SUA ECCELLENZA, CI DICA...
Eccellenza Reverendissima,
Le scriviamo, volutamente a quasi un anno di distanza dai fatti che si sono verificati nella comunità parrocchiale e cittadina di San Ferdinando di Puglia per raccontarLe l’accaduto e chiederLe, in qualità di padre e pastore, un intervento risolutivo di mediazione.
L’antefatto
Lo stesso Papa Benedetto XVI, nell’omelia tenuta durante l’incontro con i giovani a Loreto il 2 settembre 2007, così affermava: «Uno dei campi, nei quali appare urgente operare, è senz’altro quello della salvaguardia del creato. Alle nuove generazioni è affidato il futuro del pianeta, in cui sono evidenti i segni di uno sviluppo che non sempre ha saputo tutelare i delicati equilibri della natura. Prima che sia troppo tardi, occorre adottare scelte coraggiose, che sappiano ricreare una forte alleanza tra l’uomo e la terra. Serve un sì deciso alla tutela del creato e un impegno forte per invertire quelle tendenze che rischiano di portare a situazioni di degrado irreversibile».
La proposta originaria era di utilizzare il 50% degli introiti della Festa patronale per dotare progressivamente le Parrocchie (foto 1) e gli edifici pubblici di pannelli solari ed impianti fotovoltaici di potenza tale da rendere le suddette strutture energeticamente autosufficienti, affiancando un’opera permanente di restituzione ai poveri, attraverso progetti sociali di autosviluppo nei paesi del Sud del mondo, finanziati col denaro speso abitualmente per pagare l'energia elettrica che le parrocchie avrebbero risparmiato.
Una proposta che non si può rifiutare
Dopo un anno dall’inizio della Campagna a San Ferdinando di Puglia nulla era cambiato nel modo di festeggiare il santo Patrono, nonostante le sottoscrizioni fossero giunte a quota milletrecento. La Casa per la nonviolenza, dunque, preso atto che l’obiettivo “coraggioso” proposto era sovradimensionato per eccesso di ottimismo e vista la sordità agli appelli dimostrata dagli organizzatori, ha ritenuto opportuno “abbassare il tiro” per chiedere al Comitato di devolvere almeno il 10% del bilancio della Festa patronale (allegato 2) in opere di autosviluppo per i poveri del Sud del mondo.
Ad oggi, 1472 sottoscrittori (comuni cittadini, ma anche vescovi, vicari generali, missionari, preti, religiosi, teologi, biblisti, professori universitari, scrittori, responsabili di associazioni di volontariato, politici, ecc.) hanno aderito alla nostra proposta chiedendo, con noi, la riforma cristiana delle Feste patronali (allegato 3).
Sulle pagine de “Il grido dei poveri”, ogni mese, sono state pubblicate autorevoli riflessioni a staffetta sul tema (è possibile consultare i testi su www.ilgridodeipoveri.org) ed anche la testimonianza di un prete, P. Gaspare Di Vincenzo, missionario comboniano, che, a Licata (AG), la Festa patronale l’ha cambiata davvero (allegato 4).
Della Campagna si è occupata anche ADISTA, nota agenzia di stampa cattolica, con un articolo a firma di Luca Kocci, il quale ha tenuto a sottolineare la Sua attenzione in merito, oltre che il Suo prezioso contributo di idee (allegato 5).
Proposta (bozza) di accordo
Con l’accordo, il Comitato Festa patronale si sarebbe impegnato a destinare il 10% del Bilancio 2007-2008 a beneficio dei fratelli poveri del Sud del mondo, attraverso la realizzazione di due progetti di cooperazione internazionale:
1- Acquisto forni solari per le donne africane ed asiatiche (foto 2);
2- Cura completa fino a guarigione per alcuni fratelli lebbrosi.
Quest’atto di generosità avrebbe soddisfatto pienamente le istanze dei 1300 sottoscrittori e della Casa per la nonviolenza, la quale si sarebbe impegnata a:
1- sospendere la Campagna a tempo indeterminato;
2- dare ampia pubblicità e lodare il gesto generoso del Comitato con ogni mezzo mediatico a disposizione;
3- invitare la popolazione a contribuire generosamente alla realizzazione della Festa;
4- offrire come Associazione un contributo economico cospicuo quale obolo per la Festa;
5- collaborare attivamente all’organizzazione della festa liturgica di San Ferdinando (30 maggio) con una dimostrazione pubblica in piazza dell’efficacia del forno solare, utilizzato per preparare ed offrire alla cittadinanza caffè del Commercio Equo e Solidale.
La consegna della bozza di intesa è stata accompagnata da una richiesta informale di incontro tra le parti (Parroco-Comitato-Associazione), allo scopo di discutere costruttivamente della questione, per cercare una soluzione molto concreta, soddisfacente per tutti.
Per maggiore chiarezza, va specificato che la bozza d’accordo non è stata resa pubblica dalla Casa per la nonviolenza.
