Riflessioni di Johan Galtung sul fenomeno del terrorismo

Uscire dal circolo vizioso tra terrorismo e terrorismo di stato

13 agosto 2005
Johan Galtung (Norvegese, è fondatore dell’International Peace Reserch Institute, docente di Studi sulla Pace all’Università delle Hawaii, direttore di Trascend, un programma dell’ONU per la trasformazione nonviolenta dei conflitti, Premio Nobel alternativo per la Pace)
Fonte: Quaderni Satyagraha

Prof. Johan Galtung

Analizzerò il ciclo di eventi caratterizzati da due date, l’attacco al World Trade Center ed al Pentagono dell’11/9/ 2001, con l’uccisione di 3000 civili, e l’inizio dell’attacco all’Afghanistan del 7/10/2001, con circa 6000 vittime civili secondo le informazioni fornite da Kabul. Iniziamo col definire alcuni termini fondamentali:
Terrorismo (da parte di entità non statali) e terrorismo di Stato (da parte di uno Stato):
• usano la violenza per scopi politici, per porre fine al conflitto;
• colpiscono/danneggiano/feriscono anche persone che non sono direttamente coinvolte nella lotta;
• sono progettati per diffondere il panico/terrore con lo scopo di costringere il nemico alla resa;
• contengono un elemento di sorpresa nella scelta del chi, dove e quando;
• sottraggono i responsabili alla ritorsione e alla cattura.
Queste considerazioni si applicano altrettanto bene alla maggior parte delle campagne militari: la guerra è la continuazione della politica con altri mezzi; naturalmente ci saranno “danni collaterali” voluti e non voluti; l’intenzione è di ottenere la resa; solo un pazzo rivelerebbe la propria tattica in anticipo.
Il fondamentalismo (DMA), religioso o ideologico è:
Dualista, il mondo è diviso tra NOI e LORO, non ci sono parti neutrali;
Manicheo, noi siamo dalla parte di Dio, loro da quella del Male;
Apocalittico, ci può essere un solo esito, la battaglia finale.
Nota come polarizzazione, la sindrome DMA può essere trovata in molti conflitti. Il fondamentalismo è una pre-polarizzazione permanente.
Oltre a questa esiste un’altra sindrome EGT ben nota nelle varietà più estreme delle tre religioni abramitiche, Ebraismo/Cristianesimo/Islam:
Elezione, un Popolo Eletto da Dio, una Terra Sacra/Promessa;
Gloria, un passato e/o un futuro glorioso;
Trauma, un popolo sotto l’effetto permanente di una sindrome post-traumatica.
La sindrome DMA, combinata col narcisismo (E,G) e la paranoia (T), è una patologia collettiva profonda, insopportabile a livello personale, ma riconosciuta come devozione e patriottismo, al livello collettivo. Il Wahabbismo, la religione di Stato dell’Arabia Saudita, e il Puritanesimo, la religione civile degli Stati Uniti, soddisfano queste condizioni. Il loro scontro decisivo risale all’autunno 2001.
L’interpretazione dell’11 settembre è: due edifici sono stati abbattuti da 19 arabi, 15 dei quali provenienti dall’Arabia Saudita, come risposta al sacrilegio della penetrazione economica (Organizzazione Mondiale del Commercio) e militare (il Pentagono) in una terra santa. E quella del 7 ottobre e successivi: l’Afghanistan è stato bombardato come atto di vendetta e punizione, per debellare Al Qaeda e deporre il regime dei Talebani colpevole di ospitare Al Qaeda ed opporsi alla costruzione da parte degli Stati Uniti di basi ed oleodotti dal Mar Caspio. Messi insieme, 11 settembre + 7 ottobre, costituiscono un ciclo di rappresaglie: la guerra.
Il problema è come uscire da questo circolo vizioso. Le condizioni psicologiche sono impressionanti. Consideriamone alcune.

