Dello “spalmare” i bambini
Per Colin Powell l'elezione di Barack Obama alla Presidenza degli Stati Uniti «sarà un segnale che elettrizzerà il mondo intero». Obama cercherà di costruire questa nuova figura dell’America avvicinandosi all’Europa e tornando a incontrare la sua cultura magnanima e accogliente: non più Guantanamo, non più Abu Ghraib, non più scontri di civiltà. Ma sarebbe una catastrofe se le parti si invertissero, e in questo ritorno gli Stati Uniti trovassero un’Europa matrigna, intollerante e razzista.
5 novembre 2008
Raniero La Valle
Fonte: www.ilgridodeipoveri.org
Per impedire a tutti i costi l’elezione di Barack Obama a presidente degli Stati Uniti, la destra oltranzista americana ha cercato di far passare il candidato democratico per un musulmano amico dei terroristi, diffondendo tra l’altro 28 milioni di copie di un video che in tal modo lo colpisce. Esemplare è stata a questo proposito la replica di Colin Powell, l’ex segretario di Stato di Bush, che nel dichiarare il proprio appoggio ad Obama ha detto: «Mi dà fastidio quello che dicono alcuni repubblicani: “Obama è musulmano”. È cristiano, lo è sempre stato. Ma la vera risposta sarebbe: e anche se fosse musulmano? Non c’è niente di male a esserlo, questa è l’America». Questa è l’America; ma ancora di più si potrebbe dire: questo è il mondo moderno e civile.
Su Obama cominciano a nascere molte speranze. Un afro-americano alla presidenza degli Stati Uniti!
Forse non così i padri fondatori, cristiani bianchi e puritani com’erano, si erano immaginati quella «città sul monte» che avevano inteso costruire. Per Colin Powell, «sarà un segnale che elettrizzerà il mondo intero».
Secondo gli osservatori più intelligenti Obama cercherà di costruire questa nuova figura dell’America avvicinandosi all’Europa e tornando a incontrare la sua cultura magnanima e accogliente: non più Guantanamo, non più Abu Ghraib, non più scontri di civiltà. Ma sarebbe una catastrofe se le parti si invertissero, e in questo ritorno gli Stati Uniti trovassero un’Europa matrigna, intollerante e razzista. Proprio così sarebbe l’Italia se vi prendesse piede la cultura professata dalla sua attuale maggioranza di governo, quale si è espressa nella mozione per la discriminazione nelle scuole fatta approvare dalla Lega. Molti altri guai si profilano per la scuola italiana, e contro una tale politica scolastica è in atto una mobilitazione in tutto il Paese, di cui non occorre qui ripetere le ragioni. Ma una cosa va notata: che per giustificare l’idea di separare i bambini stranieri o «spalmarli» in più istituti, come dice l’on. Cota, al fine di preservare l’identità italiana, la Lega fa ricorso a una categoria identitaria – fatta di religione, cultura, lingua, usi, doveri, diritti e bandiera – che invece strenuamente nega nella sua politica generale, per giustificare il secessionismo in salsa federale e rivendicare la specificità, padana e non italiana, delle popolazioni nordiste.
Ed è allora proprio alla Lega che va rivolta la domanda: ma di quale identità parlate quando pretendete che i bambini stranieri vi siano «integrati» per essere accolti? Forse che i bambini di lingua tedesca di Bolzano sono prima integrati nella cultura italiana? Forse che gli ebrei devono essere integrati nell’identità cristiana dell’Italia e dell’Europa, per poter essere considerati a pieno titolo cittadini italiani ed europei? Forse che il papa tedesco doveva farsi ribattezzare nel Tevere per fare il vescovo di Roma?
In realtà ciò che questa fazione pretende dagli stranieri in Italia non è l’integrazione, che armonizza i diversi, ma è l’omologazione che impone il modello dominante e cancella tutte le differenze. La definizione più agghiacciante di questa ideologia c’era già nel libro di Tremonti La paura e la speranza: «L’inclusione degli “altri” in Europa può proseguire solo se gli “altri” cessano di essere “altri” e diventano “noi”». Gli altri devono «rinunciare alla propria identità», noi dobbiamo imporre i nostri valori non perché debbano o possano «essere necessariamente valori universali», ma perché sono «definiti come tali da “noi” e per “noi”», e passano «necessariamente attraverso una “rivendicazione di potere”».
Qui si va oltre la scuola. Il libro di Tremonti scontava l’arrivo della crisi capitalistica globale (donde la «paura»), che poi effettivamente è sopraggiunta, non certo perché abbiamo perduto o non abbiamo difeso la nostra soggettività, ma perché ci hanno tradito i nostri denari e abbiamo perduto i nostri profitti. Ma ciò che è veramente pauroso è che la risposta alla crisi sia l’arroccamento nelle propria presunta identità e nei propri particolari valori, per combattere contro tutti gli altri che non siano «noi» e che non diventino «noi».
Questa è l’ideologia da battere, se l’America e l’Europa insieme vogliono ancora essere strumenti di civiltà nel mondo che viene.
Parole chiave:
il grido dei poveri, articoli
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