rapporto dell’Iraq Survey Group, guidato dall’ex ispettore Onu Charles Duelfer, i cui risultati sono stati presentati nell’ottobre scorso al Congresso degli Stati Uniti.
Come ha spiegato Gianni Barbacetto in un articolo pubblicato sul numero di Diario del 29 ottobre 2003, gli elenchi di chi avrebbe ottenuto assegnazioni di greggio da parte del regime di Saddam comprendono grandi compagnie petrolifere come Agip, Elf e Total, “ma anche singole persone ed esponenti politici di una cinquantina di paesi del mondo”. Tra di loro spicca, appunto, Formigoni, che avrebbe ricevuto l’assegnazione più massiccia tra quelle fatte ai soggetti italiani citati dal rapporto Duelfer. Il suo nome è associato a quello della Cogep, una piccola srl che potrebbe essersi occupata della commercializzazione del greggio elargito al governatore.
Attraverso queste concessioni, sottolinea Barbacetto, il regime iracheno poteva ricompensare i propri “amici” per la loro vicinanza politica. “Il detentore delle assegnazioni, infatti, poteva rivendere i suoi contratti a trader compiacenti e riservati, spuntando di solito robusti margini di guadagno”, che nel caso di Formigoni sono stati quantificati in una forbice compresa tra i 500mila e i cinque milioni di dollari. Secondo l’inchiesta realizzata a quattro mani da Claudio Gatti e Mark Turner per Sole 24 Ore e Financial Times, era Tareq Aziz, braccio destro di Saddam Hussein nonchè amico di Formigoni, a coordinare le assegnazioni di greggio ai referenti del regime all’estero.
Vero o falso che sia il suo coinvolgimento nella vicenda, resta il fatto che Formigoni, al di là di qualche replica stizzita, fino a oggi ha evitato di affrontare l’argomento e una mozione presentata in ottobre dai Ds in Consiglio regionale, per impegnarlo a rendere conto di quanto contenuto nel rapporto Duelfer, è stata bocciata dalla maggioranza. L’unico elemento in più in proposito lo fornisce il segretario regionale Ds, Luciano Pizzetti: “Lui sostiene che si tratta di un complotto della Cia...”.
Le accuse di corruzione nell’ambito del programma “Oil for food” sono ora al vaglio di una commissione indipendente varata dall’Onu nell’aprile dello scorso anno e presieduta da Paul Volcker, ex presidente della Federal Reserve americana. E le sue conclusioni principali, attese entro la metà di quest’anno, potrebbero annuvolare un po’ il cielo elettorale del presidente della Lombardia.
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