Ragionare con la testa, non con le viscere: conosci te stesso

Una tesi di partenza è che entrambe le parti sono fondamentaliste, guidate dai fondamentalismi DMA/EGT Wahabbita/Puritano saldamente insediati nei ragionamenti viscerali dei loro subconsci collettivi. Gnoti se auton, conosci te stesso, è una condizione per poter dare inizio ad un dialogo con se stessi, col proprio Sé e con l’Altro, con Alleati e Nemici. Il problema è che, sotto talune condizioni, la mente razionale è spenta ed il gruppo si trova ad essere guidato da una mente viscerale fondamentalista, con le sue immaturità, i suoi stereotipi e le sue metafore. La tripla C costituita da Crisi, Complessità e Consenso è particolarmente importante perché fa scattare l’interruttore. C’è urgenza, la materia è estremamente complessa, piena di incertezze, e tuttavia ci deve essere consenso. Le persone con ruoli di comando sono colte impreparate. La mente viscerale, con il suo programma DMA-EGT, prende il sopravvento. Da ciò deriva cosa fare: terrorismo (di Stato). Se ora l’élite al potere parla con una sola voce (consenso), agisce come una sola persona, e pensa come una sola persona perché ha smesso di pensare (la mente viscerale ha preso il sopravvento), allora è una persona.

Attenzione alla proiezione: Et tu quoque

Nel ragionamento standard statunitense, il terrorismo e il fondamentalismo sono caratteristiche valide solo per l’Altro. E tuttavia l’idea di eccezionalità, di avere diritto ad agire in modo eccezionale, violento, illegale come conseguenza di uno status speciale ed unico, fa parte dell’immagine di sé degli Stati Uniti. Tutti e sei i criteri DMG-EGT sono soddisfatti:
• la forte divisione: sei con noi o contro di noi;
• l’uso molto frequente dell’epiteto “maligno”, pronto “ad avere il sopravvento su di noi”;
• l’inevitabilità di una battaglia finale e decisiva per “schiacciarli”;
• il crimine inaudito di aver colpito il sacro suolo;
• “il mondo/USA non sarà più lo stesso” (ossia invulnerabile);
• il trauma dell’11 settembre come evento singolare, come shoà, qualcosa di nuovo nella storia.

Bush e Bin Laden diventano allora Osama Bush e George Bin Laden. Altrettanto o più significativa è la totale assenza di qualunque riferimento all’attività terroristica esercitata dagli Stati Uniti a danno di altri Paesi, come i 67 casi di intervento a partire dal 1945. I dodici milioni di morti, quasi equamente ripartiti tra operazioni segrete (CIA) ed operazioni palesi (Pentagono), sono, in pratica, ignoti alla maggior parte degli statunitensi e sono resi invisibili persino alla ricerca statunitense nel campo delle relazioni internazionali; con la notevole eccezione dell’ammirevole libro di Chalmers Johnson “Contraccolpo, il costo e le conseguenze dell’Impero americano”, che osserva come la CIA veda il terrorismo in parte come una “conseguenza non intenzionale” delle trascorse azioni statunitensi.
La tendenza a proiettare sull’Altro i propri fantasmi è onnipresente, ma non è un segno di salute mentale. Le imponenti e incontrastate esternazioni verbali che non fanno parola dei propri scheletri, non sono solo propaganda da lavaggio del cervello, ma costituiscono una manifestazione patologica.

Attenzione alla proiezione cognitiva: la concezione di Al Qaeda

Gli esperti della Regione parlano di Al Qaeda come di una costruzione mentale di Washington. La costruzione mentale di Washington è quasi certamente sbagliata. La sua proiezione rende Al Qaeda simile al Pentagono, terrificante per la sua sola dimensione, fortemente verticale, basata sull’indottrinamento, la disciplina, l’obbedienza, il denaro, con un vertice costituito da una sola persona omologa al massimo comandante in capo degli Stati Uniti, il Presidente, eletto o nominato.
Un altro modello di Al Qaeda sarebbe quello di un numero molto elevato di fondamentalisti musulmani – per inciso non anti-americani in quanto sono stati altrettanto anti-sovietici; sono semplicemente nemici giurati di chiunque ferisca la loro sensibilità religiosa – che non ha bisogno di un gran coordinamento o di molto denaro, spinti dalla propria fede, divisi in cellule mutuamente autonome.
Probabilmente la verità si trova tra questi due modelli, ma più vicina al secondo, rendendo controproducente l’attrazione per un “numero 1” individualizzato alle spese di ciò che si trova a rappresentare. Questo alimenta l’idea pericolosa che il problema possa essere risolto con la sua eliminazione, e rende cieca la gente a tutte le uccisioni dei gregari.