Il manifesto: “Con voi non trattiamo”
La fase del negoziato non è stata mai avviata perché, cinque giorni dopo, senza comunicazione alcuna agli interessati e con una preoccupante caduta di stile, compare in piazza un manifesto (foto 3 - allegato 8) nel quale si afferma che “il Comitato Festa Patronale non intende stipulare alcuna intesa con l’Associazione ‘Casa per la nonviolenza’ rappresentata dal Sig. Della Torre Matteo, perchè non rientra nelle finalità e nelle possibilità giuridiche di questo Comitato”.
Si afferma, inoltre, che il Comitato non ha altri referenti che il Parroco e la Curia Arcivescovile (...) e non accetta “interferenze esterne miranti ad ‘imporre’ quote per progetti di solidarietà”.
Senza perderci d’animo, nonostante il manifesto fosse intervenuto a gamba tesa sulle nostre richieste di dialogo, siamo andati ad incontrare il parroco per rinnovare la nostra disponibilità ad un incontro, consegnare formalmente le prime 1300 sottoscrizioni della Campagna, il cd rom con le e-mail delle adesioni nazionali e copia del versamento in conto corrente postale di 160 euro (foto 4 - allegato 9), che la Casa per la nonviolenza devolveva come obolo al Comitato Festa patronale a favore del progetto “Forni solari per le donne africane”.
In pubblico, in presenza di diversi testimoni, il parroco ha rifiutato le sottoscrizioni della Campagna e, cosa più grave, l’obolo per i poveri.
- Gennaio 1994 - Appello ai gruppi politici del Senato della Repubblica per chiedere l’approvazione rapida del testo di Riforma della Legge sull’Obiezione di Coscienza N. 772/72. La legge di riforma (n. 230) è stata approvata nel luglio 1998.
- Maggio 1994 - Appello alla multinazionale Nestlé per esprimere opposizione alla sua politica di regalare latte in polvere negli ospedali dei paesi poveri causando la perdita di latte materno, unica risorsa nutrizionale sana in quei paesi.
- Agosto 1994 - Campagna “San Ferdinando zona termale” per la chiusura della discarica abusiva del nostro paese. Petizione di 1367 firme al sindaco dott. Michele Lamacchia. La discarica abusiva fu chiusa tre mesi dopo.
- Gennaio 1996 - Petizione alla Valsella Meccanotecnica, produttrice di mine antiuomo, con la quale si chiedeva la riconversione civile della produzione militare. L’azienda ha operato la riconversione civile della sua produzione industriale.
- Gennaio 1996 - Petizione al Presidente degli Stati Uniti d’America Bill Clinton per chiedere la chiusura della scuola di addestramento militare “School of the Americas” (SOA) di Fort Bennings in Georgia, una scuola che ha addestrato 60 mila soldati latinoamericani alle tecniche di repressione e tortura. Oggi ha cambiato nome in Western Hemisphere Institute for Security Cooperation.
- Novembre 1996 - Appello alle multinazionali Nike e Reebok per esprimere preoccupazione rispetto alle condizioni di lavoro degli addetti alla produzione di calzature ed abbigliamento.
- Ottobre 1999 - Petizione alle Nazioni Unite “Mandiamo i boia in pensione” per chiedere la moratoria internazionale della pena di morte. Il 18 dicembre 2007 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha approvato la Moratoria universale della pena di morte.
- Settembre 2000 - Appello all’Ambasciatore degli Stati Uniti d’America per chiedere la sospensione della esecuzione capitale di Rocco Dereck Barnabei.
- Marzo 2003 - Al Presidente della Repubblica, Petizione popolare contro la guerra in Iraq.
- Marzo 2003 - Alla compagnia petrolifera Esso, Campagna “Stop Esso war”.
- Aprile 2004 - Petizione al Presidente della Repubblica e ai Presidenti di Camera dei Deputati e Senato della Repubblica per chiedere di istituire in Italia il reato di Tortura.
Laddove industrie d’armi, Presidenti di Nazioni, colossi multinazionali ed amministratori comunali, avevano accolto le sottoscrizioni, e taluni persino risposto alle sollecitazioni ricevute, spiegando con cortesia il proprio punto di vista (Nike e Reebok), la controparte della Campagna ha inanellato, invece, una serie di atteggiamenti di rifiuto inaccettabili.
Nel frattempo, ci perviene una sottoscrizione piuttosto singolare. Riportiamo il testo dell’adesione: “Sottoscrivo l'appello molto volentieri, anche perché credo proprio che sia fattibile... basta che ne sia convinto il parroco! Nei miei 15 anni da parroco a Chiaravalle Centrale eravamo riusciti in pieno a far accettare il tutto per finanzinare un progetto di solidarietà per il SUD del mondo“. (sac. Piraino Domenico, Rettore Pontificio Seminario Teologico Regionale “S. Pio X” di Catanzaro).
