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    Si fa presto a dire

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    La valutazione di impatto sanitario sulle emissioni di CO2 dell'Ilva

    Sono di particolare importanza i dati dello studio “Il “mortality cost” delle emissioni di C02 di uno stabilimento siderurgico del Sud Italia: una valutazione degli impatti sanitari derivanti dal cambiamento climatico”. Al centro c'è la questione dell'impatto transfrontaliero e transgenerazionale.
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    17 luglio 2024 - Domenico Gallo, Fiorella Mannoia, Alessandro Marescotti, mons. Giovanni Ricchiuti, Carlo Rovelli, Alex Zanotelli

Forum: Segnalazioni

26 marzo 2003

rivolta antiSaddam a Bassora

La presunta rivolta antiSaddam di Bassora sembra più un aiuto alla borsa in crisi che una notizia plausibile e veritiera. Ecco perché.
Autore: Alessandro Marescotti
Fonte: 26.03.2003 - La notizia non attendibile della rivolta di Bassora è riportata su quasi tutti i giornali di oggi

MEDIAWATCH
osservatorio sulle menzogne di guerra

Ciao a tutti!
La scarsa attendibilità dell'informazione delle forze angloamericane si sta rivelando anche per la presunta rivolta anti-Saddam degli sciiti a Bassora.
Ma vediamo perché la notizia non è attendibile.

Ecco cosa scrivevano ieri su Repubblica...
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Una rivolta popolare contro Saddam Hussein sarebbe in corso a Bassora. La notizia è stata confermata dal ministero della Difesa britannico: le forze della coalizione - spiega un comunicato - hanno distrutto tre mortai iracheni che sparavano sui civili per reprimere la sommossa. Il ministro dell'informazione di Bagdad, Al Sahaf, smentisce "formalmente" e parla di "menzogne provocatorie" diffuse "dall'amministrazione americana e dal governo britannico". Ma la replica giunta dall'opposizione ("la rivolta è in corso") sarebbe supportata dall'emittente Sky News, che ha riferito di una sollevazione degli abitanti della città, contro i quali le forze irachene fedeli al raìs avrebbero sparato colpi di mortaio.
25 marzo La Repubblica
http://www.repubblica.it/online/esteri/iraqattaccosette/bassora/bassora.html

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Si noti bene: il ministero della Difesa britannico non basava le proprie "tesi" su informazioni militari proprie. Anzi "lo stesso generale britannico Peter Wall ieri aveva detto di non aver alcuna indicazione in tal senso", riporta oggi l'Ansa. Vedere qui sotto...
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Le insistenti notizie riguardanti una rivolta popolare contro gli uomini di Saddam Hussein a Bassora (Su dell'Iraq), smentite dalle autorita' irachene, sono state smentite mercoledi' mattina da Al Jazira.
La tv satellitare del Qatar ha detto oggi che non vi sono segni di una rivolta, di cui invece alcune fonti britanniche avevano parlato ieri. ''Le strade di Bassora sono molto calme e non vi sono indicazioni di violenze o di rivolte'', ha detto il giornalista della tv satellitare, aggiungendo: ''Non vi sono segni di insurrezione: tutti noi possiamo udire esplosioni lontante nella zona sud orientale, e riteniamo che sia in corso una battaglia''.
Le prime notizie su una presunta rivolta anti-Saddam a Bassora erano state divulgate dalla tv britannica Sky News, ma lo stesso generale britannico Peter Wall ieri aveva detto di non aver alcuna indicazione in tal senso.

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Ma perché la rivolta antiSaddam di Bassora non è attendibile? Lo spiega bene questo articolo del 25/3/03 in cui viene intervistato Salah Mosavi, il leader politico degli Sciiti nell'intero Khuzistan iraniano. Ricorda le discussioni con gli emissari della Casa Bianca che hanno preceduto la guerra e racconta: "L'inviato di Bush, Zalmay Khalilzad, ci spiegò che siamo un popolo troppo giovane per prenderci la responsabilità di governare l'Iraq liberato. Per noi, non può esistere un insulto peggiore. Viviamo in queste terre da millenni e siamo un popolo antico. Più antico degli americani che vengono a spiegarcelo".
Ecco perché gli sciiti (il 67% della popolazione irakena e la quasi totalità a Bassora) non si stanno ribellando, anche le Blair sta dando questa imbeccata ai mass media per gettare un po' di euforia sulle borse sconcertate.