Conosci il Tuo Nemico

Una parte importante delle attribuzioni del terrorista è la concezione dell’Altro come privo di qualunque movente eccetto la Malvagità; in altre parole andare al di là della disumanizzazione fino alla trasformazione in animale nocivo. L’idea di base è che i motivi o le ragioni che egli proietta sono solo coperture per questa malvagità, vale a dire propaganda, disinformazione. Questo ha conseguenze catastrofiche e, in pratica, elimina la residua possibilità di azione razionale. Due sono i messaggi che ci sono stati lasciati dall’11 settembre, uno scritto nel linguaggio degli edifici colpiti, l’altro la dichiarazione di Bin Laden trasmessa da Al Jazeera alcuni giorni più tardi. Il primo comunicava semplicemente che esisteva qualcuno che aveva qualcosa contro la penetrazione militare ed economica degli Stati Uniti. Il resto è solo questione di conoscere il Wahabbismo e le relazioni tra Stati Uniti e Sauditi, a partire dall’accordo tra Roosvelt e Ibn-Saud. Nessuno dice che l’analisi si debba fermare a questo punto. Ma un “esperto” che non consideri quanto sopra non merita alcuna attenzione.
Il secondo testo, prodotto da Bin laden, parlava di umiliazione, di come il mondo arabo fosse stato umiliato da più di ottanta anni. Il non aver fatto il semplice calcolo 2001-(80+X)=Sykes/Picot (1)+Balfour (2) elimina molti “esperti”.
Il movente è parte della spiegazione, e la spiegazione non è giustificazione. Gran parte del successo di Hitler può essere spiegato in termini dell’umiliazione del Trattato di Versailles; nulla può giustificare ciò che ha fatto. E’ falso che “capire tutto equivale a perdonare tutto”. Ma senza una spiegazione non possiamo eliminare le possibili cause, come (sarebbe stato possibile) con l’annuncio del ritiro delle basi statunitensi dall’Arabia Saudita e dal riconoscimento dello stato di Palestina fatto il 12 settembre. Niente spiegazione, niente razionalità. Solo le tenebre.

Non inverare il pregiudizio negativo che il tuo nemico ha su di te

Il World Trade Center ci parla di commercio, in Asia Occidentale questo si pronuncia petrolio. Il Pentagono riguarda la proiezione militare, cosa che si pronuncia “basi”. Al Qaeda in generale, e i Wahabbiti in particolare, sembrano essere convinti che gli Stati Uniti siano profondamente avidi, che la loro politica si avviti intorno al petrolio, agli oleodotti e alle basi, ed i loro cittadini siano un branco di consumisti meterialisti.
Nel corso della campagna in Afghanistan, l’uso di vecchie installazioni sovietiche per la costruzione di una grossa base vicino a Kandahar è venuto abbastanza presto. Il 30 maggio 2002 è arrivata la firma sul progetto dell’oleodotto Turkmenistan-Afghanistan-Pakistan da parte dei due presidenti e dell’ex consulente di UNOCAL (multinazionale costruttrice dell’oleodotto), ed attuale primo ministro, Karzai. In breve, quel tipo di conferma totale che trasforma in giudizio un pregiudizio, e lo rende una base per un’azione razionale. Una cosa stupida. Gli Stati Uniti dovrebbero imparare da Sun Tzu.
L’intera regione dell’Asia centro-occidentale, oggi, è piena di gente che dice: “Te lo avevo detto io”. La politica non riguarda solo gli obiettivi e le emozioni: riguarda anche le mappe mentali, le percezioni e il ragionamento. Un leader deve considerare tutti gli aspetti ed, inoltre, è seguito come guida alla realtà. Uno dei principali fattori nella produzione di un maggior numero di nemici. Ma essi non dovrebbero essere visti come “anti-americani”. Moltissime persone in tutto il mondo, amano l’America per la sua generosità, l’universalismo, l’innovazione, il dinamismo e la gente.
Il problema è la politica estera di Washington. Confondere i due aspetti nella nozione di “anti-americanismo” è un sintomo di una profonda confusione cognitiva, che indica l’azione del meccanismo DMA/EGT (in particolare di DM).
Se gli Stati Uniti si fossero limitati ad una campagna militare, avessero dichiarato che l’obiettivo era stato raggiunto, che l’attività di polizia sarebbe stata svolta dall’UNSC/OIC (Organizzazione della Conferenza Islamica), senza basi statunitensi e che tutti i diritti sul petrolio, inclusi gli oleodotti, erano di pertinenza esclusiva del popolo afghano, allora avrebbero potuto vincere la guerra. Oggi l’hanno persa.

