Il curriculum di violenza degli USA

Violenza diretta aperta, violenza diretta segreta (terrorismo di stato) e violenza strutturale (economica) degli USA dal 1890 al 2001.
18 luglio 2005
Johan Galtung ((Fondatore dell'International Peace Reserch Institute, docente di Studi sulla Pace all'Università delle Hawaii, direttore di Trascend, un programma dell'ONU per la trasformazione nonviolenta dei conflitti, Premio Nobel alternativo 1987.))
Fonte: Quaderni Satyagraha

Foto del prof. Johan Galtung

Subito dopo l'11 settembre 2001 Zoltan Grossman ha preparato un elenco su "Un secolo di interventi militari USA da Wounded Knee all’Afghanistan", basati sui Congressional Records ed il Library of Congress Congressional Reserch Service. La sua lista comprende un elenco di 134 interventi grandi e piccoli, interni e globali, nel corso di 111 anni, dal 1890 al 2001, con la media di 1,15 interventi per anno prima della fine della Seconda Guerra Mondiale, e una media di 1,29 dopo; registrando un piccolo aumento.
Se noi restringiamo l'attenzione al periodo di 11 anni dopo la fine della Guerra Fredda, troviamo 22 interventi, cioè una media di 2,0 per anno. Questo dato è compatibile con l'ipotesi che via via che un impero o una egemonia si espande è necessario un maggior numero di interventi per la sua protezione.
William Blum nelle trecento pagine nel suo libro "Stato Canaglia: una guida all'unica superpotenza Mondiale", ci offre molti dettagli. Alcuni di questi possono essere discussi. Ma la nostra attenzione è rivolta alle vittime, ai loro familiari, ai profughi, alla distruzione delle opere umane e dell’ambiente naturale, ai danni procurati alle istituzioni e alla cultura da una tale enorme propensione alla violenza. Confrontato con tutto questo, quello di cui Bin Laden è accusato è piuttosto modesto: le bombe del 1993 al World Trade Center, le bombe del 1998 alle ambasciate USA a Nairobi e Dar es Salaam, l’attacco con una bomba al cacciatorpediniere Cole in un porto dello Yemen, e l’11 settembre 2001. Non si possono negare alcuni validi moventi. Ma ci rifiutiamo di credere che la violenza fosse l’unica possibilità a cui ricorrere. In ogni singolo caso sarebbe possibile trovare alternative d’azione, ma non è questo il nostro obiettivo qui.
Vignetta su USA e 11 settembre 2001 Blum fa un elenco di 67 "Interventi Globali dal 1945", includendo interventi non-militari e molta violenza indiretta sostenuta dagli Usa. In ordine cronologico sono: Cina dal '45 al '51, Francia '47, Isole Marshall dal '46 al '58, Italia dal '47 agli anni 70; Grecia dal '47 al '49, Filippine dal '45 al '53, Corea dal '45 al '53, Albania dal '49 al '53, Europa Orientale dal '48 al '56, Germania anni 50, Iran '53, Guatemala dal '53 agli anni 90, Costa Rica anni 50, Medio Oriente dal '56 al '58, Indonesia dal '57 al '58, Haiti '59, Europa Occidentale anni 50 e 60; Guyana Britannica dal '53 al '64; Iraq dal '58 al '63, Unione Sovietica dagli anni 40 agli anni 60, Vietnam dal '45 al '73, Cambogia dal '55 al '73, Laos dal '57 al '73, Thailandia dal '65 al '73, Ecuador dal '60 al '63, Congo-Zaire '77 -'78; Francia-Algeria anni 60, Brasile dal '61 al '63, Perù '65, Repubblica Dominicana dal '63 al '65, Cuba dal '59 ad oggi, Ghana '66, Uruguay dal '69 al '72, Cile dal '64 al '73, Grecia dal '67 al '74, Sud Africa dagli anni 60 agli anni 80, Bolivia dal '64 al '75, Australia dal '72 al '75, Iraq dal ’72 al ’75, Portogallo dal '74 al '76, Timor Est dal '75 al '99, Angola dal '75 agli anni '80, Giamaica '76, Honduras anni 80, Nicaragua dal '78 agli anni 90, Filippine anni 70, Seychelles dal '79 al '81, Yemen dal '79 al '84, Corea del Sud ’80, Ciad '81 e '82, Grenada dal '79 al '83, Suriname dal '82 al '84, Libia dal '81 al '89, Fiji '87, Panama '89, Afghanistan dal '79 al '92, El Salvador dal '80 al '92, Haiti dal '87 al '94, Bulgaria '90 e '91, Somalia '93, Iraq negli anni ’90, Perù negli anni ’90, Messico negli anni '90, Colombia negli anni '90; Yugoslavia dal '95 al ‘99.

