Spazi verdi per i pensionati: "Torniamo contadini come una volta"

"Siamo nati contadini, così si torna alla terra". Nel parco di Villa Vogel 200 pezzi di terra affidati agli anziani. Dopo una lotta non facile.

25 settembre 2008
Mara Amorevoli

Orto per pensionati

Ogni orto, una storia. Quello di Piero, 70 anni, ex capo restauratore di materiali lapidei all'Opificio delle Pietre Dure, racconta un ordine da laboratorio: file perfette di piante di zucchine, cetrioli, fagiolini, cavoli, pomodori. I confini sono stati tracciati con liste di legno e due cespugli di rosmarino e salvia: «Mi hanno assegnato il terreno un mese e mezzo fa. Non sapevo come fare, ma lì c´è Romano e io copio tutto da lui che se ne intende. Vengo qui tutte le mattine, dalle 7.30 alle 10 e il pomeriggio dalle 18.30 alle 20, e mi passa bene il tempo».

Qualche metro più in là, Romano, 76 anni, è curvo a zappare nel suo quadrilatero, curatissimo e rigoglioso di ortaggi: «Io l'orto l'ho sempre fatto, prima a Casellina, poi a Novoli. Questa terra era intestata a mia cognata, ma è rimasta vedova e l'ha abbandonata. Così la lavoro io da due anni. Si paga 40 euro all'anno, e ci danno anche l'acqua e un cassone per gli attrezzi. Bella terra nera? Per forza, la concimo con lo stallatico dei cavalli che prendo qui al maneggio. È una mia passione, mia moglie non vuole, ma ho di tutto: peperoni, insalata, cipolle, fagioli. E in inverno, cavoli, carote, porri, finocchi. E ne lavoro anche un altro, di una signora qui accanto, e si fa a metà». Silvano, 81 anni, ex profugo da Pola, «ma fiorentino dal '47», arriva con Camilla, un devoto setter di 13 anni: «Prima avevo un'officina meccanica in via San Gallo, e un orto abusivo qui vicino, poi mi hanno dato questo, ma da un paio di anni non sto tanto bene, e vede quanta erbaccia cresce in mezzo ai pomodori, non ce la faccio più tanto a stargli dietro».

Spazi verdi recintati con canne o legni. Orti sociali per pensionati. Cinquanta metri quadrati a testa: geometrie di insalate, radicchi, ortaggi di ogni tipo, qualche macchia di fiori, l'attacco dell'acqua, il cassone per gli attrezzi, ombrellone e qualche tenda improvvisata. La chiamano la Valle degli Orti, l'ha resa possibile il Quartiere 4, lungo il corso sinistra dell'Arno, sotto al Ponte all'Indiano.

E ancora storie: Lino, 85 anni fra un mese: «La pensione è magra. Arrotondare con l'orto? Ma che vuole arrotondare. È che non mi va di andare nei circoli o al bar a fumare il fumo degli altri. Prima facevo il ferroviere, ma sono nato contadino a Borgo San Lorenzo e rieccomi qui». Giuseppe, 72 anni, ex macchinista alle ferrovie, è un veterano. E sa tutto della comunità che all´inizio - nel '96 - contava solo 49 orti. Ora sono oltre 200. Giuseppe tira di vanga sotto al sole: «La battaglia è iniziata andando in ginocchio dalla signora Vogel, quella della villa, per avere la terra per far giocare i bambini. Poi il Comune ha espropriato 27 ettari, volevano farci un giardino, invece è partita la lotta per farci gli orti. Mi è costata 2 mesi di galera e 600mila lire di multa. Allora ero amico di Graziano Cioni, ora io sono qui a vangare e lui è lassù, a Palazzo Vecchio». Battaglia vinta, comunque. I primi orti assegnati agli abitanti del quartiere - secondo graduatorie stilate in base all'età - sono dall'altra parte della strada.

Orto per pensionati

Sono più grandi: 90 metri quadrati ognuno. Recintati da un cancello, hanno un viale centrale, un capanno con gli armadietti e una toilette. Accanto, un castagno secolare, carico di frutti, sovrasta un tavolo comunitario e qualche sedia scompagnata. «Anche qui dentro cambiano i tempi: ha visto che il capanno non ha più le grondaie? Erano di rame, le hanno rubate. E hai voglia ad aspettare che le rimettano, anche di plastica» racconta Alceste, 83 anni, ex impiegato alle centrali termiche di Prato, uno tra i primi a conquistarsi il terreno «perché vengo dalla terra e ci sono ritornato». Bruno, 87 anni se la gode all'ombra del castagno mentre la moglie Ada, 81 anni, si affaccenda come una ragazza tra piante di pomodori altissimi, composte aiuole di melanzane, cavoli e insalate: «Sono originario del Mugello e ho lavorato in fabbrica. Ma vengo dalla terra, e a questa sono tornato. Se no che si fa, si va in giro per i bar?» racconta Bruno, orto "n.1". Viene a sedersi anche Maria, orto "n.13", sigaretta in mano, 84 anni ben portati: «Mio marito lavorava alla Manifattura tabacchi, non ha mai amato l´orto. Invece io continuo a farlo, anche se mi fanno male le gambe». Infine Roberto. Che brontola: «Ho fatto domanda nel '99 e ho avuto l´orto solo 6 mesi fa. Sono del '41 e mi passavano avanti i più anziani. E dire che ce sono molti abbandonati. Al quartiere farebbero bene ad assegnarli». Tra un via vai di biciclette, ormai il sole è alto. È ora di tornare a casa, con gli ortaggi freschi appena raccolti. Scusate, e la raccolta delle noci come ve la dividete? «Vecchia regola - rispondono - chi arriva prima, prima macina».

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