Nella speranza che una simile iniziativa, realizzata da un altro parroco del sud, sortisse un effetto positivo, decidiamo di girare la e-mail al parroco, senza aggiungere alcun commento. Il 15 agosto 2007, per suggellare una volontà determinata a rifiutare qualsiasi forma di dialogo, riceviamo dal parroco, per posta elettronica, la seguente richiesta: “chiedo formalmente di non ricevere più e-mail da codesta associazione” (foto 6 - allegato 11).
Chiusura al dialogo
Il rigetto formale delle adesioni alla Campagna esprime la negazione delle richieste evangeliche formulate dalle forze vive e pensanti della comunità cristiana. Il rifiuto del confronto e del dialogo, da parte del parroco, risulta ancora più assurdo se si considera che i parrocchiani praticanti e i collaboratori che lo circondano hanno aderito alla Campagna.
E’ un fatto innegabile che i fedeli laici si siano rivelati alquanto aperti all’innovazione. Tuttavia, per il sacerdote le richieste di riforma della Festa patronale dei suoi parrocchiani, dei cattolici del paese e della diocesi, corroborate dalle adesioni nazionali di eminenti personalità, possono tranquillamente cadere nel “buco della memoria” (George Orwell, “1984”). Semplicemente non esistono.
Questa negazione di un raro atto di vitalità del popolo di Dio non ci sorprende affatto. Le azioni nonviolente provocano quasi sempre una reazione avversa da parte di chi detiene il potere, perché la nonviolenza è una forza attiva e provocatrice di conflitti, che non vengono negati o evitati per paura o per distorta interpretazione della religione, ma affrontati con decisione muovendo da una prospettiva di radicale alternativa alla violenza. Nulla nell’insegnamento nonviolento giustifica atteggiamenti di passività o quietismo, complici dello status quo.
Gesù Cristo, nostro modello di vita, nella sua esistenza terrena ci ha indicato, di fronte all’ingiustizia, la terza via della nonviolenza del forte, in alternativa alle due strade della violenza diretta, che genera la controviolenza e l’escalation dei conflitti, e della indifferenza passiva e del fatalismo, che legittimano la violenza diretta e quella strutturale.
“Gesù stesso” - afferma il teologo di fama mondiale Hans Küng - “non sarebbe forse coinvolto in un pericoloso conflitto religioso se solo osasse mettere in discussione la devozione tradizionale di tanti cattolici pii e fondamentalisti e se iniziasse addirittura un’aperta azione di protesta e si identificasse con la richiesta di un movimento popolare della chiesa dal basso?”.
Qui, Sua Eccellenza, emerge l’obbligo di far risuonare un interrogativo critico.
In quante realtà ecclesiali i laici continuano, per comodità, ad essere trattati come minorenni? Il laico ideale sembra essere catatonico, afono, privo di autonomia di pensiero e di azione, dispensato dalla responsabilità di sollevare questioni scomode.
La facoltà di giudizio indipendente, che Gesù ci invita apertamente a sviluppare (“E perchè non giudicate da voi ciò che è giusto?” - Lc 12,57), sembra non trovare accoglienza in alcune realtà ecclesiali, dove si propende per un laicato autorizzato al solo giudizio eterodiretto.
Occasione di onesto lavoro
Dal manifesto del 29 luglio 2007, a firma del Comitato Festa Patronale, apprendiamo quanto segue: “La festa oltre ad essere un fatto religioso e sociale di aggregazione e di identità culturale di una comunità, è anche un fatto economico di grande rispetto per le occasioni di onesto lavoro che offre, una risorsa, un’opportunità, in linea con l’insegnamento cristiano. Offrire occasioni di lavoro è forma nobile di carità”.
Fare affermazioni generiche e semplicistiche, in assenza di una accurata informazione, offre un mediocre servizio alla verità e alla crescita culturale dei cittadini a cui ci si rivolge. Il concetto di “onesto lavoro” vale proprio per tutti ed in ogni caso? Facciamo un esempio. Un imprenditore che produce bombardieri, missili, mine antiuomo, mitragliatrici, bombe nucleari... potrebbe asserire (e, messo alle strette dalle obiezioni incalzanti dei pacifisti, quasi sempre lo fa) che la sua attività dà un’occasione di “onesto lavoro” a tanta gente. Come non vedere la contraddizione che è insita nel creare occupazione con delle fabbriche di armi, una attività che peggiora le condizioni di vita della razza umana costruendo armamenti distruttivi, il cui costo priva gli uomini di preziose risorse per la lotta alla povertà?
Esaminiamo, ora, nel dettaglio il problema dei fuochi d’artificio. La Campagna non intendeva spingersi tanto oltre, per non urtare quelle sensibilità ancora non molto affinate rispetto a certi argomenti. Ma le affermazioni citate in precedenza non possono passare sotto silenzio. Analizziamo la catena produttiva dei fuochi d’artificio. Il pirotecnico è l’ultimo anello della filiera. Ma chi produce i botti? La Cina è il primo paese al mondo a produrre fuochi d’artificio. Qui sorge, in primis, il non trascurabile problema etico del lavoro minorile.
