Una polveriera chiamata Congo
La Repubblica Democratica del Congo (ex-Zaire) ha un’estensione di 2345 milioni di km2 ed è il terzo Paese dell’Africa, dopo l’Algeria e il Sudan. La superficie territoriale del Congo è circa otto volte quella dell’Italia, più di quattro volte quella della Francia. Il Congo è diviso in undici regioni e confina con nove Stati (a Nord: Repubblica Centro Africana e Sudan; ad Est: Uganda, Rwanda, Burundi e Tanzania; ad Ovest: Repubblica del Congo; a Sud: Zambia ed Angola).
La Repubblica Democratica del Congo ha una popolazione di 50 milioni di abitanti (più di 20 abitanti per km2), ripartiti in più di 250 tribù o etnie, ciascuna con la propria lingua e la propria tradizione.
Oltre al francese, che è la lingua ufficiale dell’insegnamento pubblico e delle relazioni internazionali, quattro lingue tradizionali sono istituite come lingue ufficiali: il Lingala, il Kiswahili, il Kikongo e il Tshiluba.
Il Congo dispone di una ricchissima diversità di risorse naturali, estimate dagli studiosi a circa l’80% delle ricchezze naturali di tutta l’Africa. Ma, in modo del tutto particolare spiccano i minerali di ogni genere (ad es. esempio, l’oro, i diamanti, il petrolio, l’uranio, lo zinco, il rame, lo stagno, la cassierite, l’argento, il cobalto, il tantalio, il wolframio, il niobio, il carbonio, il coltan, ecc).
PRESENTAZIONE STORICA
Nella sua configurazione attuale, il Congo nasce ai tempi della Conferenza di Berlino del 1885, durante la quale le grandi potenze occidentali decisero della spartizione dell’Africa in stati-colonie (con confini arbitrari). Dapprima il Congo è stato proprietà privata di Léopold II, re del Belgio, con il titolo di “Etat Indépendant du Congo” (E.I.C.). Successivamente, nel 1908, il re lo cedette al Regno del Belgio, divenendo così il “Congo Belga”. Il 30/06/1960 il Congo acquistò l’indipendenza politica e divenne la “Repubblica Democratica del Congo”. Il 17 giugno 1961 fu assassinato Lumumba, il Primo Ministro congolese democraticamente eletto, considerato padre della Patria, eroe nazionale, incarnazione della speranza, non solo del popolo congolese, ma di tutta l’Africa sub-Sahariana. Nel 1964 scoppiò la prima grande guerra del Congo (quella veramente civile, che opponeva i ribelli partigiani di Lumumba alle forze governative).
Il 24/11/1965 il colonnello Mobutu, che era allora capo di Stato Maggiore dell’esercito, divenne presidente grazie ad un “colpo di Stato”, instaurando così la 2a Repubblica, a cui conferì il nome di Zaire.
Nell’ottobre 1996 gli eserciti di tre nazioni confinanti con la parte orientale dello Zaire (o Congo), cioè il Rwanda, l’Uganda e il Burundi, con il sostegno di alcune grandi potenze estere e multinazionali, invasero lo Zaire, con il pretesto di inseguire i loro concittadini ribelli rifugiatisi in territorio congolese e così rassicurare le loro rispettive frontiere con il Congo.
Ma i veri motivi di tale aggressione sono altri, e sono di due ordini: economico (lo sfruttamento delle favolose risorse naturali del Congo) ed espansionistico (la creazione di un impero “Hema-Tutsi”, che comprenderebbe il territorio dei tre paesi indicati e la parte Nord-Est del Congo). Questo fu l’inizio della seconda guerra dello Zaire, una vera guerra di aggressione.
