La Russa, le tasse e gli F-35
E fin qui siamo al "carnevale" della politica italiana, dove il mondo è una realtà capovolta: il dritto è il rovescio, il bianco è il nero e Giulio Tremonti è José Bové dieci anni dopo il movimento di Seattle. Ma il diavolo - si sa - si nasconde nel dettaglio e mentre il ministro della Difesa si attribuisce un merito che non ha (la sforbiciata alle spese del 20% l'ha data Tremonti), sta preparando ai contribuenti italiani una sorpresa (con complicità bipartisan) che potrebbe costarci molto cara.
La notizia è passata inosservata ai più, ma nei giorni scorsi il ministro La Russa ha trasmesso alle commissioni difesa di camera e senato lo schema del programma di acquisto di 131 cacciabombardieri F-35 della Lockeed Martin (di cui Alenia Aeronautica produrrà le ali) e della costruzione della relativa linea di montaggio a Cameri (Novara), che dovrebbe entrare in funzione dal 2014. Da stime attendibili sul costo effettivo di ciascun aereo (a oggi) la spesa complessiva per l'Italia sarà intorno ai 15 miliardi di euro (30 mila miliardi di vecchie lire). Con i tempi che corrono sembra una follia avventurarsi su una spesa di questa natura ed entità, peraltro, destinata a dilatarsi nel tempo.
Su questo programma militare, denominato JSF (Joint Strike Fighter) la stessa amministrazione Usa esprime molte riserve e il nuovo presidente Obama pensa di accantonarlo, per ragioni di priorità e di riequilibrio di bilancio. In Italia, invece, l'ampio consenso "bipartisan" al programma JSF, farebbe ipotizzare un iter complessivamente tranquillo. E', infatti, scontato che le commissioni parlamentari Difesa, dove si annidano le lobby del complesso militare - industriale, diano - nei trenta giorni previsti dalla legge - il loro parere consultivo positivo.
Di là delle ragioni etiche e politiche, sul piano economico bisogna pretendere che governo e parlamento dicano dove si prelevano i soldi necessari a dare copertura finanziaria a questo programma aggiuntivo di spesa. Possiamo accettare che tutte le volte che si affrontano i nodi della crisi, l'estensione degli ammortizzatori sociali, le misure a sostegno dell'economia reale e dell'occupazione, ci si scontri con i veri o presunti vincoli di bilancio, che in questo specifico caso sparirebbero d'incanto? Possiamo come sindacati dei lavoratori, come rappresentanti degli imprenditori, come società civile accettare uno schiaffo simile?
In questo caso non fa presa neppure giustificare una spesa di 15 miliardi di euro - prelevati dalle nostre tasse - per le ricadute tecnologiche e occupazionali: si parla di 600 nuovi occupati dal 2014 a Cameri, più un numero imprecisato nell'indotto. Se si investissero gli stessi soldi nei settori dell'efficienza energetica e delle fonti rinnovabili si creerebbero dai 116 mila ai 203 mila nuovi posti di lavoro, sulla base di stime attendibili che tengono conto di quanto si è verificato in Germania negli ultimi dieci anni.
Come giustificare, inoltre, da parte degli stessi politici che per un'azienda che alla frontiera dell'innovazione tecnologica come la ST Microelectronics non si stanno trovando i soldi; che per settori manifatturieri ancora così importanti per il nostro paese - come l'elettrodomestico e il tessile - abbigliamento - si adottano misure "virtuali" di sostegno; che per la riorganizzazione dei trasporti ferroviari e urbani su rotaia non si prevedono risorse sufficienti. E.... a questi esempi potrebbero aggiungersene tantissimi altri.
Infine, dal punto di vista della Difesa, siamo così sicuri che sia prioritario per l'Italia dotarsi di una proiezione militare per attacchi aerei in scenari di guerra lontani dal nostro territorio e al contempo, scendere di sotto la decenza - per ragioni di bilancio - sull'operatività e gestione dell'esercito?
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