“Nel 2001 cinquanta bambini sono rimasti uccisi nell’esplosione di una scuola cinese nella provincia di Jiangxi (la zona è famosa per la produzione dei botti). Stavano confezionando dei fuochi d’artificio in classe, sui banchi di scuola, per un’azienda della zona”. (Leo Hickman, “The Guardian” - tradotto da “Internazionale”, 30 novembre 2007). (Allegato 12).
Il giornalista inglese continua: “Ma le proteste contro i fuochi d’artificio sono eccessive? No, perchè la coscienza ambientale ci impone di fare i conti con le nostre scelte e di calcolare i costi etici anche di questi esplosivi potenzialmente mortali. I fuochi d’artificio sono una delle più grosse assurdità dei nostri tempi. I botti e i petardi mutilano i bambini, terrorizzano gli animali, gravano per centinaia di migliaia di euro all’anno sui bilanci municipali e, nonostante tutto, sono ancora permessi”.
A questo si aggiungano i rischi per la nostra salute a motivo della presenza - nei botti e nei mortaretti - di perclorato, “un composto molto tossico che ad alte concentrazioni può intaccare lo sviluppo del sistema nervoso centrale nei bambini”. (Leo Hickman)
Teniamo ancora a sottolineare che, nel corso della Campagna, non sono mai state addotte simili argomentazioni. Il nodo cruciale ha sempre inerito gli ultimi e il senso, profondamente cristiano, di giustizia e responsabilità verso costoro.
Noi non abbiamo mai chiesto nè l’abolizione della festa, nè tantomeno dei fuochi d’artificio. E intanto in Inghilterra sono state raccolte e presentate a Downing street 129 mila firme per chiedere di vietare la vendita dei fuochi d’artificio. Sempre in Inghilterra, il consiglio comunale di Slough, ultimamente ha annunciato che non organizzerà più nessuno spettacolo pirotecnico sul suo territorio. Un consigliere ha motivato così la scelta del comune: “Tutti siamo responsabili della tutela dell’ambiente e dobbiamo impegnarci a salvaguardarlo riducendo la nostra impronta ecologica. Per questo abbiamo deciso di abolire gli spettacoli pirotecnici”.
Sua Eccellenza, Le chiediamo: le questioni della lotta alla povertà e la salvaguardia dell’ambiente sono irrilevanti o centrali per un cristiano del terzo millennio? Ed ancora: perchè noi cristiani troppo spesso ci facciamo fare “scuola” dai laici? Con quanta sofferenza constatiamo che buona parte dei cristiani d’oggi invece di essere una gioiosa avanguardia nel cuore della società, è troppo spesso una triste retroguardia ai margini della vita sociale.
Arroccati nel passato
I “notai della consuetudine” non hanno argomentazioni valide per supportare il proprio dissenso. La “fuga” dal dialogo ne è la prova più evidente. Ai solidi ragionamenti della Campagna fondati sull’evidenza, si oppone una chiusura a riccio sulla posizione del “si è fatto sempre così”.
Chi si chiude alla novità e al futuro, chi non è capace di approcciare ai problemi e/o ai conflitti con spirito creativo non favorisce la causa di Cristo e della Sua Chiesa, e non si accorge, per dirla con il cantante Bob Dylan, che la propria “vecchia strada sta rapidamente invecchiando”.
Una pratica religiosa incagliata nel passato, notaia di ritualità incartapecorite non ha futuro. Chi resta abbarbicato a modi di pensare anacronistici, chi congela la novità evangelica di Gesù, non potrà mai accoglierla. Come afferma un nostro sottoscrittore, il noto biblista Padre Alberto Maggi, “ogni somiglianza col passato è sospetta. La vita nuova che Gesù ci viene a proporre, è troppo potente per potere essere contenuta nelle strutture religiose del passato”. Noi cristiani lo sappiamo, ma siamo “continuamente tentati di conservare le vecchie, venerande istituzioni del passato, combinando il nuovo con il vecchio, poichè è meglio tenere un piede nel passato, in certe pratiche religiose, in certe credenze, in certi riti, in certi pellegrinaggi”.
Sua Eccellenza, come molti cattolici, siamo preoccupati per l’attuale fenomeno della diserzione dalle S.Messe da parte delle giovani generazioni. Un fenomeno ampiamente diffuso. Le cause sono complesse. Tuttavia, è del tutto condivisibile quanto esprime in proposito Hans Küng: “La fede per i nostri genitori era una questione di tradizione e di buone usanze. Per i nostri figli e le nostre figlie emancipate però - e in verità non solo per una minoranza protestataria - la religione diviene sempre più una questione che appartiene al passato e quindi non impegnativa: passé et depassé, passata ed obsoleta!”.