Ma leggiamo il testo dell'articolo, è illuminante...

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Un alto funzionario del Dipartimento di Stato, al lavoro in una città del Medio Oriente, cede all'irritazione e si sfoga: "Dove diavolo sono gli Sciiti?". "La verità - prosegue - è che ci hanno traditi...". Spiega meglio un'altra fonte vicina al Pentagono: "I nostri piani militari erano stati ritagliati intorno alle più consistenti enclave sciite di sud e sud-ovest, nella speranza, o certezza, che fossero gli Sciiti a liberarsi della Guardia Repubblicana".

Così una delle chiavi per comprendere che cosa accade in queste ore nelle città del sud iracheno impone di porsi qualche domanda sul comportamento degli Sciiti. Che è poi il comportamento della popolazione civile perché gli Sciiti sono il 67 per cento del popolo iracheno e la quasi totalità degli abitanti delle città del sud "liberate" e, a occidente, dei luoghi sacri Najaf e Karbala.

Saddam odia gli Sciiti e gli Sciiti odiano Saddam. Dopo la rivolta del 1991, nell'indifferenza degli Stati Uniti, i seguaci di Ali (il primo imam sciita) furono schiacciati da una crudele repressione che lasciò sul campo quasi mezzo milione di morti. Con questa premessa, che gli americani si aspettassero la rivolta delle città del sud dopo la distruzione degli obiettivi militari e strategici, appariva coerente. In fondo, niente di più di quanto accaduto in Afghanistan lo scorso anno: gli Sciiti come l'Alleanza del nord. Ma questo non è avvenuto.

Nei campi profughi del sud dell'Iran, come nelle città in Iraq, non c'è famiglia che non abbia patito morti nella repressione del 1991. Quando gli americani se ne rimasero a guardare i missili di Saddam che, nella no-fly zone, spegnevano nel sangue la ribellione. una diffidenza che i numerosi colloqui segreti che hanno preceduto la guerra non hanno scalfito.
Salah Mosavi è il leader politico degli Sciiti nell'intero Khuzistan iraniano. un uomo dall'aspetto mite, dalla voce calma e i modi rassicuranti.

Ricorda senza ira, con fredda malinconia, le discussioni con gli emissari della Casa Bianca che hanno preceduto la guerra. L'ultimo, ad Arbil, Kurdistan iracheno. Racconta: "L'inviato di Bush, Zalmay Khalilzad, ci spiegò che siamo un popolo troppo giovane per prenderci la responsabilità di governare l'Iraq liberato. Per noi, non può esistere un insulto peggiore. Viviamo in queste terre da millenni e siamo un popolo antico. Più antico degli americani che vengono a spiegarcelo. Siamo così "antichi" e radicati nella nostra terra che siamo gli unici a poter distinguere una guardia repubblicana in abiti civili da un civile.

Capacità che oggi farebbe molto comodo a inglesi e americani. Ma non ne hanno voluto sapere. Le condizioni che abbiamo proposto agli Stati Uniti sono chiare. Una soprattutto è imprescindibile: nessun governatore militare a Bagdad, ma un governo liberamente eletto dal popolo iracheno. La Casa Bianca giudica inaccettabile questa condizione. Ecco la prima ragione del perché non abbiamo sin qui mosso un dito e non lo muoveremo, per il momento.

Ma ce ne sono altre, di ragioni. In realtà, gli sciiti non vedono chiaro nella strategia degli americani. Si chiedono quale sia la natura dell'interesse di Washington nei loro confronti. Si sono risposti che "è un interesse strumentale: hanno bisogno di noi solo per accorciare i tempi e i costi in vite umane della campagna militare". E poi: "Qual è il loro obiettivo finale? Liberare il popolo iracheno da una dittatura o, come alcuni tra di noi credono, vogliono mettere un piede sulle nostre terre per poi spingere la loro influenza a est?".

La Repubblica 25/3/03 - inviati CARLO BONINI e GIUSEPPE D'AVANZO
Fonte: http://www.repubblica.it/online/esteri/iraqattaccosei/tradimento/tradimento.html

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Può darsi che le cose cambino e che la popolazione un domani si sollevi, ma non è realistico attendere sollevazioni popolari per sostenere un protettorato Usa che frustra le richieste di libere elezioni degli irakeni antiSaddam.

Alessandro Marescotti
MEDIAWATCH
http://www.peacelink.it/mediawatch

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