Per far credere ad una “guerra civile” (alla quale avrebbero preteso di prendere parte solo come alleati), i tre Paesi aggressori indicati sopra riuscirono a corrompere alcuni cittadini congolesi (per la maggior parte di origine rwandese) che, poi riunirono in un “movimento ribelle”, l’Alleanza delle Forze Democratiche per la Liberazione del Congo (A.F.D.L.); posero alla testa di questo movimento un certo signor Laurent Désirè Kabila (un guerriero congolese oppositore di Mobutu). Con Kabila i governi dei paesi aggressori firmarono alcuni accordi segreti relativi alle due motivazioni dell’aggressione evidenziate sopra (sfruttamento delle risorse minerali e creazione dell’impero Hema-Tutsi).
Il 17/05/1997, con la fuga di Mobutu, il signor Kabila si autoproclamò presidente dello Zaire, a cui restituì l’antico nome di “Repubblica Democratica del Congo”.
Ma una volta al potere, Kabila cambiò atteggiamento verso i suoi alleati: decise unilateralmente di rivedere gli accordi. Si accontentò di conferire ad alcuni rwandesi e ugandesi delle funzioni chiave nell’amministrazione del paese: posti ministeriali nel governo, il comando dello Stato Maggiore dell’Esercito Nazionale congolese, ecc. Notiamo che l’attuale Capo dello Stato Maggiore dell’Esercito rwandese, il generale James Kabarere, occupava prima lo stesso incarico in Congo!
Il 27/07/1998, sotto la pressione popolare opposta a questa forma di neocolonialismo, Kabila decise unilateralmente di sbarazzarsi dei suoi antichi alleati, rimpatriandoli nei rispettivi Paesi. [ndr. Kabila modifica i contratti stipulati da Mobutu con le multinazionali, in particolare l’American mineral fields]. Infuriati e delusi per il mancato rispetto degli accordi, gli ex-alleati di Kabila si riorganizzarono e, il 2 agosto 1998, invasero nuovamente il Congo, con gli stessi pretesti di prima: fu l’inizio della terza guerra, che è ancora in corso.
Da allora, quasi tutta la parte nord-est del Congo, ossia più del 60% del territorio nazionale, venne progressivamente conquistata ed occupata da queste forze straniere, appoggiate dai loro complici, cioè, i cosiddetti “ribelli congolesi”.
Tuttavia, Kabila riuscì a salvare il proprio potere e una parte del territorio nazionale grazie all’intervento militare di quattro nuovi paesi alleati, quali sono l’Angola, lo Zimbabwe, la Namibia e il Ciad (quest’ultimo si ritirò un anno più tardi).
Non a torto qualcuno ha definito l’attuale guerra in Congo una “Prima guerra mondiale” dell’Africa, poiché mai era accaduto, nella storia del Continente africano, di trovare tanti Paesi (in totale otto) coinvolti insieme e contemporanenamente in un conflitto, combattersi sul medesimo territorio nazionale e causare così tante vittime (4 milioni) in così poco tempo.
Il 16/01/2001 Kabila venne assassinato nella propria residenza da un soldato bambino della propria guardia, in circostanze tuttora oscure.