Se i cristiani si lasciano irretire dal passato rischiano di impantanarsi in un enorme paradosso. Gesù ci insegna che non si può cucire “una toppa di panno grezzo su un vestito vecchio; altrimenti il rattoppo nuovo squarcia il vecchio e si forma uno strappo peggiore.” (Mc 2,21) Le espressioni religiose sono sempre legate ad un contesto storico. Perciò possono divenire obsolete, inappropriate. Se talvolta certe abitudini o modi di pensare passati ci fanno sorridere, pensiamo a come sorrideranno le generazioni future per alcuni atteggiamenti che caratterizzano l’oggi della religione! “Tutte cose destinate a scomparire con l’uso: sono infatti prescrizioni e insegnamenti di uomini”. (Colossesi 2, 22)
“Ogni contesto storico è nuovo e non è certamente quello precedente. Possiamo versare nella novità del nostro contesto storico il vino vecchio di tradizioni del passato? Certamente no. Possiamo versare il vino nuovo dell’oggi di Dio in otri vecchi di tradizioni che hanno, a volte, se non sempre, il sapore del folklore? certamente no”. E’ il pensiero di un sacerdote comboniano, P. Gaspare Di Vincenzo, che ha avuto il coraggio cristiano di cambiare il volto della Festa patronale di Licata (AG) per renderla nuova secondo il Vangelo. Ha dato un taglio netto con la tradizione. Banda e fuochi d’artificio aboliti del tutto per offrire, ad esempio, un anno intero di affitto ad una vedova con figli. La Casa per la nonviolenza chiede, per i poveri, molto meno ed è stata tacciata di “radicalismo”. Ma, allora, P. Gaspare chi é? Un radicalista? Un estremista? Non ci pare. A noi sembra un uomo autentico che sta semplicemente vivendo il Vangelo.
La petizione
E’ deludente dover constatare quanto sia scarsa tra i cristiani la conoscenza delle dinamiche dell’azione nonviolenta, della conduzione e sviluppo di una Campagna nonviolenta di sensibilizzazione e cambiamento sociale. La nonviolenza, oltre che una scelta etica, è un metodo scientifico con regole ben precise. Una di queste prevede che prima di utilizzare uno strumento come quello della petizione si debbano esperire altre vie meno articolate.
In effetti, questa Campagna non scaturisce dal nulla. Per sei anni le nostre proposte, con lettere aperte al Comitato Feste patronale, e le richieste formali nelle sedi opportune (inoltrate al Consiglio Pastorale Parrocchiale, di cui Matteo Della Torre è stato per diversi anni vicepresidente) sono state lasciate cadere nel vuoto. Ma, nel momento in cui si “bloccano i canali convenzionali del cambiamento, o quando se ne constata l’inutilità o l’inefficacia” (G. Sharp) occorre sperimentare altre modalità di intervento. Da qui nasce l’idea della petizione.
La petizione è una tecnica nonviolenta che appartiene a quel novero di strumenti utilizzati da chi intende favorire partecipazione e democrazia. Si apprende dal più autorevole teorico di tecniche nonviolente, il professor Gene Sharp, che la petizione è una tecnica di comunicazione, di partecipazione democratica e di persuasione nonviolenta adoperata allo scopo di educare, suscitare interesse ed influenzare l’opinione pubblica su un problema ben definito.
La petizione è una leva per influire sulle percezioni della gente, una sfida al conformismo del pensiero. Cosa c’è di più “partecipativo e condiviso” di una petizione popolare? Gandhi stesso, padre della scienza nonviolenta sociale e politica, si definì un “ottimo redattore di petizioni”.
Ci preme, a questo punto, fare luce sulla differenza concettuale tra imposizione e pressione.
La Casa per la nonviolenza non impone nulla! Sono agli aderenti, semmai, con la propria firma, a far pressione su chi ha il potere di decidere. Nessuna imposizione, dunque. La pressione, invece, è una modalità di azione nonviolenta e democratica. Tutte le innovazioni che provengono “dal basso” sono legate ad azioni di pressione rivolte a chi ha il potere di operare le riforme. Chi non mastica i rudimenti della democrazia avrà serie difficoltà a metabolizzare simili concetti.
Il merito della Campagna è di aver suscitato un problema, smosso dalla passività e dal silenzio, destato le coscienze. E’ innegabile che il sostegno alla Festa patronale, nell’immobile cliché della tradizione, si stia indebolendo. Si è verificato un cambiamento degli equilibri. La gente sta mutando la sua percezione sulle Feste patronali. In tal senso, questa azione nonviolenta ha centrato il bersaglio: portare alla luce un problema di cui non si era consapevoli. Ora la questione va affrontata. Sono i 1471 sottoscrittori a richiederlo. Forse i decisori locali non hanno ancora acquisito la reale consapevolezza dell’esistenza di un inedito ed ampio dissenso costruttivo.