Uscire dalla sindrome del vittimismo/unicità

Prima di tutto, l’atteggiamento del “povero piccolo me” si addice molto male ad un Paese con una storia di violenza diretta del Pentagono e di violenza strutturale economica, in tutto il mondo, come quella degli Stati Uniti. Ciò che è stato attaccato non erano quartieri residenziali ma simboli della violenza perpetrata dagli Stati Uniti. L’uccisione di persone negli edifici del Wold Trade Center (che ospitavano anche gli uffici di reclutamento e spionaggio della CIA sulle Nazioni Unite) è stato un fatto atroce, ma non è l’aspetto fondamentale del problema.
Tuttavia, lo stesso termine utilizzato “perpetrare”, può risultare fuorviante. Gli esseri umani possono commettere azioni buone o cattive – per queste ultime si usa il termine “perpetrare”. Ma essi possono anche omettere di fare azioni cattive ed omettere di fare azioni buone: “perpetrare” non comprende quest’ultima possibilità. Come omettere di fare il lavoro di un cittadino democratico, di informarsi ed attivarsi sui problemi che hanno condotto all’11 settembre? Gli innocenti osservatori che non hanno agito non sono sempre così innocenti, e lo sono tanto meno quanto più vivono in un paese democratico.
E per quanto riguarda l’unicità: non c’è stato niente di così sensazionale, eccetto che l’emergere di un metodo in qualche modo nuovo per colmare il divario tra un terrorista “con bomba ma senza forza aerea” ed uno stato terrorista che le possiede “entrambe”. La Francia è stata colta di sorpresa dall’attacco tedesco nel 1940, e così pure la Norvegia. Port Arthur, Perl Harbour.
Innumerevoli attacchi di sorpresa da parte degli Stati Uniti alle Nazioni dei Pellerossa, con l’uccisione di squaw. Ed ecco la reazione del Vietnam: quando i vietnamiti hanno appreso la notizia dell’attacco a New York, la prima cosa di cui si sono sbalorditi erano i grattacieli piuttosto che l’attacco, poiché ad Hanoi hanno edifici alti al massimo sedici piani. Loro dicevano anche che, in confronto alla guerra del Vietnam, “Questo non è stato niente”.
Allo stesso modo per quanto riguarda la shoà, ci sono state nella storia molte uccisioni di massa, molte di queste sono state causate dall’Occidente, perfino dagli Stati Uniti. Smentire la concezione che “Questo non può accadere qui” potrebbe essere un segno del cielo, una sveglia di cui si avverte l’enorme necessità. Ma questo tarderà a farsi spazio.

Crescere dall’autismo alla reciprocità

Alcuni giorni dopo l’11 settembre, la CNN ha mandato in onda un programma in cui uno psicologo dava consigli alle famiglie con bambini che facevano domande difficili. Così, un ragazzino aveva chiesto “Cosa abbiamo fatto per portarli ad odiarci tanto da fare cose simili?”. Una domanda matura, molto diversamente dalla risposta: ”Potrebbe dire a suo figlio che nel mondo ci sono persone buone, e cattive…”. Quel ragazzo era arrivato allo stadio della reciprocità di Piaget, vedendo l’azione dell’Altro come almeno in parte influenzata dalla propria azione (e viceversa), a confronto con l’autismo/assolutismo dello psicologo adulto, che vedeva l’azione malvagia dell’Altro come discendente dalla sua essenza, non influenzabile da qualunque altra cosa possa essere fatta da Sé. Ciò assolve se stessi, e fornisce un ottimo sonnifero per le coscienze, che probabilmente sono indolenti già da prima. Ciò fa dubitare sulle norme di certificazione degli psicologi.
La reciprocità non significa solo indagare il Sé, cosa ho fatto di male, e altrettanto importante, cosa avrei dovuto fare di buono per suscitare un comportamento diverso da parte dell’Altro. Significa anche interrogarsi sull’Altro, chiedere all’Altro cosa vuole che noi facciamo, o non facciamo, e suggerire al’Altro quali sono le cose che potrebbe fare o non fare. Ma tutto ciò presuppone il dialogo, ed il dialogo presuppone l’incontro diretto (che la gente inviti George Bush ed Osama Bin laden a discutere proprio delle questioni di cui stiamo parlando) o indiretto (invitare entrambi a dialogare con quattro saggi, come Carter-Gorbachev-Mandela-Robinson). Un grosso atto di violenza può essere visto anche come un grosso atto di comunicazione, se ci si affida alla logica “la violenza è il solo linguaggio che capiscono”. Rispondere con la violenza non fa altro che confermare questa ipotesi non proprio benevola. Ciò che si semina, si raccoglie.