Il 22/01/2001 suo figlio, Joseph Kabila (29 anni), venne istituito Presidente della Repubblica al suo posto. Alcuni mesi fa i paesi stranieri, sia quelli aggressori che quelli alleati al governo centrale di Kinshasa, hanno ritirato ufficialmente dal Congo le loro rispettive truppe. Successivamente, all’inizio di luglio 2003, è stato formato e istituito un governo di transizione, composto da rappresentanti di quasi tutte le tendenze della vita socio-politica del Paese (con a capo un presidente e quattro vicepresidenti), e che dovrebbe condurre il paese alle elezioni democratiche. Però, sul terreno rimangono ancora il conflitto e gli scontri tra milizie di due etnie (Hema e Lendu), nel distretto dell’Ituri (Nord-Est del Congo), che prima di ritirarsi gli stessi paesi aggressori avevano addestrato, armato, incitato ad opporsi l’una contro l’altra. Intanto continua senza sosta il saccheggio sistematico dei bacini minerari nell’Est del Congo…
SITUAZIONE SOCIALE ATTUALE
Delle ultime due guerre, ufficialmente le vittime sono stimate a più di 3,5 milioni, ma in realtà potrebbero essere molte di più. Alcune vittime (anche intere famiglie) sono state sepolte vive nelle fosse comuni (queste potrebbero essere più numerose in Congo che in Iraq), altre vittime sono state bruciate vive (!); altre ancora massacrate e affogate nel fiume Congo con pietre nel ventre…
Milioni di cittadini congolesi, perdendo parte o la totalità dei loro parenti e dei loro beni materiali sono fuggiti dai loro villaggi per rifugiarsi nei territori rimasti sotto il controllo delle forze dove la guerra non è ancora arrivata, oppure in paesi stranieri (africani o altri), o ancora nella foresta dove, vivendo in condizioni disumane (mangiando e bevendo qualsiasi cosa), muoiono in massa di epidemie, malnutrizione, mancanza di cure, o sbranate dalle bestie selvatiche (felini, serpenti…). Coloro che rimangono nei territori occupati o nelle zone di combattimento sono esposti ad ogni sorta di violenze, soprusi, umiliazioni e alle più nefaste conseguenze: esecuzioni sommarie (alcuni mesi fa si sono anche segnalati casi di cannibalismo: militari hanno mangiato le loro vittime, o hanno costretto alcuni loro prigionieri di guerra a mangiare alcune vittime, tra cui i loro stessi parenti..!); mutilazioni, torture, stupri (mogli che sono stuprate di fronte ai loro mariti, figlie davanti ai loro genitori, padri costretti a consumare l’incesto con le proprie figlie in pubblico…), civili utilizzati come scudi umani nei combattimenti o per il trasporto delle munizioni dei militari, arruolamento forzato di bambini soldato, avvelenamento dei corsi d’acqua, distruzione delle infrastrutture economiche e sociali del Paese (ponti, strade, aeroporti, stazioni radiofoniche e televisive, aziende…), estorsioni dei beni dei civili, altri trattamenti disumani commessi dai soldati contro i profughi e gli sfollati (flagellazioni, cessione di beni, di mogli o figlie, pagamento obbligatorio di tasse illegali ai militari) come condizione per attraversare le frontiere dei paesi o delle regioni di destinazione; incendio dei villaggi e delle riserve naturali, saccheggio sistematico delle risorse minerarie, ecc.
Ogni giorno aerei carichi di pietre preziose decollano dal Congo verso i Paesi aggressori, nonché verso altre destinazioni ignote, portando via anche la terra estratta dalle miniere).
Le istituzioni pubbliche e private (parrocchie, conventi, negozi, aziende e fabbriche) sono spesso messe a sacco dai militari, dalle milizie irregolari e dalla popolazione spinta dalla miseria. E’ capitato anche a me di vivere una di queste situazioni nel nostro convento.
Inoltre, fatta eccezione per la capitale Kinshasa e per le altre grandi città del Paese, non esiste più fornitura pubblica di elettricità. Nelle campagne, per avere la corrente elettrica, coloro che ne hanno la possibilità, utilizzano gruppi elettrogeni (ma il carburante è raro e costosissimo).
Le strade sono per la maggior parte in uno stato impraticabile. Gli spostamenti locali e i piccoli scambi commerciali si effettuano tramite biciclette e motocicli. In alcuni casi, nelle campagne, la gente ricorre al baratto. I grandi scambi commerciali per via aerea, evidentemente solo per coloro che ne hanno la possibilità. Nelle campagne i rari veicoli che circolano sono i fuoristrada dei missionari. La maggior parte della popolazione, specialmente nelle campagne, viaggia a piedi per mancanza di mezzi di trasporto pubblico.
La situazione di povertà in Congo è tale che alcune persone, in particolare le donne, non possono più uscire dalle loro abitazioni per andare in Chiesa, al mercato o in ospedale perché non hanno neppure un vestito.