In 25 casi gli interventi hanno assunto la forma di bombardamenti: Cina '45 e '46, Corea-Cina dal '50 al '53, Guatemala '54, Indonesia '58, Cuba '60 e '61, Guatemala ’60, Vietnam dal '61 al '73, Congo '64, Perù '65, Laos dal '64 al '73, Cambogia '69 e '70, Guatemala dal ’67 al ’69, Grenada '83, Libano-Siria '83 e '84, Libia '86, El Salvador anni 80, Nicaragua anni 80, Iran '87, Panama '89, Iraq dal '91 ad oggi, Kuwait '91, Somalia '93, Sudan '98, Afghanistan '98, Yugoslavia '99.
In 35 casi sono stati messi in atto assassini, tentati o riusciti, di personalità, inclusi capi di Stato, e l'assistenza alla pratica della tortura ha riguardato 11 paesi (Grecia, Iran, Germania, Vietnam, Bolivia, Uruguay, Brasile, Guatemala, El Salvador, Honduras, Panama). Molto veementi sono state le reazioni contro leader che in precedenza abbiano lavorato per gli Usa, perché avevano un nemico comune: Pol Pot, Manuel Noriega, Saddam Hussein, Mohammad Aidid e Osama Bin Laden.
Blum, inoltre, elenca 23 paesi dove gli USA hanno "falsato le elezioni", interferendo nei processi democratici: Italia dal '48 agli anni 70, Libano negli anni 50, Indonesia '55, Vietnam '55, Guyana dal '53 al 64, Giappone dal '58 agli anni 70, Nepal '59, Laos '60, Brasile '62, Repubblica Dominicana '62, Guatemala '63, Bolivia '66, Cile dal '64 al '70, Portogallo '74 e '75, Australia '74 e '75, Giamaica '76, Panama '84 e '89, Nicaragua '84 e '90, Haiti '87 e '88, Bulgaria '91 e '92, Russia '96, Mongolia '96, Bosnia '98.
Per i dettagli critici si può leggere il libro. Ma c’è bisogno di molta ingenuità per credere che tutto questo possa accadere senza tracce di odio e sete di vendetta.
C’è un modello spaziale, nel senso che gli interventi hanno attraversato, con notevoli sovrapposizioni, quattro regioni:

Regione I Asia orientale Buddhista-confuciana
Regione II Europa orientale Cristiano-ortodossa
Regione III America Latina Cristiano-Cattolica
Regione IV Asia occidentale Islam

Il primo centro dell’intervento USA è stata l’Asia orientale (Corea, Vietnam, Indonesia; ma anche Iran), un intervento estremamente violento.
Il secondo è stata l’Europa orientale (inclusa l’Unione Sovietica), la Guerra Fredda che fortunatamente non è diventata calda, almeno non in Europa, anche se la guerra fredda è continuata nell’Asia orientale. In questo, la presenza di una contro-superpotenza ha contribuito molto, e quando quella superpotenza è sparita la violenza USA è stata esercitata sul territorio Ortodosso, in Serbia e Macedonia.
Il terzo è stato in America Latina, allargandosi più o meno a tutti i paesi dopo aver iniziato e tratto impulso da Cuba. La violenza è stata micro e meso, non la macro violenza dell’Asia orientale, per non dire la mega violenza temuta per il “teatro” europeo.
Il quarto è nell’Asia occidentale, cominciato con la Palestina e l’Iran, poi la Libia e il Libano/Siria, e negli anni ’90 con l’Iraq, l’Arabia Saudita (per le basi militari) e l’Afghanistan.
Questo cambiamento di “bersagli” nel tempo, potrebbe spiegare il ritardo della rappresaglia nella patria americana. Gli USA vedono se stessi al di sopra degli altri Paesi. La violenza USA non è rappresaglia, ma punizione, dall’alto; quindi accetabile e accettata.
Inoltre, c’è la violenza strutturale causata dalla rapida espansione del sistema mercato a tutto il mondo. Un aspetto di base di questo sistema è la monetizzazione, che significa che ciò di cui si ha necessità per soddisfare i bisogni fondamentali è ottenibile solo per mezzo del denaro, e non, per esempio, col lavoro. Con meno di un dollaro al giorno i bisogni fondamentali per il cibo, i vestiti, l’abitazione, e la salute non possono essere soddisfatti. Ne risulta che le persone muoiono, probabilmente ora al ritmo di 100.000 al giorno a causa della de/malnutrizione, dalla mancanza di vestiario, di abitazioni, di servizi sanitari per le malattie che ne derivano, poiché questi sono monetizzati e non sovvenzionati. Allo stesso tempo la ricchezza si accumula al vertice. Molte persone odiano tutto questo.
USA e violenza globale

Tornando ai moventi dietro questa gigantesca violenza diretta: si può dire che praticamente tutto è compatibile con l'ipotesi che la violenza diretta degli USA, aperta o nascosta attraverso la CIA, sia diretta contro qualsiasi cosa possa essere percepita come ostile agli interessi statunitensi all'estero. (1) Ciò includerebbe i Paesi progressisti e le persone progressiste in qualunque Paese, intendendo per progressiste le politiche che privilegiano la distribuzione delle risorse economiche a tutti i settori della società e il soddisfacimento dei bisogni di base per la maggioranza dei poveri. Se questo è compatibile con un "clima" favorevole agli interessi degli USA va tutto bene. Ma nei paesi meno sviluppati l'economia politica mette in competizione questi obiettivi gli uni contro gli altri, e la tipica reazione statunitense è stata violenta.
L'attuale enormità di ingiustizia globale succede alla schiavitù e al colonialismo e finirà probabilmente come questi per mezzo del cambiamento della consapevolezza collettiva e la demoralizzazione al vertice. Oggi la maggior parte degli Americani e molti in Occidente ignorano tutto ciò anche se avvertono qualcosa di sgradevole nel più profondo, come i tedeschi durante il nazismo. Preferiscono la retorica del comunismo/terrorismo.
E' un'analisi anti-Americana? Per niente, ma certamente avversa all'egemonia di Washington, alla sua politica estera di sfruttamento. *

Johan Galtung

Note: (1) E’ l’ordine di grandezza dei tre tipi di violenza? Un’ipotesi:
Diretta, aperta: 6 milioni, con la Corea, il Vietnam e l’Indonesia che pesano molto - tutto nella regione I. Un elemento di razzismo?
Diretta, segreta: alcuni ex agenti della CIA hanno stimato che “per lo meno 6 milioni di persone sarebbero morte a causa di operazioni segrete americane a partire dalla Seconda Guerra Mondiale”
Strutturale, come al solito, molto di più. La stima di 100 mila al giorno, ci dà in un anno tre volte il risultato totale della violenza diretta in 40, 50 anni.

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