Spostare il ragionamento dal negativo-violenza al positivo-pace

Dopo l’11 settembre la nostra attenzione si è concentrata sull’atroce violenza, e su come contrastare la violenza con la violenza. L’omettere gli obiettivi positivi, fondamentali in qualunque conflitto, è un’omissione che rasenta la criminalità/stupidità. I media si attardano nel giornalismo della violenza del quadrante in basso a sinistra del diagramma qui riportato, non volendo/non essendo capaci di passare al quadrante in alto a destra che può essere letto come il giornalismo della pace.
Postuliamo i seguenti obiettivi generali, di lungo termine:
• ESSI: rispetto per la sensibilità religiosa;
• USA: libero commercio/protezione militare.
Se prevalgono ESSI il risultato è l’isolazionismo commerciale; se prevalgono gli Stati Uniti il risultato è ciò che avevamo, e non ha funzionato. Nell’obiettivo degli Stati Uniti c’è un ossimoro: se il commercio è davvero benefico per tutti non c’è bisogno di una protezione militare; che da sola rende il commercio non libero. In generale, le basi militari fanno parte dell’obiettivo perché da questo sono esclusi i bisogni basilari.
La soluzione che trascende i problemi è il Commercio con Priorità ai Bisogni Primari, inclusa l’identità e la sensibilità religiosa. I media, primitivi ed arcaici, finora hanno sprecato tempo senza portare l’attenzione su niente di positivo.

Chi è veramente forte sarà in grado di sopportare i costi psicologici

Sopra sono state fatte alcune proposte concrete di condotta politica. Coloro che scrivono i discorsi potrebbero confezionarle insieme facilmente, ad esempio:
Amici Americani, l’attacco dell’11 settembre contro i due edifici, che ha ucciso migliaia di persone, è stato atroce, totalmente inaccettabile. I responsabili saranno catturati e portati in tribunale davanti ad una apposita corte internazionale, dotata di un chiaro mandato delle Nazioni Unite. Tuttavia, il mio discorso di stasera va al di là di questo. Sono giunto alla conclusione che ci sono stati e ci sono gravi errori nella nostra politica estera, per quanto questa fosse sostenuta da buone intenzioni. Noi ci creiamo i nemici a causa della nostra insensibilità ai bisogni fondamentali dei popoli in tutto il mondo, tra questi la sensibilità religiosa. Sono quindi giunto alla decisione che si intraprenderanno i passi necessari per:
• ritirare le nostre basi militari dall’Arabia Saudita;
• riconoscere lo stato di Palestina, i dettagli saranno comunicati in seguito;
• intraprendere un dialogo con l’Iraq per identificare i conflitti risolvibili;
• accettare l’invito del presidente Khatami di fare lo stesso con l’Iran;
• uscire militarmente ed economicamente dall’Afghanistan;
• arrestare i nostri interventi militari e riconciliarci con le vittime.
La stessa sera un miliardo e trecento milioni di musulmani abbraccerebbero l’America; ed i pochi terroristi rimasti sarebbero come pesci fuori dall’acqua. Il discorso costerebbe una mezz’ora di lavoro per essere scritto e dieci minuti per essere pronunciato; in confronto con, diciamo, sessanta miliardi di dollari per l’operazione in Afghanistan (50 miliardi per quella in Jugoslavia nel 1999, più molti altri dopo) e così via. Allora, quali sono i costi psicologici/politici?
I costi psicologici consistono in una dissonanza cognitiva transitoria, fino a che si determinino un nuovo equilibrio e una nuova consonanza.
Al livello conscio: il dominio del mondo da parte degli Stati Uniti è basato (come quello Vichingo, Mongolo o Britannico) su una dottrina militare che combina forze militari altamente offensive con una sicurezza del proprio territorio fortemente invulnerabile. Abbandonando questa dottrina, gli Stati Uniti non solo sembrano deboli, lo sono.
Al livello subconscio: il dominio del mondo da parte degli Stati Uniti è legittimato dal fatto di essere “dalla parte di Dio”, combattendo chiunque altro aspiri al dominio del mondo. Il divario tra l’”eccezionale” e il “normale” non può essere colmato.
L’11 settembre ha gettato nella confusione il primo ed ha mobilitato il secondo, per ristabilire la consonanza cognitiva cercando di schiacciare l’avversario. Il problema è che la violenza su grande scala può produrre più minacce di quante ne elimini. L’alternativa è abbandonare l’eccezionalismo, abbandonare l’invulnerabilità e la dottrina militare offensiva, e unirsi al resto del mondo. I costi sono alti, i benefici anche maggiori.

