Campagna Nazionale "Meno fuochi d'artificio, più compassione!"

FUOCHI FATUI. Cattolici pugliesi scrivono al vescovo per ridurre le spese delle Feste patronali.

Caro vescovo, ritiene evangelico che le parrocchie spendano migliaia di euro in fuochi d'artificio per onorare il santo patrono? Non pensa invece che le tradizionali feste patronali rischino di offuscare proprio il Vangelo di carità e di giustizia di Gesù? La nuova proposta: destinare ai poveri, nel giro di qualche anno, almeno il 10% del bilancio della festa.
12 giugno 2008
Luca Kocci
Fonte: Agenzia ADISTA

Fuochi d'artificio a San Ferdinando di Puglia (Fg).

34468. SAN FERDINANDO DI PUGLIA (FG)-ADISTA. Caro vescovo, ritiene evangelico che le parrocchie spendano migliaia di euro in fuochi d’artificio per onorare il santo patrono? Non pensa invece che le tradizionali feste patronali rischino di offuscare proprio il Vangelo di carità e di giustizia di Gesù? Ci dia una risposta, ci dica, secondo lei, “ciò che è giusto”. È quanto chiedono a mons. Giovan Battista Pichierri, arcivescovo della diocesi di Trani-Barletta-Bisceglie, Matteo Della Torre e Mariella Dipaola, animatori della associazione “Casa per la nonviolenza” che, nel maggio 2006, ha lanciato “Meno fuochi d’artificio, più compassione”, una campagna nazionale per la ridurre gli sprechi delle feste patronali (v. Adista n. 81/07).
Un’iniziativa partita dal basso, da San Ferdinando di Puglia, che in due anni ha raccolto quasi 1.500 adesioni (la metà delle quali provenienti dal comune del foggiano, segno di una convinta partecipazione della comunità cristiana locale), fra le quali quelle del vescovo di Caserta, mons. Raffaele Nogaro, del vescovo emerito di Ivrea, mons. Luigi Bettazzi, dei vicari generali delle diocesi di Trapani e di Melfi-Rapolla-Venosa, di p. Alex Zanotelli, don Albino Bizzotto, don Fabio Corazzina, don Andrea Gallo, don Tonio Dell’Olio, don Alessandro Santoro, delle comunità dei comboniani di Pesaro e di Castel Volturno, di decine di parroci, sacerdoti e religiosi di tutta Italia e di centinaia di laici (si può aderire scrivendo a: sarvodaya@libero.it ). Tutti concordi nel chiedere la riduzione delle spese per le feste patronali – che in molte località dell’Italia meridionale sono controllate dalla criminalità organizzata, come recentemente dimostrato dall’inchiesta della Procura di Catania sulla festa di Sant’Agata (v Adista n. 23/08) – utilizzando quei soldi per dotare le parrocchie di impianti fotovoltaici tali da renderle energeticamente autosufficienti così da poter “restituire” i risparmi delle bollette dell’elettricità ai Paesi del Terzo Mondo, finanziando progetti sociali di autosviluppo.
Ma la risposta del Comitato Festa patronale e del parroco di San Ferdinando è stata finora di chiusura totale: prima un manifesto fatto affiggere sui muri della città in cui si dice che la festa patronale non si tocca perché “ha scandito per 160 anni la vita della nostra comunità”, e si respingono “interferenze esterne miranti ad ‘imporre’ quote per progetti di solidarietà”; poi la restituzione al mittente delle firme raccolte che erano state spedite per posta alla parrocchia; infine la richiesta formale del parroco “di non ricevere più e-mail da codesta associazione” (cioè la Casa per la nonviolenza).
E così ora i cattolici di San Ferdinando scrivono direttamente al vescovo, che fa parte di una Conferenza episcopale, quella pugliese, che sulle feste patronali in passato ha parlato assai chiaramente: “Le feste religiose spesso si sono trasformate in occasione di sperpero di denaro”, si legge in una sua recente Nota pastorale; “l'apparato esteriore - luminarie, fuochi pirotecnici, bande - deve essere sobrio, non in dissonanza col Vangelo e con le esigenze di giustizia. Ogni spreco in tal senso potrebbe suonare di offesa a chi vive nell'indigenza o nella miseria”. I sostenitori della campagna evidenziano il comportamento di chiusura del parroco, chiedendo ‘lumi’ sul ruolo dei laici nella Chiesa: “Il rigetto formale delle adesioni alla Campagna esprime la negazione delle richieste evangeliche formulate dalle forze vive e pensanti della comunità cristiana – si legge nella lettera inviata a mons. Pichierri –. Il rifiuto del confronto e del dialogo, da parte del parroco, risulta ancora più assurdo se si considera che i parrocchiani praticanti e i collaboratori che lo circondano hanno aderito alla Campagna”. “In quante realtà ecclesiali – prosegue il testo – i laici continuano, per comodità, ad essere trattati come minorenni? Il laico ideale sembra essere catatonico, afono, privo di autonomia di pensiero e di azione, dispensato dalla responsabilità di sollevare questioni scomode”. La facoltà di giudizio indipendente “sembra non trovare accoglienza in alcune realtà ecclesiali, dove si propende per un laicato autorizzato al solo giudizio eterodiretto”. Poi rilanciano la Campagna, con un’altra proposta: destinare ai poveri, nel giro di qualche anno, almeno il 10% del bilancio della festa. “Perchè non sostituire i sinistri rumori di guerra (col pretesto di onorare un santo) della cosiddetta ‘diana pirotecnica’ (i botti sparati alle sette del mattino) col suono simultaneo delle campane a festa di tutte le chiese del paese? Oltre al risparmio in termini economici, considerata la stretta assonanza tra i botti della Festa e suoni di guerra e di morte, sarebbe un importante gesto simbolico di solidarietà verso le vittime delle guerre passate, presenti e future”.
E chissà se ora, almeno il vescovo, risponderà.

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