A proposito dei sottoscrittori, vorremmo farLe notare che all’occhio attento di Luca Kocci, giornalista di Adista, non è sfuggita l’alta percentuale di sanferdinandesi aderenti, stimata attorno al 50%. Questa gente è stata contattata personalmente. La Campagna nazionale intrapresa non trova nelle cosiddette “comunità virtuali” il suo punto di forza; ma, al contrario, si nutre di relazioni umane dirette. Chi Le scrive ha raggiunto i volti degli interlocutori nei posti più disparati (sul sagrato, per strada, al supermercato, a scuola, al mercato...) per parlare, confrontarsi, sollevare interrogativi, per ascoltare, dedicando, talvolta, ore intere ad una sola persona. Anche le adesioni telematiche, nella maggior parte dei casi, sono state precedute da uno scambio dialogico telefonico. Numerose adesioni sono state raccolte da collaboratori della Casa per la nonviolenza nelle città di Alba (CN), Bitonto, Bari, Ruvo di Puglia, Altamura, Foggia e Trinitapoli.
Da questo contatto diretto è emersa una estrema sensibilità tra i credenti praticanti, a tal punto che nella nostra comunità parrocchiale è difficile ormai individuare chi non abbia già aderito. Ma anche tra i non praticanti notiamo che, se messi in condizione di conoscere il problema, la risposta è quasi sempre positiva, soprattutto tra i giovani. La gente resta sbigottita nell’apprendere quanto costa la Festa patronale e i fuochi d’artificio in particolare. Ci verrebbe da pensare che l’attuale consenso alla Festa patronale, strutturata nel modo che ben conosciamo, potrebbe essere, in realtà, un consenso debole fondato sulla disinformazione dei cittadini.
Riconoscere ai poveri i loro diritti
Un principio non negoziabile
Esistono due modi diametralmente opposti di guardare ai fratelli nel bisogno. Il primo tradisce la mentalità assistenzialistica ed asimmetrica di chi elargisce “esuberi del proprio buon cuore” (Mons. Tonino Bello), una “strizzatina di buoni sentimenti” per tacitare la propria coscienza.
Questo habitus mentis non punta le cause della povertà, ma cerca soltanto di tamponarne gli effetti, perlopiù devastanti. Dare il denaro che avanza dopo aver onorato tutti i contratti sottoscritti per la Festa patronale, perchè ci sarebbero anche i poveri, equivale ad un approccio lontano dal Vangelo e dall’insegnamento della Chiesa, universale e locale.
E’ sconfortante dover constatare con quanta leggerezza in questi anni siano state disattese le Direttive della Conferenza Episcopale Pugliese in riferimento ai poveri e alla carità nel contesto della Festa Patronale.
“La festa religiosa è e deve apparire come il luogo della carità. Sicché tra le prime voci del programma della festa deve risultare quella della carità” (CEP - 4.3).
L’apparato esteriore - luminarie, fuochi pirotecnici, bande - deve essere sobrio, non in dissonanza col vangelo e con le esigenze di giustizia. Ogni spreco in tal senso potrebbe suonare offesa a chi vive nell’indigenza o nella miseria”. (CEP - 4.2).
Il secondo atteggiamento, al contrario, riconosce il diritto dei poveri ad una vita piena e felice e ne favorisce l’empowerment e lo sviluppo autonomo. Impegnarsi a destinare ogni anno una percentuale fissa, ad esempio il 10%, significa assumersi la responsabilità di un impegno minimo di condivisione, che si ha il dovere cristiano di coltivare ed incrementare, se si intende realmente essere alla sequela di Cristo. Questo è il salto di qualità che rende speciale la festa dei cristiani, a differenza di quella pagana.
Il compromesso sulla questione essenziale del riconoscimento ai poveri del diritto alla felicità e alla festa non è cristianamente accettabile.
A poco servono le scuse di una parrocchia impegnata nell’operazione mensile “Bilanci di giustizia”, che esonererebbe da qualsiasi atto di condivisione seria (non le briciole del ricco epulone) durante la Festa.
Chi Le scrive, l’unica volta in cui ha festeggiato, in occasione del proprio matrimonio, non ha ritenuto di dover ignorare l’impegno di condivisione con gli ultimi, adducendo la giustificazione dell’impegno pluriennale per i poveri, con svariate manifestazioni cittadine di raccolta fondi per realizzare progetti di cooperazione internazionale allo sviluppo con i paesi poveri. La festa di un cristiano se non diviene, al contempo, occasione per “spezzare” ciò che Dio dona non è vera festa. Durante la nostra festa di nozze, si è dato, anzitutto, ampio risalto al momento liturgico. Il banchetto si è svolto in campagna, in un clima di semplicità e sobrietà. Rinunciando ai consueti regali agli sposi, abbiamo raccolto per le suore missionarie della Carità di Madre Teresa di Calcutta, che operano a Bari, tre milioni di vecchie lire, millecinquecento euro. Tanto denaro quanto ne ha devoluto ai poveri il Comitato a San Ferdinando di Puglia nel 2007. Due persone, 15 mila abitanti: stessa somma. Ci pare che le proporzioni non tornino!