Epilogo

Tuttavia quel ragazzino, la leadership collettiva della politica estera statunitense,
• guidato da una mente viscerale con una programmazione narcisistico/paranoica;
• proiettando la sua aggressività, inconsapevole dei suoi fantasmi;
• proiettando costantemente se stesso sugli altri, come una mappa;
• progioniero inconsapevole di trappole semantiche;
• profondamente ignaro di contro chi/che cosa si batte;
• confermando costantemente l’immagine negativa che gli altri hanno di lui;
• impregnato di auto-commiserazione;
• incapace/non disponibile a vedere se stesso come una causa oltre che un effetto;
• prigioniero del negativismo della violenza e della logica del vincitore, incapace di farsi carico delle sfide più alte e positive di quella di schiacciare i nemici;
• lui, perché è principalmente un lui, non coglierà l’occasione, perché il suo animo è troppo indebolito dalla sua paura di sembrare debole sul campo di battaglia o sul mercato per sopportare questi costi. Quindi non potrà godere neppure dei benefici, essendo incapace di scalare la ripida collina dei costi. Egli seguirà la linea di condotta stabilita dal principio e perderà l’impero mondiale degli Stati Uniti a causa della ferita inferta al suo animo.
Con l’Afghanistan ha perso la fiducia delle masse arabe/musulmane e dei loro governi. Subito dopo ha perso la fiducia degli occidentali consapevoli. Il senso di non avere alcun obiettivo oltre lo schiacciare i propri nemici gli ha fatto perdere i governi occidentali ed altri alleati. Anche la popolazione statunitense, stordita e soffocata, si muove lentamente sulla stessa strada.
Può darsi che tutto questo volga al bene. Gli imperi non durano per sempre. Può darsi che questo emancipi il creativo popolo degli Stati Uniti, privato della democrazia quando è più necessaria, e lo spinga a creare un’America migliore, ad esempio, senza il 33% di analfabetismo nella sua capitale. Un’America che potrebbe unirsi al resto del mondo come una nazione e uno stato tra gli altri, uguale di fronte alla legge, uguale tra uguali, per affrontare i problemi del pianeta.

Johan Galtung

(Chicago, 25 agosto 2002)

Note: (1) Sykes/Picot fa riferimento all’accordo segreto anglo-francese del 1916 con cui si prefigurava, in caso di vittoria nella prima guerra mondiale, lo smembramento dell’Impero Ottomano e la costituzione, al suo posto, di una serie di protettorati sotto il dominio francese e britannico e l’attribuzione alla Russia di parti del suo territorio.

(2) Nel 1917, mentre le forze armate britanniche combattevano per strappare la Palestina all’Impero Ottomano, l’allora Ministro degli Esteri britannico Arthur James Balfour rendeva pubblica questa dichiarazione: “Il Governo di sua Maestà vede con favore la costituzione in Palestina di una patria nazionale per il popolo ebraico, e impiegherà tutto il suo impegno per facilitare il raggiungimento di questo risultato, essendo con ciò chiaramente compreso che non si dovrà fare nulla che possa pregiudicare i diritti civili e religiosi delle comunità non ebraiche attualemnte presenti in Palestina, o i diritti e lo status politico degli ebrei in qualunque altro Paese”. Questa dichiarazione fu interpretata in modo diverso dagli Arabi e dagli Ebrei. E’ opinione diffusa che in essa si possano trovare le origini del conflitto che dura ancora oggi in Palestina.

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