Un corposo capitolo sul nostro Paese nel rapporto annuale sui Diritti umani. Nel mirino la tendenza ad attribuire a gruppi etnici le colpe di singoli.

Amnesty International boccia l'Italia: 'Caccia alle streghe contro i diversità, Xenofobia'.

Sottolineati i fatti "impunirti" del G8. All'attacco anche l'Anti Defamation League.
E la critica è "biapartisan" e coinvolge tanto Veltroni quanto Fini.
29 maggio 2008
Giampaolo Cadalanu

Campo rom

ROMA - La scusa per sbarrare le porte ai migrantie usare il pugno di ferro con chi è già dentro è quella, sperimentata in tutto il mondo, della sicurezza. Ma se l'Italia ha tanta paura dei "diversi" da voler scatenare una "caccia alle streghe", Amnesty International vuole dirlo forte. La voce di Daniela Carboni, direttrice dell'ufficio campagne e ricerca, era pacata, ma l'allarme è rimbombato assordante. La Carboni ha bastonato senza risparmio l'errore di prospettivache fa vedere un episodio di cronaca come l'omicidio di Giovanna Reggiani per mano di un rom "non come l'ennesima violenza contro una donna, ma come il sintomo inequivocabile di una tendenza alla violenza e all'illegalità di gruppi di persone e di minoranze, in base alla nazionalità, all'appartenenza etnica, al luogo in cui dimorano".

In parole meno diplomatiche, è un allarme razzismo e xenofobia, condiviso anche dall'Anti-Defamation League: in Italia la tendenza è fare di tutte le erbe un fascio, "punire" sommariamente rom, immigrati, romeni, sulla base di categorie semplici, ignorando il principio di responsabilità individuale. E quando la cultura dei diritti viene erosa, "le minoranze non sono le uniche a essere colpite", come dimostra l'impunità dei protagonisti di pestaggi e torture al G8 di Genova.

È la prima volta che alla presentazione del rapporto sui Diritti umani la relazione sull'Italia dura il doppio di quella sul resto del mondo. Si vede che i ricercatori di Amnesty trovano preoccupanti i segnali colti nel nostro paese, tanto più che quelli in arrivo dalla politica sono stati univoci, "bipartisan", li ha definiti la Carboni. Che ha bacchettato Walter Veltroni, perché proclama che "prima dell'ingresso della Romania nell'Ue, Roma era la metropoli più sicura del mondo". Ma anche Gianfranco Fini, che parlando dei rom si chiede "come sia possibile integrare chi considera pressoché lecito e non immorale il furto". E se il governo Berlusconi ha appena varato un "pacchetto sicurezza" con restrizioni che colpiscono soprattutto rom e migranti, l'esecutivo guidato da Romano Prodi sul tema lascia solo un decreto che rende più indefiniti i motivi per l'espulsione degli extracomunitari.

La "delusione" italiana non è meno amara perché arriva in buona compagnia: a sessant'anni dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo la tortura è ancora diffusa in almeno 61 paesi, denuncia Paolo Pobbiati, presidente di Amnesty Italia. Ma gli orrori del Darfur, la repressione della Birmania, gli abusi della Cina, i massacri dell'Iraq, la vergogna di Gaza e di tutte le crisi incancrenite sono, appunto, problemi vecchi. I governi, dice Pobbiati "devono scusarsi e agire subito per colmare il divario fra ciò che dicono e ciò che fanno".

Ma l'amarezza dei militanti per i diritti umani ha anche una sfumatura nuova: sottolinea la distanza che si allarga fra società e istituzioni, fra gente comune e governi. Da una parte le ansie elettorali hanno portato anche in Italia l'ossessione sicurezza, testa d'ariete ovunque per l'introduzione di politiche illiberali. Dall'altra però Amnesty vede segnali incoraggianti: "Crediamo", dice la Carboni, "che politici e istituzioni italiane debbano avere il coraggio dei bambini di Lampedusa, che ai coetanei - i migranti che arrivano sulle loro spiagge - hanno dedicato giochi e disegni sui diritti umani".

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