La vecchietta che cura il mondo con le e-mail
Lady Swinfen, assistita dal Lord suo marito, è in contatto con una rete di 382 esperti in ogni campo della medicina, tra cui alcuni dei migliori specialisti che si possono trovare in Gran Bretagna, negli Stati Uniti, in Australia, Canada e Nuova Zelanda. Ogni richiesta di aiuto, solitamente corredata di un allegato che contiene fotografie del paziente, raggi x o altri dati significativi per valutare la sua malattia, viene rapidamente inoltrata a un medico competente; il quale, a stretto giro di posta (elettronica), risponde e qualche volta se il caso è particolarmente urgente telefona al suo collega nei guai dall'altra parte del mondo. In questo modo, in dieci anni, più di quattrocento persone che rischiavano la vita sono state salvate, curate e ristabilite.
La "Florence Nightingale dell'Internet": così la chiama il quotidiano londinese Independent, che ieri ha raccontato la sua storia. Come la celebre "signora con la lampada", la crocerossina britannica che curava i feriti nella Guerra di Crimea di metà Ottocento e che diventò il simbolo e la fondatrice della moderna assistenza infermieristica, anche lady Swinfen assiste i malati: solo che il suo ospedale è il pianeta terra, i suoi pazienti sono le vittime di guerre e tragedie naturali in regioni dove scarseggiano le risorse per curarli, e i suoi soccorsi viaggiano sul web.
"Telemedicina" è il termine da lei usato per spiegare di cosa si tratta: un modo di far viaggiare le immagini digitali dei malati e le diagnosi dei più illustri sanitari da un capo all'altro del globo nello spazio di pochi minuti, qualche ora o poco più. Un'autoambulanza del Pronto Soccorso che corre su un'autostrada on line.
Tutto cominciò quando Lord Swinfen, un ex-ufficiale dell'esercito britannico, stava lavorando in Bangladesh a un centro per la riabilitazione dei paraplegici. Lì fece la conoscenza con un chirurgo militare inglese che gli raccontò una sua precedente esperienza: durante il conflitto in Bosnia, aveva avuto l'idea di trasmettere immagini dei casi più gravi direttamente al Royal Military Hospital di Portsmouth, in Inghilterra, per avere un parere da colleghi più esperti.
Tornato a casa, il Lord ne parlò con la moglie, che da giovane era stata infermiera nella Royal Army Nursing Corps della regina Alessandra, e con i loro quattro figli. Ciascuno donò 20 sterline, con quei soldi crearono una fondazione, la Swinfen Charitable Trust, e si misero all'opera. All'inizio offrivano contatti con specialisti britannici soltanto a due ospedali del Nepal e uno delle isole Solomon, ma ben presto il giro dei loro pazienti si allargò a dismisura: oggi copre oltre cento paesi, dal Laos alla Lituania, dall'Africa all'America Latina.
Tutti gli specialisti a cui lady Swinfen chiede di entrare a far parte dell'organizzazione offrono i loro pareri completamente gratis, e si impegnano a farlo in qualunque momento della giornata, anche di notte, la domenica, in vacanza. La fondazione Swinfen ha quindi acquistato centinaia di piccole, economiche macchine fotografiche digitali, e le ha inviate a tutti gli ospedali di zone degradate che ne erano sprovvisti. Ha insegnato, via email, a medici e infermieri come utilizzarle per scattare immagini dei malati e per scaricarle sul computer. E a quel punto la "telemedicina" è stata pronta a partire.
"Era un'idea così semplice che non ci aveva pensato nessuno", dice Lady Swinfen. Un'idea che ha cambiato la vita sua e del marito. L'ultimo party che hanno dato nella loro residenza del Kent è di sette anni fa: nel mezzo della festa arrivarono mezza dozzina di email con richieste di aiuto, e gli invitati non videro più i padroni di casa. Hanno fatto una settimana di vacanza in un decennio. La "Florence Nightingale di Internet" non ha più tempo di curare le rose del suo giardino, che cresce disordinato ed incolto. Ma in compenso ha la parete dello studio piena delle cartoline che le scrivono medici e pazienti per ringraziarla di quello che fa. Il paragone con la crocerossima di Crimea non le dispiace: "Anch'io mi sento un'infermiera", dice, "la sola differenza è che nella mia corsia nessun malato rimane senza un letto".
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