I mezzi di comunicazione pubblica (posta, telefono…) non funzionano più regolarmente e in alcune parti del paese sono inesistenti. Coloro che hanno la possibilità utilizzano i costosi telefoni satellitari o la posta elettronica. Per spedire corrispondenza all’interno del Paese e all’estero si deve aspettare l’occasione di qualcuno che viaggi, per affidargli a mano le lettere o il pacco, e assicurarsi bene che sia una persona onesta.
Molti giovani non studiano più per mancanza di mezzi finanziari. Infatti, dato che da anni il governo congolese non paga più gli impiegati pubblici (in alcune regioni l’ultimo pagamento risale al 1996, l’anno dello scoppio della guerra), gli stipendi degli insegnanti e le altre spese scolastiche sono interamente a carico delle famiglie, le quali, dal canto loro, per la maggior parte sono già impegnate nell’affrontare il grave problema della loro sopravvivenza. Come conseguenza di tutto questo, alcuni giovani, per mancanza di mezzi, studiano “ad intermittenza” (alcuni anni a scuola e altri anni a casa, nella ricerca del denaro per proseguire gli studi). Molti altri ancora semplicemente si scoraggiano e rinunciano definitivamente agli studi e si abbandonano ad ogni sorta di delinquenza: droga, prostituzione, banditismo; altri ancora sono impiegati come manodopera nelle miniere, dove vivono e lavorano in condizioni disumane e pericolose (senza strumenti di lavoro, senza equipaggiamenti di protezione adatti e senza stipendio sufficiente).
ALCUNE OSSERVAZIONI PERSONALI
Pur di fronte ad una situazione tanto drammatica, la Comunità internazionale, con le sue istituzioni, è rimasta zitta, sorda, insensibile, indifferente per più di un anno prima di mostrare una parvenza di interesse e di impegno.
Anche i mass media non si interessano di questa guerra; quando vi accennano, ne trattano solo superficialmente, minimizzandola e definendola sbrigativamente “guerra civile” o “conflitto tra etnie”, falsificando i dati sulle sue cause e su alcune sue vicende.
Per ben tre volte le truppe del Rwanda e quelle dell’Uganda si sono affrontate con artiglierie pesanti e bombardamenti aerei a Kisangani, capoluogo della mia provincia di origine, uccidendo migliaia di civili innocenti. Durante l’ultima di queste battaglie, alcune bombe hanno colpito un nostro convento, l’Ospedale e anche la sede della stessa O.N.U.
Tuttavia, qualunque sia la denominazione o l’etichetta che si voglia attribuire a questa guerra (guerra civile o no), c’è da chiedersi se quei milioni di vittime che ha causato sono esseri umani oppure no? Figli di Dio o no?
Alcune istituzioni internazionali, che in altre parti del mondo hanno imposto sanzioni contro i responsabili di crimini di minore drammaticità, considerano invece i paesi aggressori del Congo tra i loro “migliori amici” e manifestano verso di loro compiacenza e generosità! Nessun rimprovero, nessuna condanna, nessuna sanzione contro di loro. I loro capi circolano liberamente in tutto il mondo, prendono parte alle decisioni importanti nei vertici internazionali.
Questi paesi, inoltre, sono equipaggiati di armi moderne e sofisticate, i cui costi superano di gran lunga le loro capacità economiche: aerei ed elicotteri da combattimento, missili, artiglierie pesanti, carri armati e blindati, ecc. Ci si può chiedere allora: dove e come ottengono tutto ciò?
Infine, anche la stessa ONU, che per ben tre volte ha indagato sul saccheggio delle ricchezze del Congo da parte dei paesi di cui sopra, giungendo persino ad accertarne la colpevolezza, esita tuttora a decretare ed imporre sanzioni adeguate contro di essi. *
Padre Emmanuel Mbolihinihe Zonikumbo
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