Il rettore don Domenico Piraino, in un lungo colloquio telefonico, dopo essere stato informato diffusamente sugli sviluppi della Campagna, con rammarico si è chiesto, e noi con lui, come mai la proposta in oggetto, invece di rappresentare, di fatto, l’eccezione realizzata da qualche sparuta parrocchia, non diventi piuttosto la regola. L’esperienza di don Piraino, che ha modificato lo schema ormai logoro della Festa patronale tradizionale, ha dimostrato che a protestare sono solitamente pochi facinorosi che, tra l’altro, frequentano la S. Messa solo di rado.
Una testimonianza simile ci viene da un altro sottoscrittore, don Antonio Ruccia (Bitritto), il quale ci ha riferito che le reazioni avverse ai cambiamenti positivi da lui apportati alla Festa patronale del suo paese sono state di scarso rilievo e si sono dissipate in poco tempo.
Siamo convinti che il miglior atto di fede che i cristiani possano elevare a Cristo sia l’attenzione ai poveri che si concretizza in atti di vera generosità verso i bisogni degli ultimi. Ce lo suggerisce Cristo stesso: “Ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l’avete fatto a me” (Mt 25, 45).
La Proposta dell’1% in più all’anno
Sua Eccellenza, rivolgiamo una proposta costruttiva a Lei e al Comitato Festa patronale del nostro paese, composto da persone oneste e dedite al servizio, che rinunciano al loro tempo libero per gravarsi di un compito ingrato, delle quali abbiamo stima e rispetto e che riteniamo non avere alcuna responsabilità per le vicende negative che Le abbiamo, solo in minima in parte, riferito.
Premesso che ogni agire educativo di buon senso debba tenersi saldamente ancorato alla legge della gradualità, purchè questo principio non celi insidiosamente l’alibi dell’inazione, ci permettiamo di proporLe un esperimento di carità.
Si potrebbe incrementare dell’1% ogni anno la quota del Bilancio della Festa patronale da destinare ai poveri, partendo da una quota base del 4%, fino ad arrivare, gradualmente, al 10% nel giro di sette anni. A questo punto, il 10% diverrebbe la percentuale fissa di bilancio da destinare ogni anno ai fratelli bisognosi.
In più, San Ferdinando potrebbe fungere da paese pilota. Per cui, una volta dimostrata la possibilità concreta di realizzare il progetto, si potrebbe pensare di estendere all’intera Diocesi questo nuovo stile di Festa patronale.
Ci sembra un’idea molto ragionevole, tutt’altro che massimalista, che dovrebbe soddisfare le parti, se entrambe desiderano essere fedeli alla causa di Gesù Cristo.
Teniamo viva la fede nella forza della Provvidenza e confidiamo nella Sua benigna assistenza, con la certezza quasi matematica che ogni atto di apertura e generosità verso i deboli, ogni impegno programmatico teso ad aumentare la quota di bilancio da donare ai poveri, gli amati dal Padre, saranno benedetti e colmati da abbondanti doni dal cielo.
Sua Eccellenza, ci dica....
La Campagna procede, con fermezza e spirito propositivo, nonostante le numerose difficoltà. Non per ostinazione, né per spirito autolesionistico, ma perchè i sottoscrittori ci incoraggiano costantemente (con nuove sottoscrizioni, commenti, telefonate, lettere ed e-mail) a perseverare nel chiedere una festa religiosa all’altezza dei tempi e del Vangelo, convinti della bontà dell’iniziativa.
Soltanto un analfabeta religioso e politico può sottovalutare la portata simbolica della Campagna, che abbraccia con un unico sguardo i nodi problematici della religiosità popolare, dono di Dio, ma sempre in bilico ed esposta al rischio tangibile e preoccupante di scivolare verso il paganesimo e la superstizione; della povertà, violenza strutturale, ingiustizia economica, che attendono risposte e soluzioni non assistenzialistiche; del degrado ambientale, con le sue pericolose derive sulla salute umana e del pianeta.
Riteniamo che, attraverso un percorso di co-educazione, nel quale la comunità cristiana diventa autenticamente partecipativa e protagonista del processo riformatore, sia possibile “aprire le finestre per far entrare aria nuova” (Giovanni XXIII) nel mondo della religiosità popolare e portare la Festa patronale, che da anni si trascina nel grigiore di ritualità sempre uguali, su un più alto piano evolutivo.
Ciò che i 1471 sottoscrittori desiderano è una Festa patronale aperta ai problemi del mondo, che rompa la continuità col passato per superare l’immobilità della tradizione, nella fedeltà alla Parola che è sempre attuale e moderna.
Sua Eccellenza, ci dica, si tratta di richieste illegittime? L’annuncio nonviolento di Gesù è stato sempre, negli anni, il faro guida di ogni iniziativa della nostra associazione. Chi si sente irritato da questa Campagna dovrebbe ammettere con lucidità che il Vangelo è scomodo per sua intrinseca natura, poichè interpella ogni coscienza chiedendo atti concreti di espropriazione personale e comunitaria. L’intera vita di Gesù Cristo, fonte inesauribile della grazia e della novità, ci è stata offerta quale testimonianza e profezia che provoca e scomoda incessantemente le nostre esistenze.
Sua Eccellenza, come padre, ci dica ciò che è giusto. In questo particolare frangente solo la Sua assoluta mancanza di pregiudizio, il Suo amore incondizionato per il Vangelo, che è Verità, e la Sua visione non frammentata del reale potranno essere d’aiuto nel valutare ciò che è importante per tutti, ed espandere, come “cerchi oceanici”, muovendo dalla Sua Arcidiocesi, l’azione d’amore della comunità cristiana, fino ad abbracciare la persona più reietta nell’angolo più sperduto del mondo.
Sua Eccellenza, come guida, La preghiamo di educare la nostra comunità a saper cogliere i nessi, a collegare i problemi, a comprendere l’interconnessione di tutti i fenomeni sociali e naturali, ad acquisire la consapevolezza che siamo immersi in un mondo interrelato, dove ciò che di buono o cattivo facciamo incide inevitabilmente sulla vita dei nostri fratelli. Chi si considera un’isola, pensa solo a se stesso, dice il Cristo, pecca di “stupidità”. La stoltezza di chi è egocentrato, vive solo per se stesso ed accumula per soddisfare la propria avidità, è il peccato più grave per il Vangelo. (Mc 7, 22). Per Gesù Cristo la crescita individuale e comunitaria dipende dalla generosa condivisione del propri doni e beni. Chi, al contrario, si chiude nell’egoismo, lentamente si distrugge.
Sua Eccellenza, come pastore della comunità diocesana, Le chiediamo: le feste patronali, così come le descrive la tradizione, sono capaci di autocorrezione per orientarsi, con una orto-prassi esemplare, verso il nucleo centrale dell’etica evangelica?
E’ nostro profondo convincimento che la storia dell’umanità sia un immenso “processo educativo” che, come una spirale ascensionale, procede in alto ed in avanti. In questo inarrestabile flusso pedagogico è possibile entrare attivamente, collaborando con l’opera educativa di Dio, oppure come corpi inerti e pesanti, il cui unico ruolo è quello di rallentare, come zavorre, il progresso etico dell’umanità. A ciascuno la sua scelta!
Resta, comunque, la fiducia nell’inesorabile incedere della storia umana verso il bene, il meglio, il “non ancora”. Nessuna avversità può turbare la nostra fede nelle potenzialità inespresse dell’uomo.
Continueremo a coltivare l’ottimismo della volontà, nel proporre, senza dogmatismi ma con la necessaria fermezza, idee costruttive, che sono più efficaci della critica più severa, insieme alla speranza che un cambiamento sia possibile. Accettiamo le sofferenze che la Campagna sta producendo come prezzo del cambiamento.
Continueremo a pregare, nel silenzio e con insistenza, certi che la preghiera incessante, come quella della vedova “molesta” o dell’amico “importuno” che bussa a mezzanotte (Lc 18,1-8; 11,5-13), prima o poi fende anche il cuore più indurito e apre un varco a Dio nella storia, per lasciare che Egli agisca senza ledere la libertà umana, nella sua dimensione individuale, comunitaria, istituzionale e sistemica.
Sua Eccellenza, desideriamo incontrarLa per cercare insieme, di superare il blocco della sterile contrapposizione del “gioco a somma zero” (dove uno perde e l’altro vince) per trasformare creativamente il problema attraverso il “gioco a somma positiva”, dove non esistono né vincitori, né vinti, ma si vince insieme, cercando, col dialogo fraterno e costruttivo, una soluzione nonviolenta soddisfacente per tutti.
Se la Campagna entrerà nell’ultimo miglio dipende ora dalla Sua sensibilità, disponibilità ed apertura al nuovo. Rimettiamo nelle Sue mani di padre e pastore l’intera vicenda.
Le consegnamo, perciò, tutto il materiale della Campagna rifiutato dal parroco: le sottoscrizioni (1471, ad oggi), il cd rom con le e-mail delle adesioni nazionali e copia del versamento in conto corrente postale di 160 euro in favore del progetto “Forni solari per le donne africane”, quale obolo della nostra associazione per la Festa patronale.
Siamo certi che Lei saprà accogliere la volontà di Dio e scegliere ciò che è bene per tutti, secondo il progetto d’amore del Figlio dell’uomo, unica ragione del nostro vivere, amare, lottare e servire.
Un filiale saluto.
Pace, forza, gioia!
Matteo Della Torre
Mariella Dipaola
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